- Trama: Stefano ha ventotto anni e vive a Sant’Anastasia, un paese in provincia di Napoli ai piedi del monte Somma. È una personalità speciale, anche se lui si definisce un coglione, con un futuro non proprio roseo e poca volontà di riscatto. Nato con la “camicia”, per un grave errore fatto dieci anni prima si ritrova adesso a doversi dividere dall’essere sarto di mattina e batterista di sera. Vive con Piermatteo, un grande amico che sarà il suo ironico angelo custode. Si innamorerà ed avrà una strana ma intensa storia d’amore con Claudia, una insegnante di ventuno anni più grande, che lo porterà in poco tempo a cambiare, credere di più in se stesso e ad essere abbandonato misteriosamente per la seconda volta nella sua vita. Il protagonista si divide tra le proprie sfortunate vicende sentimentali e la costante introspezione psicologica. Tenero, empatico e sincero, una commedia brillante, ma altamente comune, motivo per cui diventa una storia nella quale è facile immedesimarsi.
Le Parche Edizioni
- Recensione: Una storia leggera che si sviluppa nell’arco di diciotto mesi. Il ritmo inizialmente è veloce grazie alla capacità dello scrittore con le parole: è bravo, ha un ottimo stile e sa coinvolgere. Il protagonista è un ragazzo dal passato non proprio facile che vive a carico di un amico, lavora come sarto, ama suonare la batteria, più che vestirsi si copre ed ama i tatuaggi. Un tipo un po’ “scazzato” come si direbbe in gergo che si lascia trasportare dalla vita, dalla quale non chiede molto e la guarda con indifferenza. Inizierà una relazione che lo travolgerà con Claudia, donna cinquantenne a mio avviso molto poco simpatica. Non è la scontata storia di un toy boy perché Stefano non verrà mai esibito, ma nascosto, assisteremo ad appuntamenti fugaci in cui lei lo liquiderà con una carezza, ma lui è felice, gli basta anche quello perché è innamorato. A metà lettura, la storia, a mio avviso deflette un po’ è come se si appesantisse per poi ripartire molto bene con un ritmo più veloce ed interessante. Più avanti andavo e più mal sopportavo Claudia sperando che il protagonista la mollasse seduta stante. Il finale, che non rivelerò, l’ho trovato ben strutturato, niente di scontato, forse agrodolce come la relazione tra i due che sicuramente ha portato il protagonista a svestire il suo cardigan (se leggerete il libro capirete perché questo indumento) di immaturità per diventare una persona responsabile.
- Michele Piccolo nasce a Napoli il 26 dicembre 1986, vive a Sant’Anastasia (Na). si è sempre contraddistinto per fare scelte che vanno contro sua ogni predisposizione tanto che è diplomato Istituto Tecnico Industriale e di professione impiegato nel settore aeronautico. Calciatore in serie minori e allenatore di una squadra juniores, da tre anni scrive poesie che pubblica sulla propria pagina Facebook “Michele Piccolo” e che scrive a vari concorsi in giro per l’Italia. Prevalentemente distratto, imbarcato, autoironico e pungente, si definisce un quasi ex sognatore.
INTERVISTA
Dalla tua biografia scopriamo che nasci poeta ed anche abbastanza riconosciuto. Da dove prendi ispirazione?
Complimenti perché siamo solo alla prima domanda e già non so cosa rispondere… ahah! A dire il vero non lo so perché nasco poeta, so solo che il caso ha voluto che disponessi di tanta fantasia, forse anche un pò troppa. A distanza di anni adesso posso dirti che con la poesia è più facile mantenere un certo livello di attenzione da parte di chi ti legge, essere sintetici è fondamentale, l’essere umano in media oggi si annoia facilmente e la concentrazione cala in modo quasi automatico quando ci si trova davanti uno scritto abbastanza lungo. Ad avvicinarmi alla poesia fu Pablo Neruda, mi piaceva tantissimo da ragazzino, a testimonianza del fatto che a quei tempi ero diversamente romantico rispetto ad oggi ahah, mentre adesso mi sento molto più vicino a Efraim Medina Reyes e Guido Catalano, penso che i due mi influenzino parecchio, infatti ad agosto scorso su di un noto sito italiano di poesia paragonarono il mio stile proprio a quello del grande poeta torinese. Per me fu bellissimo perché davvero inaspettato e poi da lì in poi iniziò a seguire la mia pagina proprio lui, se ci penso adesso ancora mi emoziono!
Questo è il tuo primo romanzo. Cosa ti ha spinto a scrivere il libro, come nasce?
Pubblicare, o meglio scrivere un libro era un desiderio che avevo da quindici anni se non più, ma aspettavo che scattasse in me qualcosa, mi sono sentito pronto solo verso i trent’anni per convincermi a buttarmici seriamente in questa cosa.
Quanto di autobiografico c’è nel libro?
C’è tanto di autobiografico, non potrebbe essere altrimenti. Stefano praticamente vive dentro di me, sognatore, ritardatario, finto impulsivo (in realtà è uno che pensa veloce), introspettivo, ematico, sincero e forse anche un pò brillante. E’ un Michele che non sempre si riesce a vedere e questo mi dispiace tanto, perché mi rendo conto che non sempre riusciamo a farci vedere per quello che siamo veramente, specie con chi ci conosce da ragazzini. Il percorso di crescita che porta dai quindici ai trent’anni e più è svariato, complesso e spesso minato dai nostri stessi pregiudizi interni, che in molti casi non ci lasciano liberi di essere noi stessi a pieno. In realtà penso ci sono persone che non si libereranno mai veramente di tutto questo, è un vero peccato.
I personaggi sono molto normali, persone che si incontrerebbero nella vita di ogni giorno. E’ perché prediligi la realtà dei fatti?
Non posso prediligere la realtà dei fatti, io come Stefano vivo nella mia testa e tendo spesso a mescolare il mio mondo con la realtà. Il bello di tutto questo è che spesso ciò che sogno si avvera. Comunque si, i personaggi (ed i luoghi) sono molto normali. Ho fatto questa scelta perché volevo che il lettore si rendesse conto che so bene di quello che parlo. A volte i giovani autori commettono l’errore (questo è solo un mio personalissimo pensiero) di ambientare i loro scritti in luoghi dove non ci sono mai stati o dove comunque ci sono stati solo per qualche giorno da turisti. Oppure, scrivono di personaggi molto lontani da loro che frequentano un mondo che non conoscono a pieno. Penso che questa cosa poi al lettore salta fuori, e penso anche che leggere una storia comune, trovare in un libro un viale, un negozio, una canzone, una questione o un pensiero (come i tanti che fa Stefano) in cui possiamo imbatterci tutti i giorni, possa regalare un sorriso ed un pò di interesse in più a chi legge.
Perché ti definisci un “quasi” ex sognatore?
Perché a volte non vorrei esserlo nella spropositata quantità in cui invece lo sono.
Stai lavorando a qualcosa attualmente?