Autore: Abdellah Taia; casa editrice Funambolo; anno prima pubblicazione 2020; pp 117
Sinossi:
Rabat. Metà degli anni ’80. Un giovane adolescente, Abdellah, durante l’ora della siesta, è alla ricerca di un suo amico. Un gruppo di ragazzi lo aggredisce, lo insulta, tenta di violentarlo. Sta al gioco. Si sente morire. Scappa. Corre via da una società omofoba che vuole etichettarlo, lui che ha già conosciuto il desiderio omosessuale. Sarà la prima di quattro dolorose cadute in ognuna delle quali Abdellah si sentirà morire, piccole morti interiori, dalle quali ne uscirà più forte e consapevole di prima per correre verso il proprio sogno, diventare un regista. Corre via. È la sua unica forza, il suo unico modo per affrontare la violenza del suo Marocco e il turbinio di alcuni amori sbagliati. “Melanconia araba” mostra il corpo e l’anima poetica di un giovane marocchino che inciampa nei virtuosismi del destino, muore in senso metaforico e rinasce, amputato ma più forte di prima. A Salé. A Marrakech. A Parigi. Al Cairo. Taïa ripercorre le tappe di una educazione sentimentale rivisitando i luoghi della memoria, descrivendo lo scompiglio di un “io” nel mezzo di una battaglia, con uno stile intimo, incisivo, poetico.
Le mie impressioni:
Una lunga poesia di chi ha il cuore aperto, ferito, offeso dalla parola “zamel” (frocio/passivo in arabo). Inizia da lontano il libro di Abdellah, biografia scritta di suo pugno. Il primo autore arabo a fare coming out come gay.
Recitare un ruolo, e poi non recitarlo più. Il ragazzo più grande che abusa di lui, lui vittima consenziente, nelle case abbandonate, al buio, rivolgendosi a lui con nomi femminili, e a lui piace.
Un ragazzino che vaga senza sosta per i “blocchi” del suo quartiere, senza meta; un cane randagio effeminato che tutti conoscono e disprezzano. Abdellah ama gli amori complessi, senza troppi preamboli. L’amore che va vissuto subito, prima che si sciupi, prima che finisca. Javier, il suo amore parigino, lo manovra a suo piacimento , e a lui piace. Abdellah ama le storie autodistruttive, non trova nessuno che cerca ciò che vuole lui. Vittima del suo essere gay, del suo amore. Malinconico, “melanconico” come solo un arabo sa essere, e Parigi, la città malinconica per eccellenza si sposa perfettamente con il suo stato d’animo. Diversissima dal colorato Marocco, dove è nato.
Un uomo che manifesta una fragilità emotiva già da giovanissimo, la malinconia è la sua “reazione” al mondo che lo circonda. A Parigi come a Il Cairo, la malinconia lo divora, c’è sempre qualcuno o qualcosa che lo fa soffrire, si “attacca” ossessivamente a tutti. Cambia città ma i suoi demoni lo seguono.
Abdellah scrive e le parole sono un fiume in piena. Tenersi tutto dentro fa male, e se poi le emozioni le trascrivi nascono libri belli come questo.