Finalmente il nuovo libro di Antonio Mocciola, regista e autore napoletano che ci ha sempre sorpresi con lavori originali e provocatori. Questa volta si tratta di una storia alquanto inedita per molti, ma che sarà destinata a suscitare scalpore. Il volume Adolf prima di Hitler editato da Marotta&Cafiero, è tratto da una sua precedente opera teatrale.
Senza che vi anticipo nulla, leggete questa succulenta intervista…
Come ti sei documentato per realizzare lo spettacolo e poi il libro?
Tra tutti i testi e le testimonianze che ho studiato, sono stati fondamentali “I testicoli di Hitler” e soprattutto “Il giovane Hitler che conobbi”, scritto dallo stesso Kubizek, molti anni dopo la sua frequentazione con Adolf, che nel frattempo era morto da 8 anni.
I dialoghi sono molto intimi e precisi, da dove hai tratto spunto?
Da quello che Kubizek ha raccontato nel suo diario, e da un concetto caro a chi scrive: la plausibilità. Nessuno può sapere come sono andate le cose, se non i protagonisti. A noi esegeti creativi spetta una ricostruzione credibile e coerente.
Di solito si estrae uno spettacolo da un libro, qui è il contrario; cosa hai aggiunto/omesso nel volume rispetto al testo teatrale?
La narrativa ti consente molte più libertà d’azione e sviluppi laterali, rispetto agli spazi costrittivi del teatro. Devo dire che non avrei mai pensato di scriverne una versione narrativa, ma Rosario Esposito La Rossa, mio amico da tanti anni e a capo della Marotta&Cafiero, mi ha coinvolto e convinto. Rispetto allo spettacolo teatrale ci sono dei personaggi in più, ed accompagno i protagonisti anche in altri contesti, cosa che sul palcoscenico sarebbe stata difficile da descrivere.
L’amore tra i due protagonisti è sempre trattenuto, mai leggero, romantico, anche in privato, perché?
Perché sarebbe stata una forzatura. Con ogni probabilità il desiderio erotico, che traspare evidente dal suo libro, era tutto di August verso Adolf. Quest’ultimo aveva il potere manipolatorio. Ritengo che Adolf fosse interessato più al controllo mentale che al sesso tout court. In questo August era senz’altro più semplice e risolto.
Hitler è una figura storica “brutale” legata a particolari eventi, tu lo presenti in una veste umana e sembra (a mio parere) quasi un inetto/rammollito; il tuo intento con questo libro quale è?
Non dobbiamo farci condizionare da quello che sappiamo dell’Hitler adulto. Adolf diciottenne era uno dei tanti, confuso, sognatore, orfano, povero. Col senno di poi tutto può essere riletto alla luce degli eventi. Ma nel libro ci sono solo sprazzi, prodromi di quello che sarà. Era senza mestiere, senza diplomi, senza arte né parte. Più che inetto lo descrivo per quello che era: un ragazzo perso.
La parola nazismo è sinonimo di violenza, chiusura, e il suo “credo” nella mente di tante persone esiste ancora; non ti preoccupa una reazione fuori controllo da parte di qualche adepto?
Ma no, non sarà certo questa versione “post-adolescenziale” a turbare gli adepti, per i quali auguro tutto il peggio possibile. Mi preoccupa di più chi, ancora oggi, rimpiange quell’epoca. Nel governo Meloni ce ne sono diversi.
A chi non piacerà questo libro?
A chi ha pregiudizi, a chi pensa che Adolf Hitler sia nato con baffetti e braccio teso. Le cose accadono, e prima che accadano si sviluppano, crescono. Dietro un mostro c’è altro, ho provato solo a mostrarlo. Non certo per giustificarlo (la mia storia politica lo dimostra) ma proprio il contrario, per invitare a capire i segnali di pericolo in certi meccanismi umani, e prevederli. Se Hitler non avesse trovato attorno a sé una società pronta feroce e pronta alle armi, sarebbe stato solo un innocuo predicatore.