Le Gallerie d’Italia-“Palazzo Zevallos Stigliano”, sede della Banca di “Intesa-Sanpaolo”, in via Toledo 185, a Napoli, ospita la mostra “London Shadow”-La rivoluzione inglese da Gilbert & George a Damien Hirst, fino al 20 gennaio 2019. E’ un percorso espositivo incentrato sulla Londra e sull’arte britannica degli anni Novanta, in cui il protagonista di questo periodo è Damien Hirst, con le sue opere provocatorie e mediaticamente coinvolgenti, si impone come capofila del gruppo degli YBA, “Young British Artists”. Diversi germi creativi erano contenuti già nelle opere di Gilbert & George, un duo attivo negli anni Sessanta. Non è un caso che “London Shadow”, che è il titolo di un’opera di Gilbert & George si tenga a Napoli, proprio dove Damien Hirst ha realizzato una delle sue mostre più importanti al Museo Archeologico. L’esposizione riassume le tensioni, l’ambiguità, il vitalismo e le contaminazioni della cultura inglese degli ultimi decenni, fino ad oggi. Ad accogliere il pubblico è “Fury”, di Gilbert & George, dove descrivono Londra, la sua grandezza, il suo mistero e il suo dramma, è stata una grande fonte di ispirazione per la loro arte, provocatoria e ricca di atmosfera. I due artisti hanno evidenziato gli stati d’animo della città inglese, focalizzando l’attenzione sulla condizione umana moderna. Al centro della loro ricerca c’è la precarietà della società contemporanea, mostrata attraverso singole frasi e poster, umori, speranze e dolori della collettività. E’ una indagine effettuata nelle strade, sono espressioni riprese dalle nuove generazioni, da coloro che cercano di attirare l’attenzione della classe politica e degli amministratori locali.
Damien Hirst, invece, ha realizzato i “Medicine Cabinets”, una serie di 12 cabinets, tra cui quello presente in mostra, intitolato “Problems”. Le confezioni dei medicinali usati che riempiono gli armadietti, sono originariamente disposti come se la struttura fosse essa stessa un corpo, con ogni oggetto posizionato in base agli organi a cui è collegato. Tuttavia, questo sistema è diventato rapidamente il criterio più importante per la loro disposizione all’interno di ciascun armadio. Le opere esplorano la distinzione tra vita e morte, mito e medicina.
Altra opera dell’artista inglese presente in mostra è “Everes comyntas”. L’obiettivo era di riprodurre fotografie complete e realistiche attraverso la pittura. I dipinti esplorano la nostra relazione con le immagini. Hirst afferma: “Voglio che tu creda in loro nello stesso modo in cui credi nei “Gabinetti di medicina “. Non voglio che sembrino intelligenti, ma sono un modo per convincerti. Sto usando la pittura per produrre qualcosa che sembra una riproduzione di cattiva qualità – il processo di pittura è nascosto, così come è nel mio lavoro”.
Ian Davenport è conosciuto per i suoi dipinti a “pozzanghera”. Nei suoi lavori l’artista ha applicato la vernice con una siringa lasciandola scorrere sulla superficie in bande distinte. La precisione della siringa gli consente di concentrarsi sulla sequenza dei colori. I pigmenti vividi e i metodi non convenzionali rievocano la pittura di Morris Louis.
Gavin Turk riprende il valore dell’opera d’arte. In “Love turk” (Red, Green and Blue), restituisce attraverso una sua reinterpretazione, opere che giocano a specchiarsi con gli originali. E’ un tributo all’amico Damien Hirst e alla sua speculazione intorno ai farmaci, oltre a uno splendido esercizio calligrafico sulle giustificazioni testuali di Robert Indiana.
Percorrendo le sale della Banca “Intesa-Sanpaolo”, altre opere presenti in mostra sono: le tele di Jason Martin, Marc Quinn e Julian Opie, le serie fotografiche di Darren Almond, l’installazione minimalista di Liam Gillick, la scritta “Things” di Martin Creed, e ancora il riflessivo lavoro di Gillian Wearing, le fotografie cieche di Douglas Gordon, e gli interventi di Mat Collishaw. A completare il percorso espositivo anche le esperienze delle giovani artiste donne della YBA che esaltano i temi del femminismo sfiorando la cattiveria e la sessualità esplicita. È il caso dei neon di Tracey Emin, delle sculture di Sarah Lucas e dell’installazione video di Sam Taylor-Wood.