Andrea.
Giuliano. Marco. Tanti nomi per chiamare una stessa persona.
Tanti nomi per non essere riconoscibile a chi ti vuole fare del male ancora
Un giovane costretto, suo malgrado, per una provocazione a cambiare la propria vita per sfuggire a violenze e persecuzioni fuori controllo.
Andrea è un ragazzo italiano che gira il mondo. Un bel giorno per lavoro capita a Budapest in Ungheria, colpo di fulmine, se ne innamora e decide di sceglierla come città in cui abitare anche dopo la scadenza del mandato lavorativo.
Budapest è una città bella, vibrante, pregna di cultura e per un giovane curioso della vita è il “massimo”.
Andrea è gay, militante LGBTQ combatte come tanti altri per i diritti dei gay in terra ungherese, ed il pride è una tappa immancabile per dire in modo diretto “i’m proud to be”.
Il pride è anche una forma di provocazione e molti ne approfittano per sottolineare il proprio messaggio pro-gay con delle trovate originali. Lo deve aver pensato anche Andrea nel luglio 2014 per il pride a Budapest dove decide di presentarsi vestito da prete, bello e con una folta barba lunga ,tra l’altro, lo sembra davvero, completando il proprio look con una bandiera raffigurante il logo di un’associazione motociclistica di estrema destra i Nemzeti Érzelmű Motorosok (i motociclisti dal cuore nazionalista) solo che a posto di lasciare l’effige ufficiale dei motociclisti Andrea ci mette un enorme pene nero ed aggiunge la scritta “succhia cazzi dal cuore nazionalista”.
Il pride procede senza intoppi, apparentemente nessuno dice nulla.
La provocazione del Nostro passa anche in qualche servizio televisivo locale, ma la situazione sembra tranquilla.
Solo apparentemente, dopo un po’ Andrea si sente osservato, seguito sotto casa, in ufficio come se qualcuno stesse in agguato per colpirlo. Ha ragione, ben presto la violenza e l’accanimento partono dai profili fb dell‘associazione dei motociclisti dove addirittura viene messa una taglia sulla sua testa, inizia un escalation di minacce di morte. Andrea non è più al sicuro, cambia casa un paio di volte, ma tutto inutile. Il clou delle minacce arriva con una violenta aggressione in cui gli spaccano la faccia nel 2015. Le minacce sono aumentate dopo l’attacco, che sembra non essere avvenuto in correlazione al suo attivismo.
Dal punto di vista legale erano già partite denuncie e segnalazioni, tra l’altro il leader del gruppo di motociclisti aveva denunciato Andrea per diffamazione. C’è stato un processo e la denuncia è stata ritirata dopo il secondo appello. Ma Andrea non ci sta e offeso nell’animo e nel corpo decide di far valere i suoi diritti come cittadino, gay ed essere umano.
Procede contro lo stato ungherese e contro tutti quelli che l’anno attaccato, diffamato e minacciato per violazione dei diritti fondamentali dell’uomo, procedimento che tutt’ora è in corso. La questione verrà trattata a Strasburgo.
Tratto vergognoso della storia è che le stesse persone che lo affiancavano come attivista lo hanno abbandonato, parlo di alcuni esponenti del movimento gay ungherese e di alcuni sedicenti giornalisti che addirittura lo accusano di aver rovinato venti anni di passi avanti ed obiettivi raggiunti con una provocazione, e soprattutto la “sinistra” al governo ungherese incline a delle sottoculture.
Oggi Andrea vive di nuovo in Italia, l’ho conosciuto personalmente ad una presentazione di un libro manco a dirlo contro l’omofobia “ADDOSSO” di cui vi ho parlato in qualche articolo precedente. E’ un ragazzo educato, composto e in occasione della presentazione ha raccontato la sua storia sempre sorridente anche nelle parti più cruente. Un combattente che non rinuncia alla sua dignità, che non accetta il silenzio dell’umiliazione subita, che non vuole rimanere incastrato negli ingranaggi della legge internazionale.
Teniamo conto che viviamo in un’epoca in cui il nudo artistico viene bloccato su fb e gruppi nazisti minacciano e proliferano senza controllo. La giustizia al contrario.
Ad Andrea serve avere voce per gridare la sua storia ed è questo il senso che oggi ho dato alla mia rubrica.
Good luck