E così da oggi entra in vigore il Super Green Pass.
Una scelta governativa volta a sancire un binomio di comportamenti e libertà tra i vaccinati e i non vaccinati.
Nello specifico, la posizione dei vaccinati e dei guariti da covid non varia in termini di opportunità e attività da svolgere, in quanto con il pass rafforzato si potrà accedere in zona bianca, e non solo, ai servizi di ristorazione al chiuso, agli spettacoli aperti al pubblico, quindi, cinema e teatri, agli eventi sportivi, alle sale da ballo e alle discoteche, alle cerimonie pubbliche.
Chi è in possesso del green pass rafforzato può, dunque, continuare in ogni caso a poter svolgere, senza restrizioni, la propria vita sociale, senza grossi contraccolpi alla propria libertà personale.
Il green pass base viene ottenuto attraverso il tampone che può essere ancora molecolare o rapido/antigenico (il primo valido per 72 ore; il secondo per 48 ), e sarà necessario per lavorare e prendere i mezzi pubblici, nonché i treni regionali e al trasporto pubblico locale (autobus, metropolitane, tram), per prendere i treni a lunga percorrenza e gli aerei, per frequentare palestre e piscine, per accedere agli spogliatoi per l’attività sportiva anche all’aperto e per partecipare a sagre, fiere, convegni e congressi, centri termali, parchi tematici, centri culturali, sociali e ricreativi, feste per cerimonie civili e religiose, sale da gioco, scommesse, bingo e casinò.
La situazione epidemiologica attuale in Italia appare rassicurante, c’è uno stato di allerta per la variante omicron approdata in Italia tramite un manager di Caserta e che ad oggi ha contagiato solo 9 cittadini italiani – peraltro, tutti collegati tra loro nella catena dei contagi ricostruita – ma gli esperti continuano a dire che non bisogna preoccuparsi.
Il Super Green Pass diviene solo la strategia cautelativa per fronteggiare un’eventuale scongiurabile impennata dei contagi e per spingere gli indecisi e esitanti al vaccino, anche se la Presidente della Commissione Europea paventa il rischio di un obbligo vaccinale dietro l’angolo laddove l’ascesa pandemica non si freni.
Sono ancora moltissimi i milioni di italiani diffidenti che si ostinano a rifiutare la dose vaccinale…eppure siamo giunti alla somministrazione della terza dose a distanza di 5 mesi dalla seconda e molti, moltissimi over 60 non cedono alla tentazione del vaccino nemmeno con la promessa della copia di una vita più simile alla normalità offerta dal green pass rafforzato.
Resta poi il dilemma del vaccino per i più piccini.
Dal 16 dicembre parte la campagna vaccinale per i bambini tra i 5 e gli 11 anni, fascia di età maggiormente colpita in questo periodo non solo da forme di covid 19 più importanti ma anche dal cd. long covid, con effetti che perdurano nel tempo a carico delle vie respiratorie.
Il prof. Locatelli ha rappresentato non solo l’importanza di tale scelta per una precisa indicazione immunologica, ma anche per frenare una possibile ascesa del virus nelle aule scolastiche temuta in prossimità del Natale.
Vedremo i genitori che risposta daranno all’istanza di vaccinazione, anche se l’esperienza statunitense, dove sono stati vaccinati già 4 milioni di bambini, dimostra che non ci sono stati effetti collaterali preoccupanti e testimonia la sicurezza del vaccino pfizer dei più piccini.
Resta l’ambiguità di un potere economico immane che sta cominciando a profilarsi insistentemente dietro i vaccini i cui introiti stanno arricchendo in maniera esorbitante le aziende farmaceutiche con seri danni per il resto della popolazione mondiale, appartenente alle aree disagiate e povere del mondo che sono completamente tagliate fuori da questo privilegio.
E un vaccino non può qualificarsi come un privilegio, sarebbe un controsenso vergognoso e indigesto per tutti coloro che un pò più fortunati possono goderne solo per il caso fortuito di essere nati in un contesto più civile, laddove addirittura la sanità è un servizio gratuito per tutti e la salute è un diritto insopprimibile di tutti.
Scontiamo in questo panorama una situazione di grande incertezza politica, non solo nazionale, ma anche internazionale, sia in chiave di politica umanitaria – basti pensare a ciò che sta accadendo in Afghanistan, terra dimenticata e impoverita che in assenza di aiuti assistenziali sta vivendo una tragedia mancando tutti i beni di prima necessità e i farmaci di cui beneficiavano anche con il contributo dell’Europa e che ora sono bloccati dall’avvento al potere violento e dittatoriale dei talebani – sia in chiave di accoglienza – uno sguardo alla Grecia e alle frontiere dell’est europeo dovrebbe far riflettere.
Il Papa è stato durissimo con l’Europa, ricordando come il Mediterraneo sia divenuto una tomba per innumerevoli migranti disperati in fuga da guerre, fame e persecuzioni, e come non sia concepibile l’idea di ergere muri, peraltro issati o da issarsi con fondi europei in modo da ostacolare l’arrivo in Europa dei meno fortunati.
Le frontiere tra Lituania, Lettonia e la Polonia sono ormai una cinta di filo spinato e uomini armati risoluti a fermare l’arrivo dei migranti dalla Bielorussia.
L’Europa guarda inerte, anzi avalla le scelte di elevare muri divisori per respingere una fila infinita di disperati in fuga compresi bambini, alcuni dei quali morti assiderati dal freddo e dal gelo delle condizioni climatiche e dei campus costruiti, in modo inappropriato, per la prima accoglienza e per il respingimento alla frontiera.
E così mentre l’Europa si preoccupa di non ferire le sensibilità dei non cattolici e sostituire alla frase “Buon Natale” quella generica di “Buone feste”, persone e bambini morivano di fame, stenti e freddo alle frontiere, chiedendo più che un buon augurio, il semplice e cristiano gesto di umana fratellanza di tendere la mano a chi ha bisogno ed è in evidente difficoltà.
E l’Italia non è da meno in questa ipocrita situazione di accoglienza poiché è complice con l’Europa di queste politiche ostative.
Nessuno dice che le politiche di accoglienza siano semplici e che la contaminazione culturale sia agevole, ma la chiusura va condannata aspramente proprio come ha fatto il Papa quando ha definito l’Europa e non solo, responsabile e complice del naufragio della civiltà.
L’ambiguità italiana è responsabile anche della toto nomina del Presidente della Repubblica, tra il candidato d’onore, Mario Draghi, caldeggiato dai più e una serie di nomi e innominabili che diventa difficile immaginare ospiti al Quirinale.
La scelta del Presidente della Repubblica è una delle decisioni più complesse e delicate della scena politica italiana, ancor più oggi, dovendo fare i conti, con una politica estera debole, una politica economica da tenere sotto controllo per l’uso efficace, efficiente, intelligente e scrupoloso dei fondi del Recovery Fund senza dimenticare che siamo ancora alle prese con una crisi pandemica planetaria che va affrontata ancora con solidarietà e risolutezza.
L’auspicio è che con l’arrivo del Natale o delle prossime festività possa rinascere una coscienza civile e un sentimento di humana pietas, che è il vero fulcro del messaggio cristiano e che diventi guida per chiunque siederà la poltrona più importante del Paese, come a memoria si ricorda con nostalgia la figura di Sandro Pertini.