Brutti e cattivi è l’esordio cinematografico da regista di Cosimo Gomez, già presente nell’industria cinematografica come scenografo e direttore artistico. Il film è stato presentato a Orizzonti del Festival del Cinema di Venezia 2017 e ha riscosso un discreto successo nelle sale italiane. Il film si unisce al filone cinematografico portato avanti dalla Rai Cinema e 01 Distribution del nuovo cinema di genere italiano. Il regista ci propone un film dai toni violenti, dissacratori e grotteschi, omaggiando già dal titolo il film di Ettore Scola, esplorando lo stesso tema: i freaks, gli emarginati, gli sfortunati, i reietti. Figure che troviamo nella cultura popolare italiana anche in Via del Campo di De André e spesso in Dylan Dog. Il film riesce nella prima mezz’ora a catapultare lo spettatore in un vortice di colpi di scena, peccato però per la seconda parte, dove la tensione scema e l’attenzione cala.
Il Papero (Claudio Santamaria) è uno storpio che arriva a fine del mese grazie all’invalidità e all’elemosina. Da poco però è entrata nella sua vita La Ballerina (Sara Serraiocco), una donna senza braccia, forte e intraprendente che si è costruita da sola. Insieme ai suoi amici Giorgio Armani detto anche il Merda (Marco D’Amore), un fattone con il sogno della Giamaica e Plissè (Simoncino Martucci, popolare nel mondo dell’internet per una sua canzone), un nano ex-borghese dedito al crimine, al cunnilingus e alla musica rap, decidono di organizzare una rapina ad una banca che ha in cassaforte soldi della mafia cinese. L’avidità e l’intraprendenza di questi disadattati, spinti dal desiderio di un miglioramento, prenderà il sopravvento.
Un plauso al coraggio di debuttare con un film che si vuole fare portabandiera del diverso: un monumento ai disadattati e agli emarginati, un attacco alla borghesia del cinema, una presa in giro della crime fiction classica. Il soggetto è molto interessante e ha il potenziale di catturare lo spettatore. Bella la caratterizzazione dei personaggi, scostumati e senza scrupoli fino all’ultimo e bella la spiegazione del passato di tutti attraverso diapositive. Bella anche l’interpretazione degli attori: Santamaria ci propone un romano mostruoso, viscido e grottesco ma credibile fino all’ultimo; la Serraiocco riesce a saltare dalla freddezza alla sensualità in un niente, mantenendo sempre la stessa impronta del personaggio e dandole molta forza, complice la sceneggiatura; molto bene anche per un personaggio secondario, Don Charles (Narcisse Mame) che si presenta come un incrocio tra Martin Luther King e Malcom X dei disadattati, ma che nasconde oscure verità e vigliaccheria. Male per il personaggio di Marco D’Amore che si perde troppo in archetipi già visti. Male anche per l’evoluzione della trama che, per assecondare il vezzo di voler spezzare la linea temporale (come tanto va di moda nel cinema contemporaneo), rallenta e spezza la narrazione. Tutta l’azione è concentrata all’inizio del film e questo comporta che il pubblico simpatizzi troppo poco con il protagonista, abbandonato presto e ripreso troppo tardi e che si perda l’interesse man mano che si prosegue nella narrazione.