- Trama: «Ho cominciato a studiare russo nell’autunno del 1988, trent’anni fa, e, anche se ero già adulto, avevo venticinque anni, per me la Russia è stato il posto dove sono diventato grande. Ci sono arrivato nel 1991, quando era ancora Unione Sovietica, ero là durante la rivoluzione del 1993, con l’assalto alla Casa bianca, ci ho vissuto durante il coprifuoco che ne è seguito, ho fatto la fila per comprare il pane, ho comprato un orologio Raketa, ho vissuto a Mosca quando non si trovava la carta igienica, ho visto lo studio del più grande pittore russo contemporaneo, ho fatto una fotografia nella giacca di Sergej Dovlatov, ho partecipato al primo festival d’arte d’avanguardia e delle performance di San Pietroburgo, ho fatto tutta, senza mai scendere, la Transiberiana, da Mosca a Vladivostok, ho visto i soldi che distruggevano la rovina incantevole della piazza del Fieno di Dostoevskij, ho dormito su un banco del settore libri rari della biblioteca pubblica di Pietroburgo, ho pianto nella sala di lettura numero 4 della biblioteca Lenin di Mosca, ho trovato per la prima volta il coraggio di regalare dei fiori a una donna e ho scoperto, in Russia, come mi piace l’Italia, il suo odore, e mi sono accorto, studiando russo, di che lingua meravigliosa è l’italiano: in questo libro ci son queste cose, e qualche altra ancora, ci sono trent’anni che hanno ribaltato il più grande paese del mondo che, miracolosamente, è rimasto il posto stupefacente che era la prima volta che ci sono andato, nel 1991».
Salani Editore
- Recensione: Non ci troviamo di fronte ad un romanzo, ma davanti ad esperienze di vita. Il Prof. Nori ha deciso di avvicinarsi alla lingua ed alla letteratura russa a venticinque anni, una decisione matura che l’ha portato a vivere un paese che non è più quello di una volta. Ha toccato con mano i grandissimi cambiamenti: da quando si stava proprio male e la vodka, bene primario per i russi, veniva sostituita anche dal profumo, a quando lo splendore e la ricchezza ne ha fatto un paese nuovo. Divertenti le sue avventure, soprattutto l’essersi inventato con la moglie ed un amico un’istallazione vivente per poter fumare laddove era proibito. L’autore ci racconta della letteratura russa; del punto di vista degli autoctoni su Gorbačëv, ben diverso da quello degli italiani; ho appreso che le montagne russe lì vengono chiamate montagne americane; che l’insalata russa è chiamata Olivier; che i film con un finale dove le cose vanno male viene detto finale alla russa. Inizialmente sono rimasta un po’ spiazzata dallo stile di scrittura scelto da Nori, poi ho capito: lui lo fa alla russa. Scrivere “alla russa” significa mettere nero su bianco nello stesso modo in cui si parla, si usa un modo diretto scevro da fronzoli e giri di parole, poco importa se si ripetono i vocaboli è, come se si leggesse un dialogo tra due persone. Un po’ eccessive le divagazioni sulla letteratura, capisco che sia un luminare, ma il libro sembra basarsi principalmente su questo: troppi passi riportati, troppe soste sugli autori, il lettore credo cerchi il folklore, le tradizioni e non solo la Russia che si può ritrovare nei romanzi acquistabili in qualsiasi libreria.
- Paolo Nori è nato a Parma nel 1963 e abita a Casalecchio di Reno, vicino Bologna. Autore di moltissimi libri, è uno tra gli scrittori più noti del panorama letterario italiano. Tra le sue ultime uscite ricordiamo La piccola battaglia portatile, Manuale pratico di giornalismo disinformato, Undici treni, fare pochissimo (sotto lo pseudonimo di Paolo Onori) ed ha curato le traduzioni e le prefazioni dei più grandi romanzi russi.