Chi l’ha detto che i libri a tema LGBT debbano essere sempre farciti di tutti i luoghi comuni che conosciamo? Locali, sesso promiscuo, chat-room, invidie, gelosie e relazioni aperte. A questo siamo abituati e forse se non ne troviamo ci sembra paradossalmente strano.
Il libro: Affinità Divergenti, di Roberto Maggiani, (ediz. Italic pp.125) autore e editore, pur essendo un lavoro a tema LGBT ha il valore di spiazzare tali luoghi comuni e la forza di imprimersi nella mente, pagina dopo pagina, per la sua semplicità, dando vita ad una storia delicata, disarmante e speranzosa.
Il tema del libro è l’amore, semi platonico di Tommaso per il suo compagno di scuola Nathan, etero e disabile. I due sono legati da un’amicizia forte e leale che non cede mai fino alla fine. Le loro caratteristiche e i modi di essere invece che allontanarli li uniscono ancora di più. Cosa posso avere in comune un giovane gay e un altro etero affetto da diplegia? Un forte legame che supera tutti pregiudizi (e limiti fisici) sugli omosessuali e sulla disabilità.
Ma, senza dire altro, passerei la parola all’autore.
Salve Roberto, molti dei miei lettori non ti conoscono ancora, parlaci un po’ di te
Ciao a te, Carlo, e ai tuoi lettori, grazie a te e a loro per l’attenzione che mi state dedicando leggendo queste poche righe che mi riguardano. Siccome i tuoi lettori non mi conoscono, mi descrivo: sono un figo da paura, alto, con capelli fluenti biondi, occhi verdi e un fisico scolpito da nuotatore… amo volare e quando sono stanco vado a risposarmi sulla Luna, dove arrivo in pochi attimi, da lì sdraiato osservo la Terra e mi rilasso nel suo azzurro incastonato nell’oscurità del cosmo, la penso brulicante di vita che da lassù non vedo; poi, allungando la mano, la metto tra il pollice e l’indice e mi dico: “Potrei polverizzarla in un attimo, per l’universo cosa cambierebbe?”. Non lo faccio perché ho troppi affetti su questo pianeta e molte cose da fare ancora: una casa editrice da portare avanti, nuovi autori da scovare, un nuovo romanzo da scrivere e una mia raccolta di poesie da pubblicare… come vedi sono uno che ama raccontare storie e inventare personaggi ma non mi piace andare a mendicare attenzione e lettura, ogni tanto mi propongo, così, a tempo perso. Le storie e le poesie le scrivo per chi amo. Io sono un Fisico, questa volta nel senso scientifico, e ho la tanto agognata “Teoria del Tutto” pronta nel cassetto ma non voglio consegnarla all’umanità, non siete pronti, cosa potrebbe succedere se scopriste quello che ho scoperto io dell’universo? Va bene Carlo, mi stai simpatico, in anteprima ti scrivo qui la formula finale, quella risolutiva, ma senza darti le coordinate della realtà parallela che servirebbe a sbloccarne la potenza, senza la“chiave di sblocco” non potete farci nulla, eccola: 3=)(=8
Le affinità divergenti, almeno come le ho intese io, sono il punto in comune tra due persone diversissime. Il punto in comune dei protagonisti è: l’amicizia. E’ corretto?
Ovviamente ti stai riferendo al mio ultimo romanzo, pubblicato con l’editore Italicpequod nel novembre 2018, il cui titolo è “Affinità divergenti”. Ebbene sì, penso che in qualche modo tu dica bene. Si tratta di due persone molto diverse, per quanto riguarda il fisico ma anche per quanto riguarda le prospettive di vita. Nathan è un ragazzo diplegico negli arti inferiori ma molto bello e, soprattutto, intelligente, Tommaso invece è un ragazzo senza nessuna disabilità, anche lui bello e molto intelligente. Nathan è eterosessuale e vorrebbe innamorarsi di una ragazza e mettere su famiglia. Tommaso è omosessuale, ma anche lui vorrebbe mettere su una famiglia, e qui c’è affinità. Si conoscono alle scuole superiori, durante gli anni magnifici e instabili della loro adolescenza, diventano grandi amici, di più, Tommaso si innamora di Nathan… e non dico altro. Due ragazzi affini ma divergenti, come sono tutti i ragazzi del mondo, tutti uguali ma diversi: è proprio la loro stessa natura ad aggregarli, hanno bisogno di riunirsi e di riconoscersi l’un l’altro ma allo stesso tempo non vogliono essere confusi con gli altri coetanei, vogliono essere sé stessi fino alle estreme conseguenze della divergenza. Per il resto leggetevi il romanzo.
Tommaso il protagonista sembra un po’ fuori dal mondo, non si contraddice mai, il bene del suo amico è di importanza primaria, anche a discapito di se stesso. Come ti è venuto in mente un personaggio così buonista?
E qui cerchi rogna. La parola “buonista” mi infastidisce, non sai quanto. Mi permetto di giocare un po’. Ovviamente Tommaso non è buonista e se lo si mette, come tu dici,“fuori dal mondo” è soltanto perché le coordinate del nostro mondo mancano di tutta una parte: il mondo, in poche parole, deve essere allargato per far sì che Tommaso non ne risulti fuori. Se ci pensiamo bene, per ogni nuovo vero incontro con una persona è necessario fare l’“allargamento del mondo”, l’accoglienza richiede questo: allargare il nostro mondo per comprendere altro, altro che ci è talvolta ignoto, altri modi di fare, di agire, di pensare. Ovviamente non ce l’ho con te Carlo perché hai dato del “buonista” al mio Tommaso, anzi tu mi offri l’opportunità di sottolineare, per i posteri, un concetto per me importante. Credimi, ne ho fatti di guai prima di arrivare a capire quanto adesso ti esplicito meglio.
La realtà, o se preferisci il mondo in senso lato, per semplicità vita, non può considerarsi mai limitata alle esperienze, ai pensieri e alle idee che ciascuno di noi, persona, ha fatto o possiede. Ci sono “cose” che avvengono e non pensiamo minimamente che possano avvenire, ci sono esperienze e modalità di azione, pensieri e stili di vita che talvolta nemmeno ci sfiorano nell’immaginazione, ma nel momento che qualcuno le realizza, le esprime e, in qualche modo, le mette dentro le coordinate della nostra vita personale, allora dobbiamo prendere atto che ci sono, sono possibili, sono, per così dire, naturali anch’esse. Talvolta certi modi di pensare e vivere ci risultano così estranei che agisce immediatamente in noi un pensiero categorizzante e netto che taglia la testa a ogni modalità esistenziale differente: sono i preconcetti, molto spesso governati dall’ignoranza (si tratta di un’ignoranza inevitabile, non possiamo sperimentare tutti modi di vivere possibili, una vita non basta), dicevo, sono i preconcetti ad agire in noi, portandoci ad approssimare un intero mondo-altro con una parola, in questo caso, riferendoci a Tommaso, la parola è: “buonista”. In altri casi, molto più gravi di questo (che non è grave per nulla) la parola malamente approssimativa può essere: “frocio”. In altri casi può essere: “negro”. E via così dicendo. Tutto ciò che non ci appartiene, o meglio, sembra non appartenerci, viene etichettato con una parola approssimativa e tagliente, solo perché sta fuori dalle coordinate del nostro piccolo mondo. È ricco colui che sa integrare nel proprio mondo, anzi, di più, che sa allargare i confini del proprio mondo per entrare nel mondo altrui e lì sa viverci senza dimenticare la propria terra e senza devastare la terra degli altri. Tommaso ama Nathan. Il problema è l’amore. Che idea abbiamo dell’amore? Non significa forse entrare in una terra straniera, modificare le nostre coordinate esistenziali allargandole? Tommaso ha un’idea ben precisa dell’amore, ma non è solo un’idea è qualcosa che sente salire dall’anima e lo porta ad agire nel modo che hai categorizzato come “buonista”. Chi gli ha insegnato ad amare in modo “buonista”? Sicuramente la famiglia ha saputo creare un contesto adeguato per la sua espansione affettiva, lui, Tommaso, sa, così ha imparato, che amare veramente una persona vuol dire “fare all’altro quello che vorresti fosse fatto a te stesso”, lo insegna il Vangelo (la famiglia di Tommaso è cattolica, ma non bigotta) tuttavia chi ama lo fa senza dover leggere il Vangelo: Tommaso sente fortemente che per lui amare Nathan significa vivere la sua stessa vita, con la stessa potenza, lo stesso sacrificio e la stessa gioia che una madre o un padre mettono in atto verso il proprio figlio, ma qui l’amore assume anche caratteri di attrazione fisica importanti, è diverso ma l’amore ha la stessa forza. Senza di tutto questo vedo difficile parlare di amore, forse di vaga attrazione, magari un po’ egoistica. Se ci pensi, tu e i tuoi lettori, quando vi siete innamorati, se vi è successo mai veramente, avete pensato all’altro/a con una tale cristallina gioia da emozionarvi ed sentirvi proiettati in una situazione di donazione totale? A me è successo, Tommaso sono io, per me l’amore è questo. Posso testimoniarlo. È necessario allargare i confini della nostra vita, non possiamo che arricchirci. Il “buonismo” possiamo lasciarlo per qualche altra situazione… magari quando elemosiniamo un po’ di bene ma non più di tanto, quando pensiamo nei confronti di una persona: “fino a qui ci arrivo ma più di questo non mi chiedere”; o quando facciamo l’elemosina per strada, situazione simile a un amore vissuto senza piena donazione: “ti do questi cinquanta centesimi, così sto a posto”.
Se mi innamorassi di te saresti fortunato. Ma non succederà, ho già dato e sto ancora dando. Tuttavia, ti auguro di innamorarti come Tommaso.
Non sono stato buonista, vero?
Fine prima parte