Agropoli (SA), 25 marzo – Officina 72 questa sera ospita Nato a pochi km di distanza, a Santa Maria di Castellabate Antunzmask studia attualmente storia dell’arte a Roma. Affianca agli studi però la carriera musicale, con 3 album e un EP autoprodotti. L’ultimo porta il suo stesso nome ed è appena uscito.
Da dove nasce il nome Antunzmask?
Significa semplicemente Antonio in una lingua inventata. Per una gita di terza media andammo in Calabria, in un paese dove gli abitanti parlavano un dialetto locale, mischiato con quello di emigrati di varie etnie. Fra uno scherzo e l’altro è nato il mio nome. Ed è rimasto.
Come hai iniziato a suonare, quale è il tuo primo ricordo legato alla musica?
Mi hanno aiutato molto i miei fratelli. Io sono l’ultimo di quattro figli, e i miei fratelli e mia sorella sono tutti più grandi. Negli anni ’90 loro erano degli adolescenti appassionati di musica, soprattutto della scia musicale di quel periodo: i nirvana, i litfiba…. Così gia da piccolino mi imboccavano facendomi ascoltare quella musica.
Con il tempo ho approfondito, mi sono approcciato alla chitarra… Mi sono anche rotto un dito e non ho potuto seguire lezioni per un mese. Quando ho ripreso ho capito che mi bastava quel pochissimo che avevo imparato, più un po’ di improvvisazione.
Come mai questo disco si chiama come te?
Perché Antunzmask è un autoritratto musicale, una somma di tutto quello che ho ascoltato negli anni. Tutto quello che mi è piaciuto, che mi ha colpito, in un solo album: si passa dallo stoner alla psichedelia, dal pezzo country a quello acustico. È molto variopinto.
Quali sono i tuoi ispiratori? E quale è il tuo rapporto con i modelli?
Mi piace omaggiare più che ispirarmi. Stasera per esempio abbiamo fatto una cover di Jimy Hendrix e una dei Led Zeppelin… L’impatto sonoro influsice molto. Dalla musica anni 60, anni 70, dal grunge.
Cos’è il lo-fi e come mai questa scelta stilistica?
Perché è la cosa più semplice e più vicina a me: il suono voglio ricercarlo io, voglio fare il possibile per farlo uscire, usando tutti gli strumenti che ho a disposizione. È una mia creazione e voglio plasmarla io, senza affidarmi a terzi o andare da qualcuno che mi dica cosa fare o non fare. Non voglio una produzione. La produzione sono io. Le cose partono da me.
Prossimi progetti?
Stare bene, In generale. Essere contento delle opportunità che mi offre la vita e far sentire il disco. Voglio suonare soprattutto, portare l’album dal vivo. Anche perché queste canzoni sono rimaste chiuse due anni e mezzo… È stata davvero una lunga attesa prima di poterle suonare.