- Trama: Imon arriva in Italia e ha paura. Un lungo viaggio l’ha portato lontano dalla sua terra ormai martoriata dalla guerra. Una volta giunto a destinazione ecco che la sua vita cambia. Non zaino, libri e quaderni sulle spalle, ma distese di campi di lavoro, dove ogni giorno è costretto a lavorare sotto gli ordini di uno spietato Caporale. Una mattina mentre si trova al bordo del campo ai suoi piedi arriva una palla. È rotonda, rossa. Non ne aveva mai vista una. Una voce alle sue spalle la richiede indietro. È un voce squillante, viva, e richiede indietro quella sfera che Imon ha tra le mani. Si avvicina alla rete che ha di fronte a se, una rete che lo divide dal resto del mondo e lo tiene lì in prigione. Imon deciderà però di evadere, e vivere una vita senza catene. Inizierà il lungo percorso per la libertà, un percorso che Imon affronterà insieme ai bambini e adulti che verranno a conoscenza della sua storia. Solo uniti si potrà sconfiggere quella piaga che ha il nome di “Caporalato”, e permettere al giovane Imon di usufruire dei suoi diritti. Edizioni Radici Future
- Recensione:In periodo di barconi e porti chiusi questo libro mi è approdato tra le mani con un tempismo quasi magico. Una storia di fantasia che poi, tanto inventata non è. E’ la voce di tutti coloro che vivono con la Speranza nel cuore e la voglia di fuggire ad una vita fatta di spari, di morte, di violenza in ogni sua forma. Affrontano soprusi e cattiverie per allontanarsi dalla loro Patria con un lacrima negli occhi e la voglia di rivalsa nel cuore. Sono ignari che i Campi Elisi tricolori sono tutto fuorché lussureggianti, ma abitati da orchi cattivi che renderanno la loro vita una piaga. Per fortuna esistono eroi valorosi che prendono le loro difese e li tutelano anche se non tutti saranno così favoriti dalla sorte. Un libro dove le parole si alternano ad illustrazioni incisive, che sembrano murales di grande impatto empatico, i capitoli sono come scosse elettriche che aprono gli occhi su vicende particolarmente contemporanee alle quali non possiamo voltare la testa. Un contributo a questa battaglia che noi italiani stiamo vivendo in prima persona. RESTIAMO UMANI.
- Roberta Balestrucci Fancellu classe 1983, è nata a Macomer, dove vive e lavora, anche se spesso ha la testa tra le nuvole… Appassionata da sempre di letteratura per l’infanzia è narratrice per professione. Lavora al Centro Servizi Culturali di Macomer, dove si occupa di laboratori nelle scuole, formazione e promozione alla lettura. Dal 2013 organizza il primo Festival sulla Legalità in Sardegna “Conta e Cammina – La legalità appartiene al tuo sorriso”. Ha pubblicato la graphic novel “Ken Saro Wiwa – Storia di un ribelle romantico” edito da BeccoGiallo Editore.
- Ezio Castagna napoletano da quando è nato, nel 1979, nonostante viva a Reggio Emilia. Fa due lavori: il restauratore di opere d’arte da tanto, l’atelierista nei nidi da poco. A tempo pieno è papà di Samuele e Lorenzo e futuro marito di Gloria. Narratore per passione, di notte, segretamente, disegna storie.bIl suo primo libro pubblicato è questo.
INTERVISTA A ROBERTA BALESTRUCCI FANCELLU
- Quella di Imon è una storia che riflette le attuali pagine di cronaca. Come è nata l’idea del libro, pubblicato a maggio del 2018 con un tempismo quasi da veggente?Direi che il libro è nato da un’esigenza di raccontare e mostrare una parte di Italia ai più sconosciuta, o comunque una realtà per la quale è più facile voltarsi dall’altra parte che non agire in maniera efficace e risolutiva, anche se questo vuole proprio dire impegnarsi a trovare una soluzione ogni giorno più necessaria. Girando spesso per lavoro ho avuto modo di confrontarmi con tante persone, conoscere, leggere storie che mi hanno portato a scrivere la storia di Imon. Gli articoli di giornale erano sempre più ai margini, ma mi ricordo il primo sciopero che i braccianti di Nardò istituirono. Mi ricordo che mi spaventarono molto le reazioni dei proprietari terrieri, che scoprii dopo rispondere ai nomi di caporali, ma mi sentii fiera di quei ragazzi che chiedevano di sostenerli con l’esposizione di palloncini gialli fuori dalle finestre. Sostenere quel fermento, quella voglia di libertà, ma soprattutto di diritti e riconoscimento della persona lo trovai a dir poco necessario. Ci pensi? Un palloncino giallo. La base dell’essere bambino, della spensieratezza, tutte che cose che noi diamo per scontato, ma che per molti ultimamente sono obiettivi difficilmente raggiungibili. Credo quindi di non essere stata proprio una veggente, ma probabilmente la scrittura di Imon era una voce per troppo tempo ignorata.
2. Ci parleresti del Centro di Servizi Culturali dove lavori a Marcomer?
Il Centro Servizi Culturali è un Ente che promuove l’educazione e la formazione lungo tutto l’arco della vita, lo sviluppo dell’uomo come persona e la sua attiva partecipazione alla vita sociale. Il Centro è stato istituito dalla Cassa per il Mezzogiorno, nell’ambito dello specifico progetto di intervento che ha interessato le regioni meridionali.
La mattina è bello poter andare a lavoro e pensare che il luogo che stai per aprire è visto come una vera e propria comunità culturale, dove gli utenti possono usufruire di servizi completamente gratuiti, dal prestito materiali ( il Centro è mediateca e biblioteca), navigazione internet, area videogiochi, area studio, quotidiani e riviste, in più forniamo la possibilita di accedere a tutti i servizi della biblioteca digitale (Medialibraryonline). Abbiamo la fortuna di poter collaborare con le scuole di ogni ordine e grado, bibliotecari, educatori, garantendo loro laboratori e corsi e seminari di aggiornamento, dedicati ai temi più vari, che ha rappresentato in questi anni un efficace impulso di unione e condivisione con gli utenti del Centro di ogni fascia d’età. Tra tutti i laboratori proposti abbiamo: musica, teatro, cinema, pittura, fotografia, scrittura, informatica (inteso come software libero e linux) stampa 3D, sartoria creativa, danza, filosofia, psicologia e tutti quelli ispirati alla promozione e animazione alla lettura.
Ma non ci fermiamo qui, infatti il nostro lavoro è costituito anche dallaideazione, organizzazione, coordinamento e realizzazione di festival e manifestazioni di varia natura o al sostegno di eventi più o meno duraturi. Riteniamo che questo sia il livello che rappresenta la buona riuscita della nostra programmazione quotidiana intorno ai temi come la lettura, la musica, il teatro e il cinema. Con grande orgoglio ricordiamo il Festival che dal 2014 caratterizza la nostra programmazione annuale: il Festival dedicato al tema della legalità “Conta e cammina. La legalità appartiene al tuo sorriso”. La manifestazione coinvolge a più livelli: utenti, Scuole, Associazioni, Comuni. Cooperative sociali, Librerie. Ma abbiamo collaborato attivamente ad altre Manifestazioni che si sono tenute al Centro: Il Festival del documentario Arabo Palestinese, Il Festival della Resilienza, la Mostra del Libro in Sardegna, il Linux Day.
Insomma, io e i miei colleghi non ci fermiamo MAI!
3. Sei eclettica ed impegnatissima, raccontaci del Festival sulla Legalità in Sardegna.
La nascita di “Conta e Cammina – La legalità appartiene al tuo sorriso” è il frutto dell’incontro di passioni, competenze ma soprattutto Storie.
Da quando lavoro al Centro mi sono sempre occupata di laboratori che parlano di regole, diritti con tutte le fasce d’età, e una mia collega che al tempo in cui il Festival ha visto la sua prima edizione lavorava presso una cooperativa sociale di Macomer, aveva appena fatto un viaggio a Cinisi, dove si era imbattuta in una mostra del pittore, nonché amico di Peppino Impastato, Pino Manzella. Inutile dirti che la figura di Peppino è una figura che sempre ci ha guidate nelle nostre scelte e professionalità.
Beh, dopo il suo rientro ci siamo incontrate, e ci siamo interrogate su come e cosa poter fare per portare avanti quel lavoro, quel messaggio che Pino Manzella mostrava e portava in giro con i suoi quadri, con le sue Storie insieme al fratello di Peppino, Giovanni.
Da lì abbiamo pensato prima a un incontro, ma poi… fortunatamente ci siamo fatte prendere la mano dell’entusiasmo e abbiamo deciso di dar vita al primo Festival sulla Legalità in Sardegna che l’anno prossimo vedrà la sua sesta edizione.
Una bella scommessa, non c’è che dire!
La forza di questa manifestazione, per come la vedo io, è che per una settimana bambini e ragazzi hanno la possibilità di incontrare, e confrontarsi con uomini e donne che hanno fatto resistenza a una delle piaghe che tutt’ora, in forme diverse attanaglia il nostro sistema, cioè la mafia e tutte le varie organizzazioni malavitose che purtroppo sono presenti in Italia.
Per noi è importante questo momento, ma sopratutto è una manifestazione che cerchiamo non circoscrivere solo al mese di aprile, ma l’obiettivo del festival è proprio quello che ogni ragazzo e bambino porti con se il messaggio e l’insegnamento di ogni ospite presente al festival, e lo possa riportare nel quotidiano.
D’altronde la stessa Rita Atria, attraverso le sue parole “ Forse un mondo onesto non esisterà mai ma chi ci impedisce di sognare forse, se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo.”
Quale insegnamento migliore per i nostri ragazzi e per noi stessi che cerchiamo di ricordare ogni giorno, anche sulle magliette che portiamo durante il festival, dove sono le parole di Peppino Impastato a darci sostegno, e che ancora ci danno speranza “ L’informazione è resistere, resistere è preparare le basi del cambiamento.”
Noi quel cambiamento lo vogliamo!
4. Quanti Imon, quanti lieto fine hai incontrato?
Imon tanti, lieto fine purtroppo non per tutti.
C’è un gruppo di Imon però che vi consiglio assolutamente di cercare, incontrare, ascoltare. Loro sono i ragazzi che ho incontrato grazie al Teatro dell’Orsa di Reggio Emilia durante un laboratorio teatrale guidato da Monica Morini e Bernardino Bonzani. Hanno raccontato le loro esperienze, hanno messo nelle nostre mani la loro vita, e da questo è nato uno spettacolo teatrale secondo me necessario e fondamentale, soprattutto in questo periodo storico.
Lo spettacolo si chiama “Questo è il mio nome.”
Cercatelo, fatevi un regalo, ma soprattutto preparatevi a emozionarvi e questa volta non come da copione. Ogni singola parola che sentirete è VERA.
E’ necessario secondo me cercare, trovare un Imon, fare in modo che le parole e le esperienze, le vite di questi ragazzi che attraversano il mare, e rischiano davvero tutto per poi finire a vivere in condizioni che con l’umano hanno poco a che fare, dovrebbe risvegliare in positivo le nostre coscienze, non farsi trascinare nell’odio e nella becera propaganda.
INTERVISTA AD EZIO CASTAGNA
- Come è nata la tua collaborazione con Roberta Balestrucci?Roberta l’ho conosciuta durante Reggionarra, un evento al quale siamo entrambi molto legati e che ha la magia di creare connessioni e patti silenziosi tra le persone che si riconoscono affini. Era il 2016 e avevo vinto la possibilità di una settimana di formazione sulla narrazione, tenuto da Monica Morini, Bernardino Bonzani e Antonella Talamonti, del Teatro dell’Orsa di Reggio Emilia. Roberta era una vecchia vincitrice e tornava tutti gli anni a Reggio per l’occasione. Abbiamo fatto uno spettacolo bellissimo, abbiamo raccontato e ci siamo raccontati storie. L’ultima sera Roberta ha visto qualche mio disegno in uno sketchbook che portavo sempre con me. Schizzi, disegni da treno.Un anno dopo, una sera di luglio, una telefonata: “Vuoi illustrare la storia che sto scrivendo?” Perché no?
- Le tue illustrazioni, per altro bellissime, sembrano murales dove ogni minimo e minuzioso particolare è fondamentale per illustrare la storia del capitolo. Questa è la tua tecnica o solo una delle tante che abitualmente usi?Prima di tutto grazie!In realtà è un modo che ho sperimentato mano a mano che realizzavo i bozzetti per Imon.Mi arrivavano i capitoli da Roberta ed entravo sempre di più nella storia.Sono sempre attento ai particolari nei miei disegni ma qui ho sentito l’esigenza di stratificare la superficie di ciò che illustravo con più materiali e dare importanza ad ogni segno. Gli strumenti che ho utilizzato hanno acquisito senso nella lavorazione e sono entrati a far parte di un processo di significato che sostiene e dà forza all’immagine. Almeno è quello che ho cercato di fare. Per questo ho scelto di utilizzare vecchi fogli di fatture commerciali come base del disegno a penna o i timbri utilizzati per le spedizioni che si sono trasformati in messaggi, texture, prati, colpi di pistola, mare. Ho cercato una profondità rarefatta, senza colori, fatta di pennellate, linee, lettere e numeri. E di volti più umani possibile.
3. Fai l’atelierista nei nidi, che significa?
Bella domanda! L’atelierista è una presenza importante all’interno delle scuole d’infanzia e dei nidi di Reggio Emilia, come lo sono le insegnanti. Ha formazione artistica e supporta il lavoro pedagogiche delle educatrici. In parole povere stimola e alimenta le scoperte che i bambini fanno attraverso una serie di linguaggi espressivi legati al mondo dell’arte, per sostenere il pensiero creativo e l’apprendimento attraverso il fare. Una bella sfida che ho cominciato solo da un anno e che è diventata il mio lavoro a tutti gli effetti.
4. Che tipo di storie disegni? I tuoi figli sono fonte d’ispirazione?
Più che storie, disegno personaggi, figure strane, un po’ tragiche un po’ comiche. Oppure disegno ciò che vedo. Le persone in treno, sedute a una panchina o in fila alla posta. Anche loro un po’ tragiche e un po’ comiche. I miei figli sono fonte di distrazione…meravigliosa distrazione.