Un unico autore e oltre 200 opere della Pop Art, tutte di Andy Warhol, in mostra nel Lapis Museum – Basilica della Pietrasanta, a Napoli, con una sezione dedicata all’Italia e alla città partenopea, fino al 23 febbraio 2020. Curata da Matteo Bellenghi, l’esposizione è stata patrocinata dal Comune di Napoli, promossa dall’Assessorato alla Cultura e al Turismo, sotto l’egida dell’Arcidiocesi di Napoli e in sintonia con la sezione San Luigi della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia meridionale, Scuola di Alta Formazione di Arte e Teologia, con la Rettoria della Basilica di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta. Prodotta e organizzata dal Gruppo Arthemisia con Eugenio Falconi, in collaborazione con l’Associazione Pietrasanta Polo Culturale ONLUS e Art Motors, l’exihibit vede come sponsor Generali Italia. E’ una iniziativa sostenuta da Generali Valore Cultura, impegnata nel promuovere l’arte e la cultura su tutto il territorio italiano.
Il percorso espositivo è formato da diverse sezioni: icone e ritratti, polaroid e acetati, disegni e il mondo della musica, il brand e l’Italia. Si assiste a quel mondo Pop che ha segnato l’ascesa di Warhol come artista, artefice di uno stravolgimento della definizione di estetica, trasformando le visioni e i concetti che hanno caratterizzato l’Arte in precedenza.
La prima sezione è “Icone”, mostra gli oggetti provenienti dalle pubblicità, le lattine di Campbell’s Soup, rielaborandoli in forme di arte. I barattoli alimentari diventano delle “muse ispiratrici”, delle vere e proprie icone pop. Ricorrendo alla tecnica serigrafica, Warhol moltiplica in serie le proprie opere, ristabilendo un processo di oggettivazione del soggetto raffigurato: non c’è più unicità e individualità, tutto è livellato dall’onda d’urto della comunicazione di massa globale. Da questi presupposti nascono le serigrafie dei volti delle icone più celebri: Liz Taylor, Jackie Kennedy, Mao Tse Tung e i suoi Self-Portrait, in cui annulla i loro tratti somatici caratteristici e li rappresenta su uno fondo neutro, vuoto ed eterno. Il ritratto di Marilyn, concepito nel 1962 e realizzato sulla base di uno scatto fotografico di Gene Korman durante le riprese del film Niagara, rappresenta la summa dei fattori stilistici warholiani: la bellezza dell’attrice viene gradualmente annullata dalle sovrapposizioni di colore serigrafico, dando come risultato finale un viso stilizzato che risulta la sola e unica immagini di Marilyn.
Marilyn- 1967
La seconda sezione è dedicata ai “Ritratti”. Fin da subito la ritrattistica rappresenta per Warhol una delle principali fonti di guadagno. Nel novembre del 1962, alla Stable Gallery di Eleanor Ward, presenta tele raffiguranti personaggi del mondo della musica, della moda e del cinema. I volti sono spesso privati delle caratteristiche fisiognomiche e lasciano percepire solo i tratti necessari per il riconoscimento. Le rigide campiture di colore, derivanti dall’uso della serigrafia, ne diventano il segno caratteristico. I soggetti vengono riprodotti in grande quantità, cambiando semplicemente i colori di sfondo o i toni serigrafici dei visi. Nel 1969 fonda Interview, un magazine interamente dedicato alle celebrità. La copertina presenta, a rotazione, il volto del personaggio del mese: Paloma Picasso, Mick Jagger e Liza Minnelli. Dipinge incessantemente nella metà degli anni 70, usando come base le polaroid scattate ai tanti personaggi: Sylvester Stallone, Jarry Hall, Caroline di Monaco e Grace Jones. Una parte della sua produzione è un omaggio ad artisti come Man Ray, e Edvard Munch. Altri, invece, ad amici come Jean Michel Basquiat e Keith Haring. Ai giganti del mondo della moda sono dedicati i ritratti, tra cui: Gianni Versace, Valentino e Regina Schrecker. Mitizza i volti di esponenti della politica come Lenin ed Edward Kennedy. Durante gli anni Ottanta realizza delle serie nuove e molto particolari, come Cowboy and Indians, nella quale sono immortalati soggetti Teddy Roosevelt e Toro Seduto. Nel 1987 realizza dei lavori dedicati alle fiabe dello scrittore danese Hans Christian Andersen.
Valentino Garavani- 1973
Nella terza sezione passa dalla grafica pubblicitaria a quella di disegnatore di copertine di album musicali. Nel 1955 i suoi disegni sono notati dalla catena di scarpe di alta moda Miller e ottiene l’incarico di realizzare una serie di tavole di illustrazione di calzature. Il poeta e scrittore Ralph Pomeroy utilizzò dei suoi disegni per un volume illustrato. Nel febbraio del 1956 la Bodley Gallery di New York gli dedicò una mostra, incentrata sui disegni di scarpe ispirati a nome di persone famose come Truman Capote e Mae West. Il lavoro di artista commerciale inizia a mutare nel 1958, dopo aver visto alla Leo Castelli Gallery i dipinti Jasper Johns e, due mesi più tardi, l’esposizione delle opere di Robert Rauschenberg. Warhol resta colpito dalla forza comunicativa e quando nel dicembre dello stesso anno presenta nuovamente presso la Bodley Gallery i disegni del suo libro di cucina Wild Raspberries, si accorge di voler cambiare artisticamente. Nei primi anni Sessanta si cimenta in diversi esperimenti artistici di tendenza nel New Dada, tuttavia l’influenza del gesto artistico di Johns, insieme ai suggerimenti di Muriel Latow e Ivan Karp, riguardo all’importanza dell’oggetto quotidiano, portano Warhol a concepire opere ispirate alla cultura di massa e ai beni di consumo. Tra il 1960 e il 1962 lavora sui disegni di Campbell’s Soup, Ketchup Heinz e Coca Cola. Sono i primi passi di quella rappresentazione oggettiva che lo condurrà in poco tempo all’uso della serigrafia.
The Velvet Underground and Nico- 1967
La quarta sezione è incentrata sul rapporto con l’Italia. Un primo incontro con il pubblico italiano fu nel 1975 a Ferrara, in occasione della mostra Ladies and Gentleman a Palazzo dei Diamanti. L’evento suggerì una riflessione tra la Pop Art americana e la tradizione classica italiana. Nell’aprile del 1980 venne presentata nella Galleria Lucio Amelio a Napoli, una mostra dedicata al confronto tra la Pop Art americana e l’arte concettuale tedesca di Joseph Beuys. Nasce una amicizia fra i due artisti, suggellata da una serie di ritratti di Joseph Beuys , realizzati da Warhol, insieme alle toccanti opere che i due realizzano a seguito del devastante terremoto in Irpinia del novembre 1980. Nel luglio del 1985 l’artista americano torna a Napoli per presentare al Museo di Capodimonte la serie Vesuvius, ovvero il vulcano in eruzione con colori pop-espressionistici e antinaturalistici. L’ultimo viaggio in Italia risale al gennaio del 1987, poche settimane prima della morte, in occasione di una nuova mostra al Palazzo delle Stelline di Milano. Protagoniste sono le tele Last Supper, omaggio e reinterpretazione in chiave pop dell’Ultima Cena di Leonardo Da Vinci, presso il refettorio della chiesa di Santa Maria delle Grazie.
La serie Vesuvius -1985.
La quinta sezione focalizza l’attenzione sul rapporto di Warhol con i “Brand”. Iniziò ad utilizzare a proprio vantaggio quella stessa società che fino agli inizi degli anni Sessanta l’aveva impiegato come semplice “tramite” per la comunicazione. Dal 1962 è lui stesso a servirsi di brand e marchi come mezzi per la realizzazione di nuove opere d’arte. Produce lavori come Chanel, omaggio al celebre profumo utilizzato anche da Marilyn Monroe; Paramount, in onore della casa cinematografica e Perrier, serigrafia realizzata per una campagna pubblicitaria di Parigi.
Chanel- 1985
La sesta sezione è dedicata alla “Musica”. L’attività di disegnatore di album musicali è svolta dal 1949. Dopo un primo incarico da parte della Columbia Records, nel 1952 arriva un contratto con RCA. Questi primi lavori, Carlos Chàvez- A program of Mexican Music, The Philadelphia Orchestra, rispecchiano il suo modus operandi “sottile e delicato” di illustratore commerciale. Nel 1975 progetta e decide di serigrafare in tiratura di 75 esemplari Giant Size, una tra le copertine più rare e ricercate. Il primo vero grande successo avvenne nel 1967 grazie alla collaborazione con Lou Reed per il lancio del disco Velvet Underground & Nico. Generalmente è conosciuto con il termine di “disco banana” a causa della banana matura di colore giallo e nero che, se rimossa, mostra al di sotto, il frutto rappresentato in un colore roseo che rimanda esplicitamente ad un simbolo fallico. L’amicizia con Mick Jagger è omaggiata nel 1975 da una serigrafia di ritratti dedicati al leader dei Rolling Stones. Protagonista per l’occasione è la polaroid: nel 1970 un primo piano fronte e retro di un jeans indossato con un sottile riferimento erotico, diventa l’anno seguente l’immagine dell’album dei Rolling Stones, Sticky Fingers, che munito di una vera zip, una volta aperta mostra gli slip indossati del modello. Una istantanea di Paul Anka viene adoperata nel 1976 per il progetto grafico dell’album The Painter. Molteplici sono le polaroid dedicate alle star della musica tra cui Steve Wonder, Ultra Violet e Grace Jones. Nel 1977 i Rolling Stones tornano in posa dinanzi ad Andy Warhol per realizzare una sequenza fotografica che tra morsi e ambigue espressioni portò alla realizzazione dell’album Love You Live. Negli anni Ottanta l’artista realizzò molte cover musicali da cui scaturiscono anche opere serigrafiche come i ritratti del volto reiterato di Miguel Bosè dal disco Milano-Madrid e Rats & Star da Soul Vacation nel 1983. Non mancano gli omaggi ad altri grandi artisti della musica come avvenne con le amiche Debbie Harry e Liza Minnelli. L’ultimo album realizzato da Warhol nel 1987, MTV High Priority, fu per la promozione dello stesso canale televisivo per raccogliere fondi per la prevenzione del tumore al seno. Il volto raffigurato in copertina rimase incompleto a causa della morte inaspettata del maestro della Pop Art.
Paul Anka- 1975.
La settima e ultima sezione è dedicata alle “POLAROID E AGLI ACETATI”. La Polaroid, oltre che un “unicum irripetibile”, è un primo fattore per il ritratto serigrafico. Pat Hackett spiega il procedimento dei ritratti che realizzava Andy Warhol: “Cominciava con il mettere il soggetto in posa e gli scattava una sessantina di foto con la Polaroid, usando esclusivamente la Big Shot. Da quelle sessanta ne sceglieva quattro e le faceva stampare per farne delle positive 8×10 su acetato. Tra tutte, sceglieva una immagine, decideva dove tagliarla e poi la truccava per far apparire il soggetto il più attraente possibile. Allungava i colli, rimpiccioliva i nasi, gonfiava le labbra, o schiariva la carnagione. In breve, faceva agli altri quello che avrebbe voluto che gli altri facessero a lui. L’immagine, così deformata, veniva ingrandita a 40×40 e da questo lo stampatore faceva la serigrafia”. Realizzò ritratti fotografici a Gianni Versace, Giorgio Armani, Arnold Scharznegger, Muhammad Alì, Francesco Clemente e Roy Lichtestein. Nella polaroid si autoritrasse en travesti e nel 1981 con l’amico Christopher Makos realizzò un book fotografico in posa maliziosa davanti alla macchina fotografica, liberandosi da ogni genere di pregiudizio sociale e lasciando volutamente percepire la fievole ambiguità e la timidezza del proprio ego. Celebre furono i Self Portraits, in cui l’artista si immortalò in molteplici pose e travestimenti degni dei migliori attori: dai semplici e timidi scatti realizzati dinanzi allo specchio, fino ai più noti realizzati nella metà degli anni Ottanta, in cui il suo pallido viso semicoperto dall’ormai inseparabile parrucca argento emerge in pieno contrasto rispetto allo sfondo completamente e volutamente buio. Da questi ultimi scatti venne generato quell’autoritratto che ha mitizzato il volto e l’espressione di Warhol in una sorta di icona bizantina post-moderna.
Self-Portrait- 1986