“Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni; frena la violenza e la criminalità; accelera le opere pubbliche indispensabili ; pretende il funzionamento dei servizi sociali; tiene continuamente allerta le forze dell’ordine; sollecita la costante attenzione della giustizia ; impone ai politici il buon governo.” (Giuseppe Fava)
Per chi si occupa di giornalismo e, soprattutto, per chi aspira a dedicarsi a questa professione, tanto delicata quanto importante per una democrazia che voglia dirsi sana, ci sono dei fari, delle stelle nel firmamento, che il passare del tempo non può per nulla offuscare. Parliamo di personalità di elevatissimo spessore morale, le quali, senza lasciarsi intimidire, hanno lottato per la Verità e la Giustizia, pagando addirittura con il bene più prezioso, la vita. In tal senso, oggi è doveroso, anzi necessario, ricordare lo scrittore e giornalista siciliano Giuseppe Fava, conosciuto da tutti come Pippo, il quale, da sempre attivo nella lotta alla criminalità organizzata, venne ucciso da Cosa Nostra, all’età di 58 anni, proprio il 5 gennaio del 1984. La sera di quel maledetto giorno, Fava aveva concluso il suo lavoro presso la redazione de I Siciliani, il giornale che dirigeva, ed era salito sulla auto per rincasare. Arrivato a Catania, non appena aprì lo sportello della vettura, lo scrittore fu ucciso con cinque colpi di arma da fuoco. Nei giorni immediatamente succusivi all’assassinio, prese piede un idegno clima di depistaggio, in perfetto stile mafioso, e si parlò di un delitto passionale oppure legato a ragioni economiche della vittima. In realtà, come poi ampiamente dimostrato, Pippo, dopo l’omicidio di Peppino Impastato nel 1978, fu il secondo giornalista ammazzato dalla mafia; “giornalista, giornalista”, per usare una nota citazione di un altro grande professionista ucciso in Campania dalla criminalità, ovvero Giancarlo Siani.
Dopo essersi laureato in Giurisprudenza all’Università di Catania, Fava cominciò a dedicarsi alla sua passione, il giornalismo, da subito, collaborando per alcune testate sia a livello locale che a livello nazionale. La svolta arrivò nel 1956, quando il siciliano venne assunto, in qualità di caporedattore, dall’Espresso Sera. Il suo lavoro in ascesa lo portò, dunque, a stabilirsi a Roma, dove, oltre alla conduzione del programma radio Radiorai Voi e io, scrisse per Il Corriere della Sera e Il Tempo.
Negli anni Ottanta, il giornalista tornò in Sicilia, dove, circondatosi di giovani cronisti, diventò direttore del Giornale del Sud, con il quale, con estremo coraggio, iniziò a denunciare le nefandezze di Cosa Nostra. Il quotidiano, però, ben presto venne acquistato da un nuovo gruppo di imprenditori e Fava, probabilmente perché molto scomodo, venne licenziato. Tuttavia, egli non si diede per vinto e fece partire una nuova rivista, I Siciliani, sulla quale continuò con fermezza a smascherare le attività illecite della criminalità, tra politici e imprenditori corrotti.
Il 28 dicembre del 1983, una settimana prima del suo assassinio, Fava rilasciò la sua ultima intervista a Enzo Biagi nella trasmissione Film Story, su Rai Uno.
Come si diceva, a seguito dell’uccisione, ci furono tutta una serie di depistaggi che rallentarono l’iter giudiziario. Dopo una pausa nel 1985, il processo riprese nel 1994 e nel 2003, a circa vent’anni di distanza dal crimine, arrivarono le condanne all’ergastolo per Aldo Ercolano e Nitto Santapaola e a quella a sette anni, per patteggiamento, per Maurizio Avola.
Costoro, dunque, riuscirono a uccidere l’uomo, ma non le sue idee, le quali hanno continuato e continueranno a camminare sulle gambe di tutti coloro i quali credono nel valore supremo della legalità. Oggi, tocca a noi far sì che l’esempio di Pippo possa continuare ancora a lungo a illuminare il nostro percorso.
È decisamente opportuno ricordare, infine, che Giuseppe Fava, oltre che al giornalismo, prestò la sua fine ed eccelsa penna anche all’ambito della saggistica e della narrativa. Egli, in aggiunta, si distense pure per la grande passione per il teatro, scrivendo diverse opere, di cui le più note sono, sicuramente, la prima Cronaca di un uomo (premiata e messa in scena nei teatri di tutta Italia) e La violenza.