Nel panorama cinematografico del 2025, pochi film hanno saputo mescolare con efficacia tensione, erotismo e critica sociale quanto Babygirl, diretto da Halina Reijn. L’acclamata regista olandese, già nota per il suo lavoro su Bodies Bodies Bodies (2022), torna con un’opera ambiziosa che esplora le dinamiche del potere attraverso il prisma di una relazione proibita. Con una straordinaria performance di Nicole Kidman, il film si colloca tra i titoli più discussi dell’anno, conquistando sia la critica che il pubblico internazionale. Ma Babygirl è davvero un thriller erotico che riesce a lasciare il segno o si limita a sfiorare tematiche complesse senza affondare il colpo?
Un intreccio di desiderio e pericolo
La storia ruota attorno a Romy Mathis (Nicole Kidman), un’affermata CEO che si trova intrappolata in un matrimonio stanco con Jacob (Antonio Banderas). Il suo bisogno di evasione la spinge a intraprendere una relazione con Samuel (Harris Dickinson), un giovane stagista che incarna l’ideale di libertà e spregiudicatezza. Ciò che inizia come un gioco di seduzione si trasforma presto in una spirale di tensione emotiva e conseguenze inattese. Il climax del film raggiunge il suo apice quando la relazione segreta viene scoperta, portando Romy a confrontarsi non solo con le ripercussioni personali e professionali, ma anche con le logiche perverse del potere.
Il film non si limita a raccontare una storia di passione e trasgressione: Babygirl è un’analisi delle dinamiche di dominio e sottomissione, sia nel contesto lavorativo che in quello privato. La relazione tra Romy e Samuel non è solo sessuale, ma diventa un territorio di negoziazione di potere in cui i ruoli si ribaltano inaspettatamente. La sceneggiatura di Halina Reijn è attenta nel costruire questa tensione, evitando di scadere nel cliché della donna matura seduttrice e del giovane ingenuo, e ponendo piuttosto l’accento sulla reciproca manipolazione.
Nicole Kidman: una performance magistrale
Se Babygirl riesce a mantenere alta l’attenzione dello spettatore, gran parte del merito va a Nicole Kidman. L’attrice australiana offre un’interpretazione magnetica, in bilico tra vulnerabilità e spietatezza. La sua Romy è una donna complessa, segnata da anni di lotta in un mondo dominato dagli uomini, ma anche incapace di riconoscere i propri limiti emotivi. La performance di Kidman è stata giustamente premiata con la Coppa Volpi a Venezia, confermando ancora una volta la sua capacità di trasformarsi per ogni ruolo.
Anche Harris Dickinson si distingue nei panni di Samuel, offrendo un’interpretazione che va oltre la semplice figura del giovane amante. Il suo personaggio evolve nel corso del film, passando dall’essere una pedina nel gioco di Romy a un uomo capace di imporsi con una propria volontà. Antonio Banderas, nel ruolo del marito tradito, aggiunge profondità alla narrazione, evitando il facile stereotipo dell’uomo abbandonato e restituendo invece un personaggio tormentato e umano.
Regia e atmosfere: il tocco di Halina Reijn
Dal punto di vista stilistico, Halina Reijn dimostra ancora una volta la sua maestria nel creare atmosfere dense di tensione. Babygirl è un film elegante, giocato su contrasti cromatici e una fotografia raffinata che enfatizza gli ambienti lussuosi e al tempo stesso opprimenti della vita di Romy. La regista utilizza inquadrature intime e taglienti per sottolineare la crescente ossessione dei protagonisti, mentre le scene di passione, sebbene audaci, evitano il voyeurismo gratuito a favore di un erotismo psicologico più sottile.
Tuttavia, sebbene l’impianto visivo e la recitazione siano di alto livello, il film soffre di alcune debolezze narrative. La sceneggiatura, pur affrontando temi intriganti, non sempre riesce a spingerli fino in fondo. L’esplorazione del potere femminile nel mondo aziendale rimane accennata, senza approfondire davvero le implicazioni della posizione di Romy. Inoltre, il climax del film, che culmina nella rivelazione della relazione e nelle sue conseguenze, appare risolto in maniera troppo rapida, quasi affrettata rispetto alla costruzione della tensione nella prima parte.
Accoglienza e impatto
La critica ha accolto il film in modo generalmente positivo. Su Rotten Tomatoes, il punteggio del 76% riflette un consenso solido, mentre Metacritic assegna un 79/100, indicando recensioni favorevoli ma non entusiastiche. Molti critici hanno apprezzato la performance di Nicole Kidman e la regia di Reijn, ma alcuni hanno lamentato una sceneggiatura che non osa abbastanza.
Antonio D’Onofrio su Sentieri Selvaggi descrive il film come «più divertente che trasgressivo», sottolineando il tono grottesco con cui vengono affrontate le dinamiche di potere. Jacopo Gramegna su CineFacts invece enfatizza la capacità del film di trattare il potere come un gioco, piuttosto che come una condanna. Questo doppio registro, tra thriller e satira, è una delle caratteristiche che rendono Babygirl un’opera particolare, ma anche difficile da catalogare.
Conclusioni: un film affascinante, ma non completamente riuscito
Babygirl è un film che merita di essere visto, soprattutto per la straordinaria interpretazione di Nicole Kidman e per la regia elegante di Halina Reijn. Tuttavia, nonostante un inizio avvincente e un’atmosfera seducente, la narrazione non riesce a essere completamente incisiva. L’analisi delle relazioni di potere, sebbene interessante, rimane in superficie, e il finale, pur offrendo una risoluzione soddisfacente, manca dell’impatto che avrebbe potuto renderlo memorabile.
Per gli amanti dei thriller erotici con una vena psicologica, Babygirl offre momenti di grande cinema, ma lascia anche un retrogusto di incompiutezza. Resta comunque un’opera affascinante, capace di far discutere e di lasciare il segno nel panorama cinematografico del 2024. Un film imperfetto, ma ricco di spunti di riflessione e con una protagonista che incanta e domina la scena con una maestria assoluta.