La storia ufficiale narra di un’Italia unita grazie al mito “favoletta” della spedizione di Garibaldi e dei Mille,e di come eroicamente le giubbe rosse “liberò” il Regno delle Due Sicilie dalla tirannia,rendendo il Sud un posto migliore. E’ la classica “storia” di comodo,per giustificare l’invasione piemontese.Così come il famoso Refendum del 21 Ottobre 1860,quando a Napoli e in tutto il Sud si votò per l’annessione all’Italia. I testi ufficiali parlano di una netta vittoria del “Si” alla domanda “Il popolo vuole l’Italia una ed indivisibile con Vittorio Emanuele re costituzionale, e suoi legittimi discendenti? SI / NO“. All’apparenza nulla di irregolare,bastava rispondere semplicemente, ed effettivamente la maggioranza dei “Si” sancì l’annessione,ma in realtà le cose sono andate un pò diversamente da come spesso sono raccontate. L’inizio di questa triste pagina storica è da fissarsi con il 2 Ottobre,quando Cavour chiese al parlamento piemontese di annettere al Regno,tramite un drecreto,tutte le province che avessero votato per l’unione al regno di Vittorio Emanuele,attraverso un plebiscito. La notizia velocemente arrivò a Crispi e Garibaldi,a Napoli,che decisero di procedere. In realtà già da parecchi giorni si stava discutendo sulla possibilità di far scegliere al popolo,con un voto o decidere attraverso un’assemblea in grado di raggiungere le condizioni dell’annessione.Ma come proporre un plebiscito?Si doveva parlare di unificazione o di annessione?Le notizie napoletane arrivarono velocemente anche in Sicilia,dove Giuseppe Mordini,invece aveva deciso per far decidere ad un’assemblea,la scelta.Mordini,infatti,si convinse di appoggiare le volontà di Garibaldi,sciolse l’assemblea e convocò il plebiscito il 21 Ottobre,come si era stabilito di fare anche a Napoli.Garibaldi,il 15 Ottobre,dichiarò che “Le due Sicilie fanno parte integrante dell’Italia e che egli stesso deporrà la Dittatura nelle mani del Re“,giusto per sottolineare che alla fine la scelta del popolo poco sarebbe importata. Altre dichiarazioni,di personaggi che nella “Storia” sarebbero diventati il simbolo italiano per eccellenza,furono ancora più gravi,per esempio in una riunione con i suoi ministri,Vittorio Emanuele II,quello che alcuni considerano “Il padre della patria”,dichiarò con estrema superficialità,parlando della sicura vittoria del “si” “unirsi con i meridionali era come mettersi a l etto con un malato di vaiolo!“.Anche Massimo D’Azeglio non fu da meno “Meglio andare a letto con un lebbroso che con un meridionale“.Dichiarazioni che fanno ribrezzo,che ancora oggi negli stadi di tutta “Italia” riecheggiano contro il Sud,noi “Terroni” noi “Colerosi” noi “Non degni di appartenere all’Italia”.Pensare che questi personaggi sono ricordati come salvatori della patria (Che ancora oggi ci si chiede di quale “patria” si parli), a cui hanno dedicato strade,scuole,piazze….Continuando con la cronaca di quei giorni,come abbiamo detto si votava “Si o No” alla domanda “Il popolo vuole l’Italia una ed indivisibile con Vittorio Emanuele re costituzionale, e suoi legittimi discendenti?“. Il voto era dato per bollettino stampato dove erano ben visibili le due risposte,una volta piegata la scheda doveva essere consegnata al presidente del comitato elettorale che deponeva la scheda in un’urna chiusa.In pratica sono passati più di 150 anni e non è cambiato molto…tranne per il fatto che il voto non era per niente segreto e vista la modalità,il “No” non aveva nessuna speranza di vittoria. Lo storico Cesare Cantù descrive così quella giornata “…il plebiscito giungea fino al ridicolo, poiché oltre a chiamare tutti a votare sopra un soggetto dove la più parte erano incompetenti, senza tampoco accertare l’identità delle persone e fin votando i soldati, si deponevano in urne distinte i Sì e i No, lo che rendeva manifesto il voto”. Il 21 Ottobre 1860 il Plebiscito “farsa” iniziò a Napoli e in tutte le province del Regno delle Due Sicilie.A Napoli erano state messe due urne davanti la chiesa di San Francesco di Paola,di fronte Palazzo Reale.Le urne erano due,una per il “Si” e una per il “NO”.Il voto avveniva davanti una folta schiera di soldati garibaldini,guardie nazionali e soldati piemontesi. Il giorno prima,per le strade,dei manifesti dichiaravano “Nemico della Patria” per chi si fosse astenuto o avesse votato per il No. (Alla faccia del referendum e reale scelta popolare). I primi a votare furono gli esponenti della malavita napoletana, poi fu il turno dei garibaldini (Pochi quelli veramente italiani,la maggior parte erano stranieri) e i soldati piemontesi.Quando toccò ai civili,chi tentò di votare No,fu bastonato,qualcuno addirittura fu assassinato e visto che all’epoca non venivano registrati i votanti,molti votarono in tutti i comizi elettorali che si erano costituiti a Napoli.Nell’analogo modo in tutto il Regno si votò,destinando il “plebiscito” solo nei centri dove erano presenti i militari,che ricorsero ad ogni genere di violenza per assicurarsi la vittoria del “Si”.La farsa fece scoppiare una rivolta violenta contro l’invasore piemontese,che velocemente si propagò a macchia d’olio in tutto il Sud,fu una vera e propria guerra che si protasse per più di dieci anni,una guerra in cui gli “eroi” piemontesi si macchiarono di delitti e distruzioni,che non si erano mai visti in nessuna altra guerra.