È naufragato, negli scorsi giorni, dopo una settimana dall’approvazione in Commissione Bilancio alla Camera dei Deputati, il programma mirante alla sinergia tra la Scuola Superiore Normale di Pisa e l’Università Federico II di Napoli. In alcuni spazi dell’Ateneo campano, infatti, sarebbe dovuta nascere quella che era stata battezzata come Scuola Superiore Normale Meridionale, incentrata su ambiti inerenti all’economia marina, all’ingegneria e alla valorizzazione dei beni culturali. Il progetto – fortemente sostenuto dal Magnifico Rettore, prof.Vincenzo Barone – volto all’esportazione dell’approccio metodico e del modello sui generis della Scuola pisana, in realtà, era stato pensato su base triennale, ma, previa valutazione positiva dell’Anvur (Agenzia nazionale valutazione università e ricerca), sarebbe potuto divenire permanente. Si sarebbe trattato, senza dubbio, di una sperimentazione notevole, che, tra le altre cose, avrebbe portato alla collaborazione di due università dall’enorme prestigio storico. Da un parte la Normale, voluta da Napoleone nel 1810, sul modello dell’École Superieure di Parigi, dall’altra la Federico II, molto più antica, fondata, per l’appunto, da Federico II di Svevia nel 1242, per formare, come pure la prima menzionata, la classe dirigente dell’Impero.
La proposta, però, come ormai sappiamo, non ha incontrato il parere favorevole del sindaco della città della Torre pendente, Michele Conti, eletto con una lista indipendente, appoggiata in primis dalla Lega Nord ma anche da Forza Italia e Fratelli D’Italia. Il primo cittadino toscano, anzi, da buon leghista, si è erto a difesa della sua realtà territoriale da quella che, agli occhi suoi e di larga parte del suo elettorato, sarebbe stata un’inaccettabile contaminazione meridionale, una depredazione del “marchio d’eccellenza” pisano. “La Scuola Normale è salva. Rimane la Scuola Superiore Normale di Pisa, al sud non verrà istituita nessuna sede secondaria, la scuola superiore universitaria rimane unica e nella nostra città”. Con queste parole egli ha esultato sulla sua pagina Facebook.
Come appreso da Pisa Today, invece, di altro avviso è stato il Presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, del quale riportiamo qui alcune dichiarazioni in merito, in quanto esse delineano perfettamente la situazione determinatasi. “Piccoli interessi localistici che prevalgono sugli interessi nazionali. Spero che il mondo accademico si mobiliti(…).Una questione di questa importanza non può essere decisa in una riunione tra un sindaco, un deputato e un capo di gabinetto del ministero dell’Istruzione. E’ in campo da tempo un progetto per espandere in altre parti d’Italia l’organizzazione e le conoscenze della Normale ed era stato votato anche un emendamento favorevole alla Camera per far partire questa operazione. Non può accadere che tutto salti solo per i capricci di un sindaco”.
“Insisto – spiega Rossi – gli interessi nazionali non possono soccombere davanti a interessi localistici. Il comunicato improvvisato del Ministero
è servito solo a far suonare la grancassa al sindaco di Pisa che parla di una vittoria storica. In realtà, si tratta soltanto di una enorme sconfitta per l’autonomia delle università e il mio auspicio e che adesso gli atenei si mobilitino, e non solo a Pisa. Se chi opera dentro l’università aveva previsto di poter accrescere l’importanza e il prestigio della Scuola Normale mettendola in sinergia con altre realtà, questa era una scelta che spettava soltanto agli accademici. La verità è che così si è soltanto umiliata l’autonomia dei corpi universitari (…)Non mi risulta che la Normale sarebbe stata chiusa, anzi era un modo per esportare un modello di eccellenza. La legge prevedeva che un comitato interno alla Scuola avrebbe sorvegliato sui progressi portati avanti dalla Federico II. Anche la Scuola di Parigi, da cui è nata la Normale, ha sedi in tutta la Francia con la direzione centrale ben salda in mano ai parigini. Un modello replicabile anche in Italia”.
“Quello che emerge ancora una volta – conclude Rossi – è l’atteggiamento a un tempo spregiudicato e campanilistico della Lega, che a Milano dice una cosa, a Firenze un’altra e a Napoli un’altra ancora. La politica ridotta al gioco delle tre carte.”
Ebbene, ora, a seguito di tutto ciò, a Napoli prenderà ugualmente vita una sperimentazione, che coinvolgerà discenti e docenti in attività ambiziose e importanti. Essa, però, si chiamerà semplicemente Scuola Superiore Meridionale, senza, quindi, il riferimento all’istituzione toscana. D’altro canto, la Federico II avrà modo di puntare, anche da sola – nonostante le difficoltà in cui vessa l’intero sistema univeristatario nel Sud – sul suo sconfinato bagaglio e sul suo capitale umano, che non hanno nulla da invidiare a nessuno, anzi. Ciò che dispiace, tuttavia, è che si è persa l’occasione per creare qualcosa di nuovo e di innovativo sul piano dell’istruzione, creando dialogo tra due realtà di valore. Lo studio e la conoscenza, del resto, trovano la propria linfa vitale nello scambio, nell’incontro e nell’apertura; duole, pertanto, constatare che tutto ciò soccomba, ancora una volta, sotto ai colpi di quello che potremmo definire un “provincialismo intellettuale” – con una tipica e amara nota antimerdionalista – al quale, una certa politica dai toni verdi, a quanto pare, vuole farci abituare sempre di più.