Ogni anno, il 25 novembre si celebra la Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza sulle Donne riconosciuta dalle Nazioni Unite nel 1999.
È stata scelta la data del 25 novembre per commemorare la storia di Patria, Maria Teresa e Minerva Mirabal, tre sorelle soprannominate “mariposas”, ovvero farfalle, perché hanno perso la loro vita combattendo per la libertà del loro paese.
Negli anni ‘50, la Repubblica Dominicana era sotto la dittatura del generale Rafael Trujilo che fece uccidere le tre sorelle Mirabal perchè impegnate politicamente a denunciare gli orrori e i crimini del suo governo.
E proprio il 25 novembre 1960 le tre sorelle “mariposas” vennero prima torturate e poi assassinate dai sicari di Trujillo e i loro corpi gettati in un dirupo per simulare un incidente. Nessuno però credette fin da subito ad una morte accidentale, e il clamore e l’efferatezza del delitto richiamarono l’attenzione internazionale sul regime dominicano e sulla cultura che non riconosceva alle donne alcun ruolo pubblico e politico.
Dopo il loro assassinio, Trujillo fu ucciso e il suo regime cadde. L’unica sorella sopravvissuta, perché non impegnata in politica, Belgica Adele, ha dedicato la sua vita alla cura dei sei nipoti orfani e a mantenere viva la memoria delle sorelle.
È in ricordo di Patria, Maria Teresa e Minerva che ogni 25 novembre si inaugura un periodo di 16 giorni dedicato all’attivismo contro la violenza di genere, che si conclude il 10 dicembre con la Giornata Internazionale dei diritti Umani.
La giornata contro la violenza sulle donne si esprime attraverso diversi simboli come le scarpe e panchine rosse che purtroppo stanno occupando i nostri spazi cittadini, fra scuole e parchi pubblici .
Le scarpe rosse rappresentano la battaglia contro i maltrattamenti e femminicidi e la loro storia nasce in Messico, a Ciudad Juárez, città tristemente nota per il numero sconcertante dei femminicidi avvenuti negli ultimi vent’anni.
Un’artista messicana, Elina Chauvet, per ricordare le donne vittime di violenza, compresa la sorella assassinata dal marito a soli vent’anni, nel 2009 posizionò in una piazza della città 33 paia di scarpe femminili, tutte rosse proprio per rievocare la gravità del delitto spesso maturato in ambienti familiari e nelle relazioni più strette che dovrebbero rassicurare.
Il colore rosso è stato in seguito adottato per simboleggiare in maniera più ampia il contrasto alla violenza di genere, in particolare con le panchine, luogo simbolico attorno al quale raccogliersi per riflettere.
Sono ben 99 le donne uccise in Italia tra il 1^ gennaio e il 18 novembre di quest’anno, gli omicidi sono avvenuti soprattutto nelle regioni del centro, mentre diminuiscono al nord e soprattutto al sud. Cresce il fenomeno nei piccoli comuni e crescono i delitti di donne che hanno più di 65 anni, spesso la difficile gestione di una malattia porta al delitto: sono state 37 nei primi 11 mesi del 2024, pari al 37,4% delle vittime femminili totali, uccise nella maggior parte dei casi dal coniuge o dai figli.
I dati arrivano dall’XI Rapporto Eures che registra una forte crescita delle figlie uccise, passate da 5 a 9, generalmente all’interno di “stragi familiari” o in quanto vittime collaterali di una violenza orientata a colpire la coniuge o la ex partner.
Sale inoltre il numero di autori under 25 (da 4 a 12), anche se, coerentemente alla dinamica rilevata per le vittime, sono gli autori di oltre 64 anni a registrare l’incidenza più elevata (27 autori, pari al 27,8%).
Significativo il dato relativo alle vittime straniere che, in controtendenza rispetto a quelle italiane, risulta in forte crescita, passando da 17 a 24, arrivando a rappresentare un quarto delle vittime totali (24,2%), con un incremento del 41,2% tra il 2023 e i primi 11 mesi del 2024. Diminuisce invece del 21,1% il numero delle vittime italiane, passate da 95 a 75.
L’aumento delle vittime straniere si accompagna ad una forte diminuzione degli autori di femminicidio di nazionalità non italiana, passati da 23 a 16, con un decremento del 30,4%, mentre rimane stabile il numero degli autori italiani (83 nei primi 11 mesi del 2023 e del 2024). Ciò significa – spiegano i ricercatori – che, mentre il 45,8% dei femminicidi con vittime straniere sono commessi da autori italiani, ‘soltanto’ nel 4% dei casi (3 vittime in valori assoluti) le vittime di femminicidio italiane sono state accise da un autore straniero (una percentuale, questa, in forte calo rispetto al 13,5% censito nel 2023).
Dati alla mano, sta di fatto che la violenza contro le donne rappresenta sempre più un problema concreto, serio, allarmante a cui non si riesce a porre un freno nonostante l’irrigidirsi delle norme penali previste nel cd. Codice Rosso.
Che si voglia identificare l’origine del problema in “patriarcato” o meno resta il dato fattuale della persistente tendenza omicida per mano di chi dovrebbe amare e proteggere le donne.
E gli assassini sono sempre più cruenti, dolorosi, ai limiti dell’horror … uccidendo con facilità, per futilità…in nome di quel senso del possesso cui non si riesce a porre un freno, nè ideologico nè comportamentale.
E la gelosia possessiva non è solo espressione di mentalità retrograde o addirittura delle sottoculture straniere, perché gran parte degli omicidi in Italia sono stati realizzati da cittadini italiani.
Tutt’altro e’ espressione comune e trasversale a tutte le età, le culture e la geografia del territorio.
Sono quell’ insieme di comportamenti, parole, gesti, espressioni, intimidazioni, sensi di colpa, minacce, violenze fisica e psicologica, che debellano le donne, le infiacchiscono e le mettono in un angolo per spingerle a non potersi più esprimere, a non trovare più il coraggio di denunciare, a non lasciarsi andare ad alcun tipo di fiducia nei confronti del prossimo, a vivere il senso di colpa nei confronti dei figli e così divenire poi definitivamente vittima di violenze se non di femminicidio, anche se per quanto amara sia, dobbiamo rilevare che le denunce al numero 1522 – contro la violenza sulle donne – hanno registrato un considerevole aumento in percentuale rispetto allo scorso anno dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin e la sensibilizzazione sul tema.
Malgrado ciò, la conta terrificante di donne ammazzate in modo sconvolgente non si ferma e oggi più che mai il richiamo costante deve essere quello di educare tutti al rispetto dei sentimenti altrui e a gestire in modo appropriato le proprie emozioni.
E come ha dichiarato Gino Cecchettin alla presentazione della fondazione in nome della figlia Giulia “chi ha portato via mia figlia è italiano. La violenza è violenza, indipendentemente da dove essa arrivi. Non ne farei un tema di colore, ma di azione. Di concetto…si parla di (n.d.r.) violenze, di prevaricazione. È esattamente quello il patriarcato ed è tutto ciò che viene descritto nei manuali. Mi sembra solo una questione di nomenclatura. È la parola, oggi, che mette paura: “patriarcato” spaventa più di “guerra””.