150 oggetti di una collezionista privata, Paola Cazzola Zanotelli, in mostra alla Fondazione PLART, Museo della Plastica, a Napoli, curata da Anty Pansera, storica e critico del design e delle arti decorative e applicate, che raccontano la storica “bottega” dello STUDIO DEL CAMPO di Torino, dove crearono anche Gio Ponti e Toni Cordero. Una esposizione formata da oggetti di arredamento di interni, opere di arte sacra, sculture e manufatti decorativi, disegni di progetti e preziose documentazioni cartacee nell’ allestimento multimediale curato da Mario Capasso / CAPWARE lab, fino a giovedì 11 luglio 2019. Due città, Torino e Napoli, un sodalizio e una sinergia costante suggellata dalla realizzazione del PLARTWO, secondo “figlio” della Fondazione PLART, che nel 2017 ha acquisito uno spazio industriale dismesso nell’area di via Cigna (proprio accanto al Museo “Ettore Fico” e al polo gastronomico di Edit), una ex fabbrica di tappeti, risalente ai primi anni del ‘900, con l’obiettivo di aprire il nuovo Centro di Arte Innovazione e Ricerca PLARTWO.
“Piatto”.
La storia dello Studio Del Campo, è caratterizzata da una denominazione che si rifà a quel “campo” di una strada ancora rurale di Torino, in via Ludovico Bellardi 100, ma anche e riproposto nel logo, per citare quel “solco” che gli Etruschi tracciavano per definire una proprietà, dove Lydia Lanfranconi (inglese di nascita, classe 1930) e Virgilio Bari (Taranto 1928, dal 1934 a Torino), Bianca Tuninetto (Rivoli, classe 1927 – 2015) e Euclide Chiambretti (La Spezia 1923 – 2012), aprirono nel 1957, una “bottega” di smalti a gran fuoco.
“Piatto”.
Dal milanese Gio Ponti, al torinese Toni Cordero, numerosissimi sono stati gli architetti/designer che hanno affiancato i Del Campo, in grado di dialogare anche con progetti altrui. Una raffinata tecnica artigiana capace di affrontare la progettazione di interni e della casa, di esterni e di edifici architettonici. E’ un percorso espositivo che coniuga tradizione e innovazione, attraverso l’uso di proiezioni che stimolano la percezione dello spettatore, con effetti luminosi e scale cromatiche simili ai procedimenti di fusione degli smalti, dando l’impressione di seguire l’intero percorso di produzione dell’oggetto. A rafforzare quest’intento, la mostra prevede anche l’esposizione di polveri di smalto e altri strumenti del mestiere, così come i bozzetti preparatori dei modelli, in un’ottica che allarga ad una comprensione completa di tutto ciò ruota intorno a questi manufatti. Percorrendo gli spazi della Fondazione PLART si attraversa quasi mezzo secolo di storia dell’arte, del design e della tecnologia. All’interno di una piccola sala al buio, allestita con luci soffuse, è collocato in una teca di vetro, un Bestiario astrologico orientale, del 1997. Sono 12 sculture in fusione di bronzo, modellate a rilievo e patinate in argento, con inserimento di smalti policromi su lamina d’argento. Ognuno ha una base in marmo operato, con una altezza di 17 cm.
E’ un tipo di allestimento che tende alla sacralizzazione dei singoli manufatti e raggiunge l’apice con la scultura murale a mosaico, il “Sole” del 1995, fusione di bronzo modellato a rilievo, doratura galvanica, con inserimento di smalti policromi su lamina d’argento incisa.
Per comprendere il modus operandi e la realizzazione definitiva dei singoli oggetti, una serie di disegni preparatori per piatti e vasi di Virgilio Bari sono collocati sulla parte destra del percorso espositivo. Sul lato sinistro, invece, si alternano una serie di sculture murali, tra cui, “Gufo”, del 1960, smalto su acciaio e lamina d’argento, smalto opaco, graffito grigio e giallo oro, con una cornice alla base di acciaio smaltato azzurro opaco, firmato “del campo” Chiambretti.
“Gufo” (1960)- del campo- Chiambretti.
Nella parte centrale della mostra, invece, all’interno di teche di vetro, un corpus cospicuo di manufatti, sono realizzati a smalti a gran fuoco, dalle lucenti trasparenze, declinati nelle loro differenti tecniche, cloisonné, champlevé, basse taille, e smalto dipinto, come supporto rame, argento, oro, e il connubio con ferro trattato, acciaio e bronzo.
La bottega di smaltatori Studio del Campo ha saputo confrontarsi con esperienze artistiche a loro contemporanee e, al tempo stesso, con il design industriale che si stava affermando nella metà degli anni Cinquanta, raggiungendo esiti originali e unici nel panorama italiano del Novecento. La Triennale di Milano li tenne al battesimo nel 1957 e da quel momento, fino al 1997, numerosi furono gli architetti, i designer, gli artisti, i critici, e le gallerie d’arte con cui la bottega entrò in contatto, tra cui: Gio Ponti, Toni Cordero, Romano Rui, Nanni Valentini, Bruno Munari e Filippo Scroppo. A livello internazionale, esposero in Giappone e negli Stati Uniti. Molte furono le commissioni, tra cui l’incarico di realizzare pannelli decorativi per le specchiere delle cabine di prima classe degli ultimi transatlantici italiani, le turbonavi Michelangelo e Raffaello nel 1963.