Intellettuale “combattiva e coraggiosa”, voce per eccellenza “degli sconfitti del XX secolo” e analista della realtà acuta e sensibile sempre fedele a ideali progressisti: viene ricordata così in Spagna Almudena Grandes, scrittrice scomparsa il 27 novembre a Madrid, dov’era nata nel 1960, dopo essersi ammalata di cancro.
Autrice di diversi romanzi di successo, Grandes è considerata una delle voci più influenti e apprezzate della letteratura iberica contemporanea.
“Perdiamo una delle scrittrici di riferimento del nostro tempo”, ha twittato il premier spagnolo Pedro Sánchez. “Oggi la letteratura spagnola e i progressisti sono in lutto”, ha aggiunto da parte sua il ministro della Cultura Miquel Iceta, socialista come Sánchez. Grandes riscosse successo già a partire dal suo primo libro, ‘Le età di Lulù’, pubblicato nel 1989. Un romanzo poi scelto per una trasposizione cinematografica diretta dal regista spagnolo Bigas Luna, con Francesca Neri e Javier Bardem nel cast (1990). Diverse sono poi le sue opere successive tradotte anche in italiano: ‘Atlante di geografia umana’, ‘Cuore di Ghiaccio’, ‘Troppo Amore’, ‘La Figlia Ideale’, tra gli altri. Una carriera di successo accompagnata dall’impegno politico e sociale, ad esempio in cause come il femminismo o il recupero della memoria storica nazionale. “Ha sempre rivendicato tutti coloro che hanno costruito la Seconda Repubblica spagnola e hanno visto come questa scompariva dopo un crudele colpo di Stato seguito da una guerra”, la ricorda la giornalista Rosana Torres sulle pagine de El País, quotidiano con cui Almudena Grandes collaborava abitualmente. È stata proprio una colonna pubblicata lo scorso 10 ottobre su El País il mezzo con cui l’acclamata scrittrice ha reso pubblico che, poco più di un anno prima, le era stato diagnosticato un cancro. “Ho dovuto scrivere alcuni articoli molto complicati nella mia vita. Nessuno come questo”, affermava all’inizio di questo testo.
Le età di Lulù
«La linea di confine mi tentava, la sua prossimità esercitava su di me un’attrazione quasi irresistibile, il richiamo dell’abisso, precipitare nel vuoto e cadere, cadere giù per decine, centinaia, migliaia di metri, cadere fino a schiantarmi sul fondo, e non dovere più pensare per tutta l’eternità.» Per Lulù, protagonista di questa storia, l’erotismo ha i caratteri di un’ossessione, di un richiamo ineludibile che induce a sperimentare le più estreme forme di trasgressione: conseguenza paradossale di una prima, violenta e tenera esperienza avuta a quindici anni con Pablo, amico di famiglia di dodici anni più vecchio di lei, e del loro rapporto, coltivato nella lontananza fino a ritrovarsi e a sposarsi. Ma è, il loro, un rapporto fondato sul libertinaggio: scelta eversiva per Pablo, intellettuale d’opposizione nella Spagna franchista, condanna irredimibile per la sua moglie bambina, costretta nel ruolo di «agnellino bianco con il fiocco rosa». La successiva età di Lulù sarà perciò quella della fuga da Pablo, verso un’esistenza autonoma: rimane però l’attrazione per la sessualità più torbida, incarnata nella figura di Ely, il travestito che accompagna la sua discesa nei gironi dei bassifondi madrileni. Ipnotico monologo che si distende nel ricordo e si riaffaccia di continuo sul presente, Le età di Lulù rappresenta tutta la durezza e la dolcezza del dialogo tra i corpi: il lettore non si stupirà scoprendo che l’allucinata violenza della scena finale del romanzo si placa nell’ultimo, tenero abbraccio fra Lulù e Pablo.
Malena, un nome da tango
Malena è una ragazza timida e insicura ma anche appassionata e sensuale, in perenne conflitto con se stessa e ossessionata dal confronto con la sorella Reina, freddo modello di perfezione. Malena decide di scavare nel proprio passato avventuroso e convulso per scoprire le ragioni del proprio destino e riuscire ad accettarlo, risalendo poi ancora più indietro lungo i percorsi della storia della sua famiglia, sino agli albori del novecento. Malena si racconta e cerca le radici della “maledizione” che l’ha colpita. Alla fine capirà che l’unica maledizione è il sesso e l’unica colpa avere il coraggio di viverlo.
Troppo amore
Una mattina come tante, ad accogliere María José Sánchez sul posto di lavoro è una telefonata che la riporta indietro di qualche anno, ai tempi in cui era una ragazza con i capelli molto lunghi e una spiccata vocazione artistica. A rituffarla in quei giorni è la voce di Jaime, il vecchio compagno dell’Accademia di Belle Arti, che le annuncia la morte di un comune amico: Marcos. Jaime e Marcos. Vecchi compagni, ma non solo. Dietro i loro nomi si squarcia un passato che non è mai passato, riaffiora l’esperienza che più ha segnato la vita di María José. Odore di acquaragia, di hashish, di corpi sudati. Immagini di un triangolo amoroso, di un letto che accoglie tutti e tre. Ma il tre è un numero ingannevole. Dispari e fatale. Tre ragazzi, tre diversi talenti. Procedendo insieme, avevano scoperto il piacere, superato i propri blocchi, provato il senso del possesso, l’ebbrezza della sfida alle convenzioni. Un legame forte, troppo forte. Dispari e fatale. Eccessivo come il desiderio cieco di eccellere, il dolore del tradimento, il rovello del senso di colpa. Come una passione totale che sbocciando si consuma, e consuma chi ne è travolto. Romanzo di sentimenti e nostalgie, Troppo amore è soprattutto la storia di una formazione artistica ed erotica, ambientata ai tempi della Madrid esaltante ed eccessiva della movida: «Era il 1984, e noi avevamo vent’anni, Madrid aveva vent’anni, la Spagna aveva vent’anni, e ogni cosa era al suo posto».
Cuore di ghiaccio
Alla sua morte, Julio Carrión, influente uomo d’affari arricchitosi negli anni d’oro del franchismo, lascia in eredità ai figli un impero immobiliare considerevole e un passato costellato di ombre, che non ha mai amato rievocare. Il giorno del funerale suo figlio Álvaro, il ribelle della famiglia, l’unico che non ha voluto seguire le orme paterne, è attratto e incuriosito dalla presenza di una bella donna che si tiene in disparte e osserva la scena, forse l’ultima amante di suo padre. A differenza di Álvaro, Raquel Fernández Perea, figlia e nipote di repubblicani esuli in Francia, conosce molto bene la storia dei suoi genitori e dei nonni: gli anni euforici della Repubblica, la Guerra Civile, la fuga, l’esilio in Francia, la Resistenza, la morte di Franco festeggiata da lontano, l’amore-odio per la Spagna e il desiderio di tornare in patria. Álvaro e Raquel sono destinati a incontrarsi ancora – galeotti alcuni fondi aperti dal defunto presso la banca dove lei lavora -, e per loro sarà arduo sottrarsi alla forza di una passione trascinante, che rischia di mettere in discussione tutte le certezze acquisite e di lasciare irrompere nella loro vita vecchie vicende famigliari e drammatici segreti? «Una delle due Spagne ti gelerà il cuore.» Queste parole, prese in prestito da una poesia di Antonio Machado, danno forma alla storia poderosa ed emozionante di due famiglie emblematiche che attraversano il passato recente delle «due Spagne»: vicende individuali e, insieme, collettive, che Almudena Grandes intesse in un immenso affresco epico, ma anche drammatico, lirico e sentimentale, abitato da personaggi indimenticabili.
I baci sul pane
Madrid, un quartiere come tanti, con strade ampie e viuzze strette, bei palazzi accanto a edifici più modesti, abitato da persone diverse, coppie con e senza figli, famiglie allargate, single, giovani e anziani, spagnoli e stranieri, negozianti e operai, commesse e professionisti: come se la cavano, come fanno fronte a questi tempi difficili? Come si fa a resistere e a restare se stessi anche nell’occhio del ciclone? Amalia, la parrucchiera, scruta con orrore il negozio delle cinesi che sta aprendo proprio di fronte al suo, una dottoressa deve lottare contro la chiusura dell’ospedale in cui lavora, un uomo divorziato piange in solitudine dietro a una parete, una nonna comincia a fare l’albero di Natale già in settembre per fare coraggio ai suoi, e intanto il bar di Pascual diventa la sede delle riunioni del comitato inquilini e delle loro battaglie, ma anche il teatro di tanti destini che si intrecciano e di amori che vorrebbero nascere o che stanno per finire… Tante storie, tante voci per raccontare la crisi sì, ma anche e soprattutto la capacità di risorgere, con la forza dell’amicizia, della solidarietà, dell’ottimismo. Per ritrovare il significato dei baci sul pane: un gesto semplice e pieno di dignità che lega passato e presente e non ha perso il suo valore.
La figlia ideale
Nel 1954 Germán Velazquez Martín decide di tornare a casa. Aveva lasciato la Spagna un attimo prima della caduta della Repubblica grazie all’aiuto del padre, illustre psichiatra perseguitato dai franchisti. Negli anni dell’esilio in Svizzera, Germán si è laureato e in seguito ha condotto una importante sperimentazione su un nuovo farmaco. Per questo gli hanno offerto un posto nel manicomio femminile di Ciempozuelos, vicino a Madrid, dove ritrova Aurora Rodríguez Carballeira, che era stata la più enigmatica fra le pazienti di suo padre. Colta e intelligentissima, Aurora era affetta da una grave forma di paranoia che l’aveva condotta a compiere il più atroce dei gesti. Condannata per l’omicidio della figlia Hildegart, Aurora vive da anni in uno stato di apatia, interrotto solo per fabbricare inquietanti pupazzi di stoffa… Scardinare le difese di una mente così intricata sarebbe impossibile senza un alleato, ma Germán può contare su María, infermiera ausiliaria già messa a dura prova dalle esperienze della vita, malgrado la giovane età. Per lei infatti Aurora ha una considerazione particolare, insieme trascorrono lunghi pomeriggi studiando le piante e consultando il mappamondo alla ricerca di posti lontani. Sfidando le convenzioni, lo psichiatra si avvicina a María, finché tra i due nasce un sentimento puro e fragile, che per sopravvivere dovrà sottrarsi alle ombre del passato di entrambi.
Gli anni Cinquanta in Spagna furono anni ingrati, in cui tutto era peccato e peccare era reato: una realtà cupa, asfissiante, su cui Almudena Grandes apre uno squarcio, raccontando la storia di un uomo e di una donna che hanno avuto il coraggio di opporsi alla dittatura – anche dei sentimenti – che strangolava il paese.