Nel 1981, anno di uscita della prima edizione de Il Richiamo di Cthulhu (The Call of Cthulhu), il mondo dei gioco di ruolo era dominato dal fantasy. Mentre i giocatori di Dungeons & Dragons erano in piena frenesia da saccheggio di dungeon, raccolta di oggetti magici ed epici scontri con i malvagi di turno, Sandy Petersen decise di scrivere un gioco horror piuttosto peculiare. Innamoratosi dei racconti dello scrittore americano H. P. Lovecraft trovati nella biblioteca di suo padre, decise di creare un gioco di ruolo che ne rievocasse l’atmosfera e la profonda sensazione di orrore. Ne consegue che, per esplorare i contenuti dell’opera di Petersen, un occhio timoroso e allucinato, con tanto di pupilla dilatata, va necessariamente aperto sulla produzione di Lovecraft, divenuto oggi, insieme alle sue creature da incubo, icona per eccellenza dell’horror a uso e consumo dei nerd di mezzo mondo.
The Call of Cthulhu, il racconto che dà il nome al gioco di Petersen, è datato 1926, ed è tutta nella prima metà del Novecento che si condensa l’intera bibliografia dello scrittore originario di Providence, Rhode Island. Squattrinato ghostwriter le cui capacità letterarie furono, come spesso accade, riconosciute dal grande pubblico soltanto molto tempo dopo la sua morte, Lovecraft riuscì a creare un universo horror nuovo e disturbante, dominato dalla follia e da mostruosità senza volto, che gli valse un posto in prima fila tra i ranghi della narrativa americana di genere, proprio di fianco ad Edgar Allan Poe. Il mondo del “solitario di Providence” è oscuro e senza speranza. I veri padroni del cosmo sono terribili e innominabili creature, alcune così potenti da ricoprire il ruolo di oscene e blasfeme divinità aliene. C’è di peggio: alcune erano presenti sulla terra ancor prima dell’uomo e ancora la abitano, riposando in attesa del momento propizio al fatidico risveglio. Il loro influsso malvagio spinge gli individui alla paranoia, alla follia, a divenire cultisti di questi antichi dei pronti a dispensare solamente morte e devastazione. C’è ancora di peggio: elemento cardine delle storie di Lovecraft è la consapevolezza, acquisita lentamente e con dolore dai suoi protagonisti, che non solo qualcosa non va nel mondo, che siamo solamente burattini mossi dalle deformi zampe di mostri atroci e senza pietà, ma che persino dentro di noi c’è qualcosa di egualmente terribile, forse c’è sempre stato, e una volta squarciato il velo per guardare negli occhi il mostro è ormai troppo tardi, il mostro ha già guardato dentro di noi…
Nel gioco, classicamente ambientato negli anni ‘30 ma adattabile praticamente a qualsiasi epoca anche grazie al gran numero di espansioni e supplementi editi in questi anni (dal medioevo di Secoli Bui all’antica Roma di Cthulhu Invictus, passando per la Seconda Guerra Mondiale di Achtung Cthulhu) vestiremo i panni di individui comuni, senza armature magiche o spadoni di fiamme: semplici investigatori privati (abituati a lavorare al massimo su sposi fedifraghi o gattini scomparsi), professori di storia antica all’università, orgogliosi aristocratici dalle finanze in rovina o impulsivi gangster di quartiere, che si ritroveranno loro malgrado di fronte a eventi fuori dal comune, al di là della loro comprensione. Più vorranno far luce sul mistero, prestando orecchio alla voce della curiosità, più il mondo per come lo conoscevano cadrà pezzo pezzo sotto i loro piedi, fin quando non rimarrà nessun appiglio a cui aggrapparsi per salvare la lucidità. Lo stile di gioco, tradizionalmente, è d’indagine e non improntato al combattimento: in uno scontro diretto con la stragrande maggioranza delle creature dei Miti i nostri personaggi non hanno la benché minima possibilità di portare a casa la pelle. Proprio come avviene per le opere di Lovecraft, infatti, non è per nulla raro che uno degli Investigatori (così vengono chiamati i personaggi nel gioco) finisca con l’essere gravemente ferito, se non ucciso, o che le terrificanti rivelazioni lo mandino letteralmente al manicomio. La peculiarità del gioco è la presenza di un punteggio, definito Sanità Mentale. Quanto più il nostro Investigatore incapperà in eventi inspiegabili, folli, assurdi, apparentemente incongruenti con la logica di questo mondo, tanto più rischierà di perdere qualche rotella e sviluppare paranoie, nevrosi, fino ad una definitiva e irreversibile follia che ne impedirà il controllo da parte del giocatore. La filosofia del gioco è semplice: più sai e peggio è, per cui fidati, ci sono cose che non vuoi conoscere.
Il sistema utilizzato ne Il Richiamo di Cthulhu è piuttosto snello e fa uso dei dadi percentuali (due dadi a dieci facce, uno rappresenta le decine e l’altro le unità). Ogni Caratteristica, Abilità o punteggio dell’Investigatore sarà associato ad un numero da 1 a 100, e più alto sarà il risultato, maggiore saranno le probabilità di riuscire in quel determinato tiro: effettuando una prova tireremo i dadi percentuali e dovremo sperare di ottenere meno del punteggio di riferimento. Questo sistema è decisamente intuitivo ed evita calcoli complessi. Abbiamo subito un’idea chiara della probabilità che il nostro personaggio riesca o meno in una determinata sfida, non ci sono modificatori da sommare o sottrarre, per la gioia dei più restii all’aritmetica. Le tre novità più interessanti e utili introdotte dalla settima edizione sono i Vantaggi/Svantaggi, i gradi di successo, e la trasformazione dei punteggi Caratteristica in percentuali. Nelle precedenti edizioni, le Caratteristiche dell’Investigatore (Destrezza, Forza, Intelligenza ecc) erano associati a dei numeri da cui ricavare, indirettamente tramite una tabella, la relativa percentuale di successo in una prova. Ora le Caratteristiche hanno direttamente un valore percentuale, con buona pace delle tabelle. I Vantaggi e gli Svantaggi rendono poi più interessanti le diverse situazioni in cui si svolgono i test: se le condizioni sono favorevoli al personaggio tireremo due dadi per le decine scegliendo il più basso (Vantaggio), mentre sceglieremo il più basso in caso di situazione avversa (Svantaggio). Per ultimo, i successi che possiamo ottenere sono divisi in tre tipologie: semplice (se il risultato del tiro di dado sarà minore del valore corrispondente), arduo (se pari o inferiore alla sua metà) ed estremo (se pari o inferiore a un quinto).
La settima edizione è edita dalla Chaosium (2016) e localizzato in Italia da Raven Distribution (2017). Tutte queste aggiunte rendono il gioco più dinamico e versatile quel tanto che basta per sottrarlo al rischio di risultare troppo piatto e semplicistico, come spesso notato dai giocatori, senza complicarlo eccessivamente. Unica pecca? Le illustrazioni interne del manuale: sono state realizzate da disegnatori diversi, ma del resto avviene quasi sempre per grandi produzioni come questa, ma stavolta il problema è che si sente fin troppo che sono figlie di mani diverse, con stili spesso inconciliabili, alcuni persino poco convincenti. Per il resto, un mostruoso pollice in su per questa settima edizione, che di fatto riprende la precedente modificandola quel tanto che basta per fornire ai nuovi giocatori un gioco più dinamico e solleticare il palato dei veterani. Come dite? Siete curiosi e volete conoscerne ancora? Allora non avete letto attentamente: meglio non sapere. Piuttosto, giocate!