Napoli Velata è l’ultimo lavoro del regista turco naturalizzato italiano Ferzan Özpetek, che ritorna in Italia dopo le sue ultime riprese ad Istanbul per Rosso Istanbul. Il film è un omaggio alla città, da lui scoperta cinque anni fa dirigendo la Traviata al San Carlo, oltre ad essere un tentativo di raccontarla al grande pubblico: la Napoli scoperta e rappresentata è viva, folkloristica, esoterica, antica e specialmente borghese. Una cornice perfetta per un film fatto di misteri, occulto, omicidi e… noia. Una delusione per un film che ha fatto parlare così tanto di sé e che è arrivato a superare al botteghino italiano il nuovo Star Wars.
Adriana (Giovanna Mezzogiorno) è un medico legale, un po’ solitaria e un po’ seduttrice, che durante uno spettacolo del “parto dei femminielli” inizia un flirt con uno sconosciuto di nome Andrea (Alessandro Borghi), che finirà per passare la nottata a casa di lei. Il mattino seguente si danno appuntamento per il pomeriggio stesso, ma lui non si presenterà se non il giorno dopo, sul tavolo dell’obitorio dove Adriana lavora. Da qui la protagonista si troverà catapultata in un’avventura fatta di misteri, accompagnata dalla sua famiglia, alla scoperta del proprio passato e di quest’uomo pieno di misteri.
Il velo di Özpetek è un velo sia allegorico che fisico: è il velo che all’inizio del film si pone tra gli spettatori e gli attori impegnati nel recitare il parto dei femminielli, è il velo del Cristo della cappella San Severo e proprio come quello separa la morte del Cristo dalla vita degli spettatori, quello metafisico separa realtà e mistero, fiabesco e noir, in piena coerenza con i precedenti esperimenti del regista nel campo dell’esoterico e dell’irreale come in Magnifica Presenza. “La verità non va guardata in faccia nuda e cruda ma la devi sentire, intuire. Il velo non occulta, ma svela”, dice il regista, proprio come il velo del Cristo Velato dà forma e definizione all’opera d’arte, che senza esso non sarebbe la stessa.
Sembra però che Özpetek si sia impegnato in un’impresa più grande di lui e abbia messo, come si suol dire, troppa carne a cuocere, producendo un film che può risultare incompiuto quasi. Il personaggio principale è interessantissimo, ma il suo approfondimento è sfaccettato e si trovano risposte a domande che magari non sono state poste in primo luogo. La volontà di rappresentare ogni faccia di Napoli porta a delle forzature nella trama e nelle ambientazioni delle scene. Certi elementi che possono sembrare utili alla narrazione vengono in seguito lasciati irrisolti. Tutto senza menzionare una certa prevedibilità, ossimorica in un film che vuole elogiare il mistero.