Sono Tornato è il remake italiano di Lui è tornato (2015) di David Wnendt, film tedesco che ipotizza il ritorno del dittatore tedesco in Germania. Girato da Luca Miniero, ormai pratico del genere dopo il successo di Benvenuti al Sud (2010), il lungometraggio italiano ipotizza il ritorno del “nostro” Duce dal regno dei defunti, pronto a riconquistare il bel paese armato di populismo e cattive intenzioni.
Nel bel mezzo di una partita di pallone si sente un’esplosione: un gruppo di bambini di diverse origini si precipita a controllare cosa è successo. Davanti a loro c’è Benito Mussolini (Massimo Popolizio), con gli stessi abiti di quando ha lasciato il nostro mondo, corde comprese. Verrà affiancato da un aspirante, neo-licenziato e poco talentuoso regista (Frank Matano) che lo condurrà in giro per l’Italia alla scoperta del nuovo italiano medio per farci un documentario che li porterà alla vetta del successo.
Il titolo dell’articolo però è un poco ingannevole: un film del genere serve all’Italia e agli italiani, molti ancora conturbantemente attaccati a quella che ormai è l’idealizzazione del ventennio fascista – quella dei treni, per intenderci. E questo lo notiamo anche grazie al film, dove molte scene, girate all’insaputa del pubblico, mostrano l’affezione degli italiani per Benito. Il film non manca assolutamente spunti di riflessione, concentrandosi molto di più su come vedono gli italiani il ritorno del dittatore, più che sul suo straniamento (una commedia sullo straniamento inoltre è anche ridondante, considerando Benvenuti al Sud e il suo sequel).
Quello che manca al film è il coraggio: prendendo magari con troppo zelo l’impegno satirico il film muove una condanna alla società, ai neo-fascisti, alla politica e i politici italiani, ai giornalisti e alla televisione . Una critica così vasta, che sembra sparare alla cieca sulla folla, risulta debole e poco efficace, specialmente se pregna di quello stesso populismo che vuole denunciare.
Un film debole anche narrativamente, che non approfitta di espedienti narrativi che possono condurre a indagini sociali interessanti. Il ritmo è lento e il film sembra non cogliere mai il bersaglio, se non quando il duce incontra una sopravvissuta interpretata magnificamente da Ariella Reggio. La presenza di Matano era evitabilissima e, seppur dimostri di essere migliorati dai suoi esordi, è sempre riprova di come egli non appartenga al mondo degli attori.