“Sculetti troppo!” “Cammini come un fr…” Sono queste le parole che un branco di bestie, a Torino, nelle vie di San Salvario, ha rivolto ad un diciannovenne, la scorsa settimana, prima che uno di loro lo picchiasse selvaggiamente. Una vile aggressione che, tra l’indifferenza generale, ha causato al giovane la frattura della caviglia e della clavicola.
“Ora tocca a me!” Queste, invece, a quanto pare, sono le parole che un giovane uomo – secondo quanto emerso dalle fasi iniziali del processo, lo scorso 24 luglio – avrebbe rivolto, prima di violentarla, ad una diciannovenne inglese, studentessa Erasmus a Napoli. La cosa ancor più grave, peraltro, è che questi le aveva fatto credere di volerla soccorrere, dopo che la vittima era già stata abusata da due ragazzi, in zona Mezzocannone.
Ebbene, questi menzionati (il secondo verificatosi a marzo, ma divenuto noto solo qualche giormo fa) sono solo due dei più recenti e terribili casi di violenza che le cronache nazionali, quasi con cadenza quotidiana, riportano alla nostra attenzione. Si tratta di due episodi distanti e, all’apparenza, molto diversi, ma in realtà, a ben guardare – come ci preme sottolineare – essi sono il frutto dello stesso fenomeno di odio, sono i due lati della stessa mela marcia, di quello che possiamo definire “maschilismo”. Parliamo della solita mentalità machista che, purtroppo, ancora attanaglia larghe fette della nostra società, rivelandosi, pure al giorno d’oggi, una vera e propria piaga per la convivenza civile, al pari del razzismo.
Come è evidente, il branco di Torino ha attaccato il giovane in quanto colpevole, ai loro occhi, di possedere atteggiamenti giudicati troppo “femminei” e dunque inaccettabili per un uomo; gli orchi di Napoli, dal canto loro, hanno violentato la studentessa, rispondendo a quella solita deviata logica di possesso e supremazia del maschio sulla femmina, considerata come preda, come un oggetto funzionale agli istinti più bassi, che deve restare subalterno. Si evince, pertanto, che siamo dinanzi ad un disprezzo totale verso la categoria della Donna, il quale arriva persino a coinvolgere gli omosessuali perché ritenuti “poco virili”.
Ovviamente, punire i carnefici, figli di queste distorsioni mentali, non basta; per arginare strutturalmente la problematica è lapalissiano che sarebbe necessario, in aggiunta, sviluppare strumenti culturali efficaci a farci compiere dei passi in avanti, i quali però, come notato da tanti, nel nostro Paese, tardano ad arrivare. Innanzitutto, in tal senso, importantissimo sarebbe prevedere, in tutte le scuole, dei piani di formazione che possano comprendere, parimenti al resto d’Europa, l’educazione sessuale, di genere ed affettiva. I nostri giovani avrebbero l’occasione, in questo modo, di non essere lasciati soli nella scoperta di se stessi, dell’altro e delle diversità, e di entrare in contatto con le tematiche di cui sopra in maniera adeguata, seguiti da dei professionisti.
Tuttavia, però, ogniqualvolta si cerchi di avanzare proposte di questo genere, si levano prontamente i malumori e il dissenso di tanti genitori cattolici, i quali, ora, sono spaventati, tra le altre cose, anche da quell’enorme fake-news che è la “Teoria gender” ; una bufala creata ad hoc per continuare a discriminare e ad alimentare pregiudizi, sotto il velo di un complottismo pseudo-intellettuale.
Ma perché, diamine, fa paura che alle nostre sorelle e figlie possa essere insegnato che nessuno debba sentirsi in diritto di decidere sulla loro vita, sulle loro aspettative e sul loro corpo? Perché si teme che ai nostri ragazzi possa essere insegnato che la donna, in tutti i livelli, abbia lo stesso valore dell’uomo e che nell’essere gay, bisessuale, lesbica o trans non ci sia nulla di sbagliato?
Siamo davvero sicuri di non voler contribuire a donare alle nuove generazioni un futuro di uguaglianza e rispetto, scardinando un ordine di idee e di potere retrivo e limitante per tutti, ma proprio tutti?
E se le vittime fossero i vostri figli?