Oggigiorno, ognuno di noi possiede uno smartphone, la cui traduzione è “telefono intelligente”. I nostri dispositivi, infatti, oltre a permetterci di telefonare, ormai ci consentono di compiere tantissime altre attività e la connessione alla rete internet ha indubbiamente rivoluzionato il nostro modo di comunicare. Sembrano ormai lontanissimi i tempi in cui il telefono era solo quello fisso nelle case, oppure quello nelle cabine per le strade. Probabilmente, coloro i quali sono nati negli anni 2000 non ne hanno neppure mai visto uno.
È utile e doveroso ricordare, però, da chi e da cosa tutto ciò abbia avuto origine. Per la nostra rubrica Accadde oggi, nell’anniversario della sua scomparsa, avvenuta nel 1889, vogliamo allora parlare di colui il quale è considerato a tutti gli effetti l’inventore del telefono, Antonio Meucci. Nato a Firenze nel 1808 e, poi, dopo un periodo a Cuba, trasferitosi a New York – dove inizialmente impiantò una fabbrica di candele -, nel 1871, egli brevettò un apparecchio, chiamato telettrofono, il quale permetteva di comunicare a distanza tramite la voce. Costituito da un diaframma vibrante collegato a un magnete, questo gli tornava utile per comunicare dal suo ufficio con la moglie, ammalata. In realtà, già nel 1854, Meucci aveva costruito il primo prototipo di telefono ma, a causa delle precarie condizioni economiche, non era riuscito a brevettarlo prima. Nel 1871, il fiorentino fondò negli Stati Uniti, insieme ad altri finanziatori italiani, la Telettrofono Company, ma riuscì ad ottenere per la sua invenzione soltanto un brevetto temporaneo, che doveva essere rinnovato ogni anno al prezzo di 10 dollari. L’inventore ebbe la possibilità economica di rinnovarlo solo per 2 anni e per ottenere un brevetto standard avrebbe dovuto pagare 287 dollari. Meucci provò a proporre l’invenzione a una compagnia telegrafica di New York, la Western telegraph company, ma senza buon esito. Anzi, in seguito, si verificò un episodio assai controverso, in quanto, il 7 marzo 1876, Alexander Graham Bell di Boston – il quale probabilmente aveva visto il progetto dell’italiano -, depositò il brevetto, attribuendosi così la paternità del telefono. Meucci lo denunciò ma prese la causa. Seguì, comunque, una complicata vicenda giudiziaria per stabilire la priorità che, solo nel 1886, la Corte suprema dichiarò accertata definitivamente in favore di Meucci per l’invenzione del telefono meccanico, attribuendo a Bell quella del telefono elettrico. La vittoria fu però soltanto morale, in quanto fin dal 1873 il brevetto dell’inventore italiano era scaduto.
Tuttavia, una risoluzione approvata dalla Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti d’America l’11 giugno 2002 ha chiesto di riconoscere il lavoro e i contributi di Meucci verso l’invenzione del telefono, pur non accreditandolo ufficialmente come suo brevettatore.
Numerose enciclopedie, soprattutto italiane, però, accreditano Meucci come l’inventore del telefono e, negli ultimi tempi, l’opinione comune gli riconosce questo merito.
In conclusione, bisogna ricordare che il genio non inventò solo il telettrofono ma – cosa che forse non tutti conoscono – egli realizzò anche numerose altre innovazioni, tra cui le candele steariche, oli per vernici e pitture, bevande frizzanti, condimenti per pasta e riso e una tecnica per ottenere pasta cellulosica di buona qualità.