Ancora una volta, i social sono teatro di rivelazioni intime e anche particolarmente delicate.
Molti vip ormai prediligono i canali social per comunicare col proprio pubblico, per confessarsi con i propri fan e condividere aspetti della propria vita, della propria salute, della propria famiglia, delle proprie scelte.
L’ultimo di questa lunga lunghissima lista è stato Fedez, con un improvviso messaggio video, lanciato sul web, in cui, provato dalla scoperta recente, rivela di avere un problema di salute serio che lo impegnerà in un lungo percorso di cure e recupero.
Solo dopo pochi giorni dal messaggio sibillino, in cui, pur riscuotendo solidarietà, non si capiva quale fosse il suo problema di salute, ma era agevole, purtroppo, credere, dal tono usato e dalla sua evidente paura condivisa a cuore (e a telecamere) aperto, ad un “male” di carattere oncologico, il rapper ha informato i suoi seguaci di aver subito un intervento chirurgico, durato per ben 6 ore, presso il San Raffaele di Milano per asportare un raro tumore neuroendocrino del pancreas.
Insomma non proprio una passeggiata!
Immediata la reazione dei social e, purtroppo, degli immancabili haters.
A tanta solidarietà e vicinanza di gente comune e non, si è aggiunta la dose indigesta degli odiatori di sistema che hanno accusato Fedez di essere un privilegiato per i tempi stretti in cui è avvenuto l’intervento, per i soldi che ha che gli hanno permesso una scorciatoia diretta per la sala operatoria, anche per l’ospedale da ricchi scelto, aggettivato in tutti i modi possibili per aver scelto di condividere anche questo aspetto della sua vita.
Di fatto, Fedez non è il solo ad aver scelto di agire così.
I social ormai sono parte essenziale della vita di ciascuno e per i VIP restano una finestra da cui affacciarsi e raccontare di sé in modo spontaneo e “abitudinario”.
La naturalezza con cui alcuni protagonisti del red carpet e del mondo patinato dello spettacolo, dello sport, della musica, si raccontano, stupisce i più non tanto per l’accusa di celare sordidi guadagni dietro la rivelazione sfrontata a suon di like e promozioni pubblicitarie con i banner che scorrono veloci e quasi impercettibili per gli osservatori e i curiosi followers quanto per la riservatezza che certi momenti richiedono…per la necessità di raccogliersi nel proprio dolore…per il desiderio di isolarsi dal mondo, dal rumore e concentrarsi sull’obiettivo della battaglia…per orientarsi sul burrone della scoperta terribile appena fatta e cercare un nuovo baricentro…
Poi, di fatto, quando ci si trova immersi nello sconvolgimento della notizia dell’esito che conferma la malattia, nessuno può conoscere come e cosa desidera fare per trovare sollievo…magari anche solo condividendo con i tanti, tanti ammalati oncologici che vivono la tragedia di un iter doloroso, lungo e empatizzando con chi si trova nelle stesse corsie, a contatto con le stesse terapie, a occupare quegli stessi letti, lottando per la vita e che ritrova in Fedez un pò di se stesso…è forse una grande opera di normalizzare una tragedia e avvicinarsi a chi la vive.
Sicuramente, i social sono fonti di guadagno soprattutto a certi livelli, però l’odio esercitato, sempre e comunque, perdipiù nei momenti terribili di dolore, questo non è mai accettabile.
In tempi di guerra dove l’odio macinato e macerato dentro abbiamo visto cosa possa generare, spingendo la mente di un solo uomo a fare tanto male e a decidere in modo catastrofico della vita di un popolo e del destino di una nazione, prefissando anche una data per “the end”, probabilmente ad inizio maggio in coincidenza all’eliminazione del regime nazista che si starebbe cercando e scovando nella martoriata democratica innocente Ucraina, così come tutte le forme di odio che abbiamo conosciuto nello scorso secolo, non portano da nessuna parte anzi generano sofferenza e angosce.
L’odio social è la malattia di questo secolo, segno di una deriva di valori, principi e sentimenti…come si può augurare ad una persona di morire solo perchè è stato più ricco e più fortunato nella sua vita? o imporgli di tacere sulla sua vita e sulla sua malattia solo perchè può permettersi auto e ville lussuose?
La malattia, il dolore, la sofferenza purtroppo non guarda al portafogli e Fedez proprio questo voleva dimostrare nell’aprirsi e nel raccontarsi, non era a caccia di like, in quanto non c’è privilegio che conti nè denaro che tenga rispetto a delle vicissitudini che avvengono e avvengono a tutti con le stesse imprescindibili condizioni emotive di paura, avvilimento, incertezza, spaesamento, sbigottimento, terrore per la sofferenza e per il proprio inevitabile destino.
Vip o nip la malattia arriva e trova chicchessia sempre impreparato!
Fedez, come Vialli e Mihajlovic (che lottano contro il rischio di una recidiva), Baricco (proprio poche settimane fa ha ufficializzato il trapianto di midollo grazie alla donazione della sorella compatibile geneticamente), Nadia Toffa (che ha partecipato delle sue lotte il pubblico, pur lasciandoci dopo essersi mostrata sempre positiva e combattiva dinanzi alle telecamere), Elena Santarelli (nell’occhio del ciclone e perseguitata e odiata per la malattia terribile del figlio), ha deciso di descrivere questa fase della sua vita il cui esito è ancora tutto da vivere, essendo probabilmente all’inizio di un percorso terapeutico… immagino anche l’esitazione insieme alla compagna se condividere o meno, se dire o non dire, se parlare o non parlare e poi forse con la disinvoltura che li caratterizza nell’uso del mezzo e nel loro senso di appartenenza al mondo dei selfie e delle stories, di cui sono padroni assoluti, nel panorama mondiale, con la grande trovata dei Ferragnez, hanno condiviso tutto.
Certo, un pò di ostentazione con la pubblicazione della foto della lunga cicatrice piantata al centro dell’addome in compagnia dei suoi mille tatuaggi vi è stata…quella scelta lì forse l’avrei soppesata un pò di più ma loro sono campioni di immagini e condivisioni per cui rientra nelle corde della loro forma di comunicazione che è divenuta contestualmente scelta di vita.
Qui non si tratta di mostrare uno slip firmato o una borsa costosa, ma di condividere una fragilità, una debolezza, una caduta, per cui diviene davvero difficile criticare una scelta che definirei di umanità…di dimostrarsi umani seppure fortunatissimi, miliardari, perfettissimi, in formissima, bellissimi e famosissimi…
I veri disumani sono quelli che nascosti dietro una tastiera innocua rendono le loro parole armi pericolosissime per generare e ingenerare odio, anche quando non ce n’è il benchè minimo motivo!
Peraltro, sulla scia di Fedez, ritroviamo con malinconia una paura di recidiva di Sinisa Mihajolich che, con il suo coraggio, ha superato e combattuto la sua guerra contro la leucemia e ora si ritira nuovamente per combattere un secondo round e anche lui ha scelto la conferenza stampa per dirlo a tutti e anche a se stesso perchè nelle parole e nell’accettazione del male è indispensabile una catarsi del se per prepararsi a lottare.
Una catarsi di cui probabilmente Fedez ha sentito il bisogno per rivelare a tutti una parte dolorosa di se…
La disumanità e la crudeltà dei leoni da tastiera, che andrebbero correttamente dequalificati a “inumani ” da tastiera, (perchè i leoni sono comunque fieri, orgogliosi e restano i re a tutto tondo della foresta e degli animali, guadagnando rispetto e potere, per carisma e indole) qualificazione, quindi, fin troppo regale per questi vigliacchi che augurano la morte e la sofferenza solo a chi potrebbe apparire più fortunato di loro.
In realtà, il discorso è molto più complesso, sociologico, comunicazionale, sociale, perché investe il modo in cui i social hanno avuto la responsabilità di deturpare certe realtà, mistificarle e aumentare un certo voyeurismo che stona con le libertà di esprimersi e di essere sia pure attraverso le belle foto e la costruzione di una bella immagine.
Il problema resta il grande vuoto normativo, la mancanza di una disciplina legislativa che sia efficace a colpire e prendere questi anonimi bastardi perchè le parole, le accuse, le minacce, le violenze verbali restano reati a tutti gli effetti, perseguibili penalmente, che non trovano alcuna giustificazione nella democraticissima “libertà di pensiero” che ci appartiene ancora, in questo difficile panorama in cui viviamo attualmente, in nome della quale blaterano i criticatori indefessi e impuniti da pc o smartphone e, probabilmente, se qualcuno di questi tanti scellerati “a piede libero” venisse beccato e perseguito, se ne guarderebbe bene dal recidivare!