“Io accetto un film o non lo accetto in funzione della mia concezione del cinema. E non si tratta qui di dare una definizione del cinema politico, cui non credo, perché ogni film, ogni spettacolo, è generalmente politico. Il cinema apolitico è un’invenzione dei cattivi giornalisti. Io cerco di fare film che dicano qualcosa sui meccanismi di una società come la nostra, che rispondano a una certa ricerca di un brandello di verità. Per me c’è la necessità di intendere il cinema come un mezzo di comunicazione di massa, così come il teatro, la televisione. Essere un attore è una questione di scelta che si pone innanzitutto a livello esistenziale: o si esprimono le strutture conservatrici della società e ci si accontenta di essere un robot nelle mani del potere, oppure ci si rivolge verso le componenti progressive di questa società per tentare di stabilire un rapporto rivoluzionario fra l’arte e la vita”
Il 6 dicembre del 1994, 26 anni fa, sul set del film greco Lo sguardo di Ulisse, di Theo Angelopoulos, veniva a mancare, per un attacco cardiaco, all’età di 61 anni, Gian Maria Volonté. Con la sua personalità poliedrica, le sue grandi abilità tecniche, la sua sensibilità artistica, la sua arguzia nella caratterizzazione dei personaggi e la sua presenza imponente sullo schermo, egli è stato, senza dubbio, uno dei maggiori attori della storia del cinema italiano e non solo. Raggiunta la fama internazionale ricoprendo il ruolo del cattivo negli spaghetti western di Sergio Leone, Volonté, nel corso della sua proficua carriera, divenne l’attore-simbolo del cinema d’impegno civile, sotto la direzione di registi del calibro di Francesco Rosi, Elio Petri e Giuliano Montaldo.
Nato a Milano il 9 aprile del 1933, ma cresciuto a Torino, egli iniziò la carriera teatrale dopo essersi diplomato, nel 1957, all’Accademia d’Arte Drammatica. Fra le maggiori interpretazioni teatrali del periodo sono da menzionare Fedra, Sacco e Vanzetti, Giulietta e Romeo, Sogno di una notte di mezza estate e Il Vicario. L’attore, però, ottenne un notevole successo verso il grande pubblico con gli sceneggiati televisivi L’Idiota, tratto dal romanzo di Dostoevskij e Il Caravaggio
Volonté, successivamente, esordì sul grande schermo nel 1960 con Sotto dieci bandiere, di Duilio Coletti. A questa pellicola fecero seguito, fra le altre, Le quattro giornate di Napoli, Un uomo da bruciare e Il terrorista. Gli anni Sessanta, in aggiunta, videro l’attore protagonista, come si diceva, nel ruolo di banditi malvagi nei primi western di Sergio Leone: Per un pugno di dollari del 1964 e Per qualche dollaro in più, dell’anno successivo. Nel 1966, poi, egli fu chiamato per L’armata Brancaleone di Mario Monicelli.
In questi anni, Volonté iniziò ad interessarsi a film più impegnati dal punto di vista politico e sociale e le sue scelte artistiche furono, a tutti gli effetti, scelte politiche. Egli, infatti, interpretò il professore di liceo che indaga su un delitto di mafia in A ciascuno il suo; il delirante omicida capo dell’ufficio politico della questura in Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto; il nevrotico operaio Lulù Massa in La classe operaia va in paradiso; il fiero anarchico Bartolomeo Vanzetti in Sacco e Vanzetti di Giuliano Montaldo e il filosofo eretico Giordano Bruno; l’ufficiale che comprende l’inutilità della guerra in Uomini contro; lo scomodo capo dell’Eni ne Il caso Mattei; lo scrittore e pittore Carlo Levi in Cristo si è fermato a Eboli; lo spregiudicato capo-redattore di un quotidiano in Sbatti il mostro in prima pagina; il militante che cerca di sottrarsi alla conformità comunista ne Il sospetto e il ritratto malinconico di Aldo Moro ne Il caso Moro di Giuseppe Ferrara.
Nei primi anni Ottanta, infine, l’attore lavorò per la televisione, in diverse pellicole commissionate dalla Rai: La vera storia della signora delle camelie e La Certosa di Parma, entrambi di Mauro Bolognini.
Il suo ultimo film, prima di morire, fu il tiranno Banderas del 1994, di José Luis Garcìa Sànchez.