Non perchè io abbia pretesa alcuna di insegnare ma perché nel tempo mi è stato insegnato… per quante persone pronunciano male nomi di brand di fama internazionale sarebbe quasi comico immaginare che questi ultimi sulla confezione ne scrivessero per esasperazione la pronuncia corretta al di sotto del logo. Un po’ come quando a scuola il nuovo professore leggeva male il tuo cognome e puntualmente lo si correggeva consapevoli del fatto che probabilmente l’avrebbe comunque letto in modo errato per il resto dell’anno scolastico.
Siete curiosi di scoprire quali siano i brand che farebbero prima a cambiare nome piuttosto che a rimuovere l’errata pronuncia dalle menti delle persone? Per rendere il tutto più semplice ne citerò alcuni a prescindere dal prestigio o dall’affezione personale.
-In pole position Versace: di fatto il brand italiano viene spesso pronunciato dagli stranieri “Versaci” e su questo la nostra Donatella ha ben pensato di giocarci nella campagna pubblicitaria fall/winter 2018. Nello spot si sentiva appunto che nel “gioco del telefono senza fili” l’ultima partecipante, la stratosferica modella Gigi Hadid, esclamava ad alta voce “it’s Versace not Versaci”, frase che ha reso questo illustre brand semplicemente iconico.
-Segue sicuramente il celebre marchio Nike. Per contrasto con quanto precedentemente detto, solo in pochi qui in Italia ne conoscono la reale pronuncia che risulterebbe essere “Naiki” e non “Naik” , con grave disappunto di tutti coloro che indossano da sempre scarpe ed indumenti di questo brand.
-E ancora: in quanti entrando in un negozio “pull&bear” si sono interrogati sulla pronuncia di un nome che letteralmente non ha un significato definito? Credo di aver sentito solo mia madre da sempre puntualizzare che a suo avviso tutti leggessero erroneamente la parola “bear” che potrebbe significare “sopportare” o “orso” ma sicuramente non “birra” considerando la pronuncia con la “i” della corrispondente parola inglese. In realtà “bear” richiede l’uso di una “e” quasi aperta seguita da un suono indistinto che foneticamente individueremmo con una “ə”.
-L’elenco potrebbe dilungarsi, ma senza andare nei dettagli basterà riflettere sul fatto che “H&M” si legge erroneamente italianizzando spesso un acronimo che di certo non rispetta l’alfabeto italiano. E non resisto alla tentazione di citare anche la catena “Foot Locker”: neanche vi dirò quante pronunce scorrette hanno fantasiosamente prodotto ma colgo comunque l’occasione per mandare tutto il mio supporto morale a tutti gli shop di questa catena ingiustamente storpiata.
A questo punto mi fermerei ricordando a tutti quanto sia lungi da me ogni intento didascalico: quanto riportato risulta semplicemente specchio fedele di traumi infantili generati da una madre docente di inglese che nel bel mezzo di uno shopping terapeutico ne annullava ogni benefico effetto non appena una parola di origine inglese si apriva il varco sul ripido e tortuoso sentiero del mio apprendimento delle lingue straniere.