8 gennaio 2015, ore 14,00. Risalgo Via Cesare Battisti e mi dirigo verso piazza Carità per poi raggiungere Via Monteoliveto in attesa del bus per casa. E’ una bella giornata di sole quieta, tranquilla, forse troppo tranquilla. E’proprio questo che desta la mia attenzione: c’è nell’aria come una sorta di accorata e commossa compunzione, per intenderci quella che ognuno di noi avverte i giorni seguenti la scomparsa di una persona cara. Solo che adesso la persona cara in questione è Giuseppe Daniele in arte Pino, chitarrista, musicista, compositore e poeta.
Ora sappiamo tutti che l’ultimo decennio è stato costellato da gravissime perdite nel mondo dello spettacolo nazionale ed internazionale, in particolar modo nel rock, nel jazz e anche nella musica popolare. Direte voi: eh ma gli anni passano per tutti, specie poi per chi non si è preso troppa cura di se stesso…Vero, eppure questa volta il dolore che ci pervade l’anima è molto ma molto simile a quello che proviamo quando viene a mancare una persona che ha fatto parte della tua vita per tanto tempo. Certo, qualcosa di simile è accaduto anche per gli artisti cui facevo riferimento…ma non così. Non in maniera così sentita e partecipata col cuore, voglio dire.
Perché questo? Una premessa,anzi due: la prima,Pino Daniele. La seconda, la gente di Napoli. Giuseppe Daniele in arte Pino causa un’infanzia non semplice è una persona schiva, riservata, a volte scorbutica. Non ama alcuni aspetti caratteriali dei suoi concittadini come l’ eterno rassegnato fatalismo e anzi è uno, per usare un termine che va per la maggiore oggi, resiliente, reattivo, insomma…dall’ nfaccia, guagliù e…keep on movin’! All’opposto la gente di Napoli, popolo di digerita filosofia causa le tante angherie subite nel corso dei decenni e quindi fatalista, indolente, strafottente, sarcastica e dissacratoria verso se stessa e verso gli altri. Eppure….eppure la gente di Napoli si è identificata fin da subito nelle canzoni o per meglio dire nei brani di Pino.
Vi si è identificata perché anche se Pino non amava certi aspetti del modo di essere dei napoletani ne aveva comunque vissuto in prima persona le mille difficoltà legate alla vita di tutti i giorni che una città come Napoli ti riserva, molto spesso senza preavviso purtroppo. A tutto questo lui aggiungeva l’amarezza e il rammarico suoi e del suo popolo per l’irreversibilità della situazione sociale cittadina ed è per questo, probabilmente, che il sodalizio/amore Pino-Napoli sia scattato da subito, e che se uno qualunque di noi, sia che abiti al centro storico che a S.Teresa, sia al Vomero che a Capodimonte si trovi a passare per S.Maria la Nova o per i vicoli dei Quartieri ha subito la netta sensazione di “respirare” Pino, come se lui non si fosse mai mosso di lì a testimoniare la sua eterna presenza nei luoghi dei suoi capolavori.
Ecco quindi che man mano che ti inerpichi per via Concezione a Montecalvario piuttosto che in vico Teatro Nuovo come per magia inizi a sentire le note e le percussioni di “Fortunato”, “Saglie saglie”, “Cammina cammina”, “Donna Cuncetta” e, spostandosi sul lungomare, “Chi tene o mare”, esemplificazione di come pur non avendo niente e pur sapendo di essere “fess e cuntent” è forse possibile ripartire persino da lì. Ma “Napul’è” e “Terra mia” contengono forse il messaggio più accorato di Pino, il suo grido di dolore più rabbioso verso un sistema ingrato e vessatorio, tendente alla sottomissione di un territorio fiore all’occhiello del paese, un secolo prima. Giuseppe Daniele in arte Pino, chitarrista, musicista,compositore e poeta…è vivo. Puoi andarlo a trovare in qualunque momento della giornata nei luoghi dei suoi eterni capolavori, per riascoltarli dal vivo. E’ quello che personalmente faccio appena possibile, per arricchire ulteriormente il mio bagaglio musicale. Grazie Pino.