È venuta a mancare, negli scorsi giorni, all’età di 83 anni, Mariasilvia Spolato, ovvero la prima donna in Italia a fare, come si suole dire oggi, coming out. L’8 marzo del 1972, infatti, durante una manifestazione femminista, ella scese in piazza indossando un cartello con su scritto “Liberazione omosessuale”, rivelando pubblicamente di essere lesbica. Fu un gesto molto più che coraggioso per quel periodo, il quale, però, le costò molto amaro. Dopo che il giornale Panorma pubblicò una foto che la ritraeva in piazza con quella scritta, nella bigotta società italiana di quegli anni, invero, si alzò un polverone, un putiferio che la travolse. Basti pensare che, a seguito di quell’atto di rivendicazione e di orgoglio contro l’oppressione, fu addirittura ritenuta “indegna” dal Ministero dell’Istruzione e licenziata in tronco dalla sua professione di insegnante nella scuola pubblica, nonostante fosse laureata con 110 e lode in matematica ed avesse, persino, pubblicato negli anni Sessanta dei manuali didattici. La donna aveva tutti i requisiti per avviarsi verso una proficua carriera accademica, ma il suo orientamento sessuale e la sua lotta per i diritti risultavano troppo sconvenienti per l’imperante perbenismo di matrice ultra-cattolica. In aggiunta, ciò non basta, in quanto Mariasilvia perse la compagna e fu pure ripudiata dalla famiglia, ritrovandosi, senza nulla, a vagare per le strade, per anni. Di città in città, giunse proprio fino a Bolzano, dove tutti la ricordano come una “vecchina” costantemente alla ricerca di giornali e libri da leggere, e dove è appunto deceduta, mentre era ospite in una casa di riposo. La notizia non sarebbe neppure venuta fuori se il fotografo Lorenzo Zambello – che aveva avuto l’occasione di fotografarla presso la Villa Armonia – e il quotidiano Alto Adige non le avessero dedicato la giusta attenzione.
Mariasilvia Spolato, infatti, è stata colpevolmente dimenticata da tutti. Eppure, ella è una martire per i movimenti LGBT, per il femminismo e per la rivendicazione dei diritti civili; è stata una vera e propria pioniera, pagando con la sua stessa vita l’inizio di un cambiamento e di un’apertura. Oggi, a quasi cinquant’anni da quella data, è grazie a lei – e a quanti come lei, in quegli anni e successivamente, ci misero la faccia – se nel nostro Paese si respira un clima un po’ diverso. Tanto è mutato nella percezione comune dell’omosessualità e delle coppie gay, ma, ovviamente tanto bisogna ancora fare per una piena ed effettiva uguaglianza, ma, soprattutto, tanto bisogna ancora vigilare affinché non si regredisca. La società di oggi, rispetto a quella degli anni Settanta, è sicuramente più pronta a recepire e condividere le libertà sessuali ed affettive di tutti; la televisione e il cinema, ad esempio, sono tutt’altro che refrattari nel raccontare il mondo LGBT. Tuttavia, nonostante ciò, è la politica che persiste nel rimanere terribilmente indietro, ancorata a visioni superatissime pur di non perdere consensi in realtà esigui, eppure molto forti. Certo, è stata approvata una legge sulle Unioni Civili, ma essa è decisamente timida rispetto al matrimonio egualitario previsto nella stragrande maggioranza dei paesi occidentali e, in più, manca all’appello pure una chiara misura di contrasto all’omotransfobia. Ed allora, è proprio su questo piano che bisogna continuare ad agire e a lottare, anche con la consapevolezza di poter far forza sull’esempio, sul sacrificio e sull’enorme insegnamento di Mariasilvia Spolato. Raccogliamo, tutti, il testimone di un’eroina che no, non possiamo scordare.