Ammore e Malavita è la nuova commedia/musical dal carattere pulp dei registi Antonio e Marco Manetti, in arte Manetti Bros. I registi tornano a Napoli dopo il loro successo Song’ ‘e Napule, un film di musica e crimine, quasi fratello della loro ultima opera. Questa però si rivela essere un patchwork di generi più complesso, dove la camorra si unisce per la prima volta alla musica e alla comicità. I Manetti conservano parte del cast del precedente film: ritornano Giampaolo Morelli che interpreterà Ciro, Serena Rossi nei panni dell’innocente Fatima, Franco Ricciardi che sarà Gennaro, la mano destra di Don Vincenzo Strozzalone, conosciuto come ” ‘o rre d’o pesce”, interpretato da Carlo Buccirosso. Il film è stato presentato in concorso alla 74° edizione del Festival di Venezia, vincendo vari premi collaterali, come il Pasinetti per miglior film.
Don Vincenzo è uno dei più importanti boss della camorra. Dopo essere scampato a un tentato omicidio ai suoi danni, la moglie cinofila (interpretata da Claudia Gerini, “straniera” adottata napoletana) lo convince a interpretarsi morto per potersi godere libertà e soldi, sulle orme di Si vive solo due volte di 007. Il piano sembra filare liscio, fin quando Fatima, un’infermeria di turno, vede il boss vivo e pronto ad essere operato, diventando un pericoloso testimone. Alla sua caccia partiranno le tigri, Ciro e Rosario (interpretato da un sorprendente Raiz, cantante degli Almamegretta), una coppia di killer e amici addestrati militarmente e marzialmente. L’infermiera però si rivela essere l’amore adolescenziale e mai dimenticato di Ciro, che si ritroverà costretto a scegliere tra la lealtà alla malavita o l’amore. Amore che nel film viene rappresentato appieno: l’amore intimo ed egoistico di Don Vincenzo e sua moglie, l’amore innocente e romantico tra Ciro e Fatima, ma anche l’amore che c’è nell’amicizia delle due tigri e l’amore tra padre e figlia.
Il film è ambientato a Napoli ed è recitato quasi interamente in dialetto. Qui però la metropoli è protagonista indiretta, cornice della trama e fonte di ispirazione. I registi definiscono il film “una personale rivisitazione della sua forma artistica più densa e popolare, la sceneggiata”. Il film dei Manetti vuole essere “un regalo alla città stessa” e si scaglia con un’ironia tagliente contro quel filone cinematografico e televisivo che rappresenta solo il lato negativo della città, quello che loro chiamano “il gomorrismo“. Due romani riescono in un’impresa in cui molti napoletani spesso falliscono: riescono a dare una visione indiretta di Napoli nella sua interezza. Il degrado c’è, ma al suo interno c’è anche luce che viene rappresentata in Fatima, una ragazza onesta delle vele. Con un tono dissacratorio e intelligente prendono in giro molti elementi caratteristici, in una scena dove Pino Mauro canta nel mezzo di Piazza del Plebiscito su un trono di corni.
Ho sempre pensato che Napoli fosse una città molto pulp. Lo è per la camorra, per la violenza, per la melodrammaticità e la cafonaggine di alcuni dei suoi abitanti. E questo l’hanno capito bene i Manetti Bros. che lo evidenziano in ogni aspetto del loro film: la locandina, con il vinile e la pistola a simboleggiare la musica e il crimine, in un’estetica molto vicina al pulp. Il trailer è accompagnato da un riff di chitarra che ricorda molto Misirlou, la canzone rappresentativa di Pulp Fiction. Spesso, quando vengono rivelati dettagli importanti, l’inquadratura viene zoommata sul volto dei personaggi, aumentando la tensione. Ci sarà un momento dove Ciro schiverà due pallottole, come se fosse in Matrix. E le tigri in generale: il duetto di assassini più pulp del cinema italiano, che sfrecciano per la città a bordo di moto da cross con caschi tigrati, le pistole con motivi floreali di Rosario e la loro mancanza di scrupoli. Manca il sangue, caratteristica fondamentale, ma avrebbe potuto dar fastidio e cozzare con i toni prettamente comici del film.
Aspetto fondamentale di tutto il film è ovviamente la musica: le canzoni sono molte e accompagnano la trama. A volte scoprono il passato, come nel caso di L’ammore overo, cover di What a Feeling dei Flashdance, altre volte arrivano persino a sostituire il dialogo, come il rap di Ivan Granatino quando si confronta con Rosario e altre volte fa da preludio al film. L’accompagnamento musicale è molto presente e detta il ritmo della narrazione, aiutando il film ad assumere un’identità ancora più musical(e). La musica richiama il neomelidico, ma in realtà affonda le sue radici nell’RnB afroamericano, nel pop anni ’80 e nel rap italiano e americano.
Il film esce nelle sale italiane il 5 ottobre ed è un divertente esperimento, zeppo di musica, pallottole, amore e intrighi. Grazie alle ottime interpretazioni degli attori, riuscirà a donare al pubblico risate e non solo per tutta la sua durata.