Apprendiamo, con sommo piacere, che lo scorso 19 luglio sono stati ufficialmente registrati al Comune di Napoli, grazie all’impegno dell’attuale Giunta, gli atti di nascita di ben undici minori, figli di nove coppie omogenitoriali. Già tre anni fa, in realtà, nel capoluogo campano, era stato possibile riconoscere all’Anagrafe il piccolo Ruben, figlio di due mamme, e dunque non possiamo che esprimere soddisfazione per questa ventata di diritti che continua a soffiare all’ombra del Vesuvio. Si tratta di riconoscimenti di fondamentale importanza dato che, come possiamo ben ricordare, manca sul piano nazionale una norma che preveda una qualche forma di tutela per le famiglie arcobaleno. Come poter dimenticare, a tal proposito, persino l’eliminazione della basilare step-child adoption (l’adozione del figlio biolgico del partner) dall’impianto del disegno di legge Cirinnà sulle Unioni Civili.
È stata, pertanto, una giornata storica e grande entusiasmo ha espresso de Magistris, anche tramite un post su Facebook:
“Oggi è davvero una bella giornata di gioia in cui si coniugano legalità e giustizia e i legami fondati sull’amore. Una giornata che cade in un momento in cui c’è qualcuno che pensa che le libertà vadano ristrette invece che riconosciute. I bambini sono tutti uguali e l’uguaglianza di diritti è uno dei capisaldi di ogni comunità e ordinamento democratico. Da oggi 11 bambini figli di coppie napoletane omogenitoriali hanno ufficialmente due genitori. Ho firmato gli atti di nascita dei bambini registrando entrambe i nomi dei genitori riconoscendo ufficialmente il loro diritto alla bigenitorialità. In particolare, per sette coppie composte da due donne si è proceduto al riconoscimento della seconda mamma per bambini già dichiarati alla nascita dalla mamma naturale, mentre per le due coppie di uomini, i cui figli sono nati all’estero in Paesi il cui ordinamento giuridico già riconosce il secondo padre, si è proceduto alla trascrizione degli atti nell’anagrafe del Comune di Napoli.” Queste sono state le parole del Sindaco.
Ormai dovrebbe essere chiaro a tutti che non esiste un solo modello di famiglia e tocca che – checché ne dicano in tanti, in primis il ministro Fontana – si entri sempre di più in una logica di parificazione legislativa. La varietà dei sentimenti umani non può essere inglobata in canoni e dogmi stantii, ed occorre che il Diritto abbracci le nuove realtà, garantendo loro totale eguaglianza rispetto a quelle che vengono chiamate famiglie naturali. Una definizione, questa, totalmente fallace se consideriamo un doppio piano di riflessione che, per supportare l’evoluzione giuridica nella quale si inserisce la scelta napoletana, avvertiamo la necessità di sviluppare sui temi della genitorialità, della filiazione e dello stesso concetto di famiglia.
Innanzitutto, come già dalla stessa narrazione evangelica – tanto cara agli oppositori ultracattolici – genitore, come nel caso di Giuseppe, non è semplicemente chi mette al mondo una creatura, ma piuttosto chi assiste, sostiene e sta vicino ad una persona in tutte le fasi fondamentali della sua crescita. E codeste attitudini di sostegno e affetto, chiaramente, prescindono dal mero orientamento sessuale. In secondo luogo, quello della famiglia è un costrutto antropologico che varia a seconda dei contesti storici, culturali e geografici; non è un paradigma immutabile segnato dalla biologia. Basti pensare che – volendo fare degli esempi, che speriamo vengano compresi – in Medio Oriente esiste, quale base familiare, il matrimonio poligamico, mentre, invece, in alcune tribù africane, ad occuparsi dei nascituri sono gli anziani o l’intera comunità.
Alla luce di ciò, dunque, ci si spieghi, di grazia, cosa c’entri la Natura, nei suoi termini strettamente biolgici di procreazione, con la concezione di nucleo familiare, inteso come unione di individui che si aiutano vicendevolmente e si occupano della formazione dei minori! È piuttosto evidente, invece, per usare un efficace slogan dell’Associazione Famiglie Arcobaleno, che “è l’amore che crea una famiglia”, specie se vogliamo definirci un Paese civile. E suscita una certa ilarità, di contro, il fatto che ad ergersi a difensori della materialità e del sesso, per questo tema specifico, siano proprio coloro i quali si fregiano di essere detentori della spiritualità e della religione.
Siamo contenti, invece, che, a Napoli, città civile, inizi ad essere chiaro che, come in una nota canzone di Ligabue, “l’amore conta”.