Passeggiando tra i vicoli del rione Sanità di Napoli, ci si può imbattere,in alcune edicole votive costruite proprio per le anime del purgatorio. All’interno di queste la scena che si presenta è sempre la stessa, anime che pregano avvolte dalle fiamme che a braccia aperte cercano una preghiera quella che in napoletano è definita “rinfresco”, ovvero un sollievo che le tolga dalle pene inflitte dal calore del fuoco che le avvolge
Già nella fine del ‘600 nasce l’idea che le anime del purgatorio avessero bisogno di preghiere per poter accelerare la loro ascesa al Paradiso e in cambio delle preghiere dei viventi, queste anime ricambiavano con grazie e favori.
Il legame tra vivi e i defunti non ha mai più lasciato la città
Tra il 600 e il 700 la cave del rione Sanità furono adibite ad ossario comune per l’epidemia di peste che colpì la città nel 1656, e fu punto di raccolta per le ossa rinvenute prima sotto le Chiese, ed infine per le vittime del colera del 1836.
In questo contesto si sviluppò il culto delle “anime purganti” ovvero le “anime pezzentelle”, termine che proviene dal latino potere, chiedere. La peste del ‘600 e il Colera dell’800 impediscono un rapporto diretto e personalizzato con i propri morti annullando ogni possibilità del culto degli “Antenati”
Fu cosi’ che le anime pezzentelle sopperirono a questo problema, il culto dell’anonimo divenne il culto dell’Antenato,del parente perduto quindi riconosciuto, come defunto di famiglia. E’ in questo contesto culturale tra pagano e cattolico, profano e religioso che si inserisce la tradizione del culto del Purgatorio napoletano, un culto la cui potenza deriva dal fatto che si tratta di “anime antiche”.
Il culto delle anime pezzentelle lo ritroviamo durante la Seconda Guerra Mondiale. I corpi dei dispersi sono tantissimi e le donne che non riescono a dare sepoltura ai propri cari soffrono, per la morte e per non avere la non possibilità di piangere il corpo del caro deceduto.Ecco che ricomincia, l’uso di “adottare un’anima purgante”.
In cosa consiste realmente il culto?
Ci sono due differenti versioni del rito
Secondo una prima tradizione un’anima purgante apparirebbe in sogno al fedele prescelto, quasi sempre una donna, indicando dove si trovano i suoi resti ed in particolare la capuzzella, ovvero il suo cranio.
All’indomani del sogno il fedele recatosi nel luogo indicato, prendeva la capuzzella, la puliva, la lucidava, l’asciugava dal “sudore”, segno delle fatiche che l’anima doveva sostenere per arrivare in paradiso, la venerava portandola, in alcuni casi, addirittura a casa.
L’altra versione invece vorrebbe che fedele si scegliesse la capuzzella da accudire, ponendola su di un fazzoletto bianco, magari aggiungendole attorno un rosario e solo dopo giungeva il sogno durante il quale l’anima rivelava la sua identità e dunque il suo nome
In ogni caso elemento principale è il sogno, il mezzo con cui si può comunicare con i defunti.
La richiesta delle anime è sempre la stessa, tutte hanno bisogno del “rinfresco”.
Se la famiglia iniziava a vedere dei cambiamenti positivi, all’anima purgante veniva costruita , una specie di teca in legno,deposta su un fazzoletto,e un lumino acceso avanti ed iniziava così il culto, ovvero i primi rinfreschi, fiori, preghiere e offerte. Se invece non accadeva niente la capuzzella veniva prima “messa in punizione”, cioè veniva girata, e poi riportata all’ossario e abbandonata.
Le richieste erano di solito materiali: trovare un fidanzato, convolare a nozze, vincere dei soldi al lotto, trovare un lavoro, avere dei figli…Avuta la grazia l’anima era “Familiarizzata”, cioè entrava a far parte della famiglia.