Prendi una persona qualsiasi nata fra gli anni 70 e 80 e chiedi “Chi è Terence Hill“? Il viso gli si illuminerà volando con la mente in quegli anni in cui i cinepanettoni non esistevano e si aspettava il film di Natale con le scazzottate della coppia Bud Spencer e Terence Hill,il binomio perfetto che per più di un decennio ha divertito un’intera generazione. Quei ragazzi oggi sono cresciuti e il nostro Trinità è diventato Don Matteo, con una bici al posto del suo cavallo, senza però mai tradire la sua spontaneità,il suo sorriso timido e sornione,le sue espressioni che resistono al tempo e allo spazio. Un eroe del nostro cinema, un patrimonio culturale che ha saputo ritornare in pista nonostante la vita, quella reale, non sia stata generosa quanto il successo dei suoi film.
Dopo oltre vent’anni dal suo ultimo film per il cinema, ricordiamo la sua ultima interpretazione con Potenza virtuale del 1997, il nostro Terence ritorna con “Il mio nome è Thomas“, ripercorrendo in un’ora e mezza la sua intera carriera, condensata in una trama che fin dai primi minuti incolla lo spettatore alla proiezione. E in questo film c’è davvero l’intera vita dell’attore con citazioni e riferimenti velati e non,da Trinità a Renegade una lunga sequenza di ricordi e evocazioni, che come una macchina del tempo, trasporta in quel periodo storico dove ci si divertiva con pugni, birra e salsiccia. La trama del film è lineare, semplice e veloce, in cui i due protagonisti, Terence Hill e Veronica Benedetta Bitto, si incontrano per puro caso, ognuno con il suo bagaglio da portare con fatica, ognuno con la sua voglia di fuga e rinascita,ognuno con le sue speranze. Un viaggio, un road movie che termina nello splendido deserto dell’Almeria, in Spagna, un film che per alcuni versi colpisce il cuore, rievocando in ognuno la voglia di reinventarsi e ritrovarsi.