Dopo le vicende a colori del Santo Venuto dall’Irlanda (n°224), del mese scorso, Boselli spedisce Dampyr, Kurjack e Tesla (che chi sa perché mi evoca sempre un David Bowie dai baffoni posticci…) in una oscura New York. Oscura molto più per i chiaroscuri di Paolo Raffaelli che agli ingesstaissimi dialoghi di Boselli, c’è da dire. Gli Orrori di Red Hook (n° 225) prosegue fin dal titolo la grande – e a tratti suggestiva – ricostruzione dei vasti miti Lovecraftiani che attraversa la serie ormai da anni.
Orrore a Red Hook è uno dei più noti racconti di H.P.L., frutto del suo breve e infelice periodo newyorkese. L’uncino rosso che dà il titolo a entrambe le storie è un quartiere di Brooklyn (ancora esistente), abitato all’epoca principalmente da immigrati (anche italiani), nell’immaginazione paranoica dello scrittore esso diventò il luogo di segreti e oscuri rituali contro natura. Ma d’altronde quale posto non lo era per lui, se persino la sua provinciale Providence era teatro di rituali innominabili? Anche se avendo affascinato persino Poe, qualcosa di strano quel posto doveva pur averlo.
Certamente in quel paio d’anni, a contatto con l’umanità variegata e plurale della New York di inizio ‘900, Lovecraft diede fondo al suo razzismo paranoide. O per lo meno si fece prendere la mano da una certa insofferenza, via. Il brulichio di vita e di linguaggi sconosciuti della città (tra cui un italiano nemmeno troppo raffinato) dovette suggerirgli un mondo alieno di orrori sconosciuti. Cioè più o meno il mondo onirico che aveva in testa già da prima. A suo favore va detto che in quel periodo era sposato con una emancipata donna cosmpolita di origini russe, impegnata nell’alta moda.
E infatti il matrimonio durò poco.
Ovviamente in un fumetto che mischia horror, avventura e complotti letterari l’intolleranza di un autore così visionario non può essere un semplice difetto, sarebbe un chiaro spreco di materiale (detto senza alcuna ironia). Così Lovecraft si rivela vittima di potere visionario, dovuto ad un legame con le dimensioni ultraterrene che premono ai confini della prosaica realtà quotidiana. Centrali diventano dunque i disturbi del sonno del vecchio (ma allora ancor giovane) Howard, visti come chiave di comunicazione onirica con i mondi dell’abisso. La questione della fonte di ispirazione dei miti di Cthulhu e della strana e ricca mitologia lovecraftiana è in effetti un mistero affascinante, che ha ispirato di per sé molti altri autori. L’origine onirica delle sue visioni, unite al grande successo dei suoi racconti (per lo più postumo, c’è da dire), getta un affascinante legame tra dimensione inconscia e realtà concreta.
Indagando gli scritti dell’autore a partire da questo assunto, e incrociandoli con alcuni strani casi di sparizioni legati al contrabbando di alcolici in quello stesso periodo (eh si siamo negli anni del proibizionismo), gli angeli che aiutano il dampyr riconoscono l’operato di forze mistiche over nine thous…cioè estremamente oscure e potenti. Tocca investigare più da vicino, utilizzando il legame che Kurjack ancora condivide con la setta cthulhiana, in un piano che per concezioni, risvolti e ambientazione non ricorda nemmeno un po’ il Neonomicon del maestro Moore…