Daniele Guastella è una voce fuori dal coro, non segue le mode e non fa parte dei grossi giri discografici, non è tanto meno contro corrente ma piuttosto si trova sopra di essa, in uno spazio tutto suo, fatto di richiami nostalgici, gusti personali e piacere di fare musica al di là di ogni etichetta e pregiudizio sonoro. Ha realizzato un’opera imponente, considerando che tale opera è frutto di un’auto produzione e di un crowdfunding lanciato sul web: Homaj, un disco dalle sonorità internazionali formato da ben 17 tracce, (10 inediti e 7 rivisitazioni di vecchie canzoni che Daniele ha tirato fuori dal cassetto) composte da Daniele, con la collaborazione di diversi autori italiani e stranieri. Il tutto è stato registrato nell’arco di due anni con l’ausilio di musicisti e cantanti di 13 paesi del mondo, toccando tutti e 5 i continenti. Ne viene fuori un insieme straordinario di stili e colori differenti, che in questa globalizzazione ormai ampiamente avviata e tutt’altro che scontata, trova una collocazione ben precisa, quella dell’interculturalità. Dopo aver girato per anni diverse parti del mondo, l’artista siciliano ha deciso di fermarsi e raccogliere i frutti di tante esperienze vissute all’estero e in Italia, grazie soprattutto alla collaborazione con Giovanni Buzzurro, eclettico musicista Agrigentino trasferitosi in Messico. Si è affidato, per questo suo terzo album, al produttore Denis Marino, che vanta importanti collaborazioni con Luca Madonia, Carmen Consoli, e numerosi altri artisti nazionali e internazionali. Il disco trova molte ispirazioni musicali nei grandi del pop mondiale, quelli di un recente passato, quali Peter Gabriel, Sting, Phil Collins ma anche in quasi tutto il buon cantautorato italiano e latino americano. Il suono, curato da Michele Musarra, è vario e alternativo a quello dell’attuale produzione musicale italiana, sonorità pop/rock che strizzano, spesso e volentieri, l’occhio alla world music, cercando un incontro possibile tra lo stile dell’artista e quello dei suoi numerosi ospiti, che sono: Luca Madonia (Italia), Rodrigo Rojas (Bolivia), Alen Veziko (Estonia), Ahmed Elgeretli (Egitto), Anita Vitale (Italia), Mario Incudine (Italia), Haydee Milanes (Cuba), Jerusa Barros (Capo Verde), Leonel Capitano (Argentina), Le Voskresenie (Russia), Dulce Lopez (Messico), Leonel Soto (Messico), Mihaela Fileva (Bulgaria), Giovanna D’angi (Italia), Lidia Isac (Moldavia), Bernardo Quesada (Costa Rica), Pauly Zarb (Australia), Abigail (Spagna) e Edgar Oceransky (Messico). Il disco fisico, in tiratura limitata, uscirà nella sua interezza e sarà distribuito negli store nazionali e venduto sul sito www.danieleguastella.it; mentre quello digitale uscirà su tutte le piattaforme in due volumi.
HOMAJ: Il titolo dell’album è la traduzione letterale di Umani, in lingua esperanto. Da sempre affascinato dalla prima lingua universale della storia, inventata dal dott. Zamenhof nel 1887, Daniele ha deciso di dare questo titolo, prendendo spunto da uno dei brani dell’album, quello che forse più rappresenta l’idea di “ponte fra i popoli” di tutto il disco che si chiama appunto “Umani”. Gli argomenti trattati in questo album sono diversi e di grande contenuto sociale e spirituale.
Due chiacchiere con Daniele:
È proprio così, ho voluto creare un lavoro che parlasse della mia storia e fosse espressione di un mondo multiculturale e multietnico, che vuole abbattere ogni barriera linguistica e stilistica. Mi sono sempre sentito cittadino del mondo, specie in alcune particolari occasioni in cui, grazie alla musica, ho avuto modo di confrontarmi con artisti di ogni estrazione sociale, culturale e di vari paesi. Musicalmente spazi dalle ballads rock (penso ad esempio a “One dream away”) alle omofonie delle musiche arabe (penso, invece, a “Umani”). Qual è il pezzo che senti di più sulla pelle?
Non posso dire che ci siano alcuni pezzi che sento più miei rispetto ad altri. Sono tutti brani che ho scelto con cura e che ho selezionato tra tutto il mio repertorio. 7 cover delle mie vecchie canzoni, più altre 10 completamente inedite. “One dream away” ad esempio, è stato uno dei miei primi brani, ed è ovvio che rappresenta lo stile dei miei primi anni. Sin dai miei primi due dischi ho cercato di creare un mondo sonoro vario, facendo breccia nella world music, nella canzone d’autore, nel pop, nel rock…ma in questo ultimo lavoro, questo mondo sonoro diventa più completo, si amplia e cerca di diventare ancora più internazionale. Per quanto riguarda “Umani”, è stato il primo brano al quale ho cominciato a lavorare pensando a questo progetto, ho ricevuto un piccolo demo da un compositore egiziano Sherif Hamza, e avendone ampliato la struttura l’ho mandato a Martino Lo Cascio, un autore col quale collaboro da anni. Il brano è stato scritto in 4 lingue ed è quello che racchiude tutta l’essenza del disco. HOMAJ è un album che vede la collaborazione di tanti artisti: con chi è stato più divertente collaborare? A chi ti senti più vicino?
Mi viene da dire che mi sento più vicino agli artisti che conosco da più tempo e coi quali avevo già collaborato, ma alla fine, ho trovato una intesa incredibile anche con gli altri artisti. Non vi nascondo che avevo invitato anche altri artisti che per vari motivi non hanno potuto o voluto partecipare, quindi di conseguenza, tutti gli artisti partecipanti sono quelli giusti, quelli che si sentono realmente parte di questo progetto e che hanno aderito con il giusto spirito all’iniziativa.
“Umani” è un brano che parla di una comunione di esistenza contro ogni odio razzista e disumano, appunto. Quanto c’è bisogno di essere umani in questo momento?
È un brano del quale sentivo l’esigenza da molto tempo. Negli ultimi anni, a dire il vero, la situazione globale sembra essere peggiorata. Vediamo ogni giorno l’avvento di una società volta al consumismo, ai nazionalismi, all’intolleranza verso i diversi, gli emarginati, i più deboli. Credo ci sia un forte bisogno di schierarsi e di lanciare un forte messaggio al mondo. Un messaggio di fratellanza che travalichi i confini delle nazioni e che ci porti verso una società più tollerante e giusta!
Hai veramente raccolto una serie di brani che abbracciano tutto il mondo: qual è il tuo posto nel mondo?
Il mio posto nel mondo? È quello dove riesco ad essere me stesso, a toccare la felicità con mano, e a volte credetemi, basta poco. Mi piace sentirmi parte di un tutto, dove le persone riescono a dialogare senza conflitto e dove mi sento compreso. Ho provato queste sensazioni in alcuni dei miei viaggi, specie quelli dove ho avuto occasione di incontrare artisti di altri paesi, con i quali mi sono confrontato e coi quali ho vissuto esperienze bellissime. Se proprio dovessi scegliere un posto dove sono stato veramente felice dico il Messico. Una nazione dove incontrato alcune delle persone più incredibili della mia vita e dove mi sono sentito valorizzato come cantautore e come uomo. Ci tornerei oggi stesso se potessi.