Ben 11 le vittime di femminicidio da inizio anno : Victoria Osagie, Roberta Siragusa, Teodora Casasanta, Sonia Di Maggio, Piera Napoli, Luljeta Heshta, Lidia Peschechera, Clara Ceccarelli, Deborah Saltori, Rossella Placati.
Con una media di una donna uccisa ogni 5 giorni!
Una conta che fa male e che racconta una sequela senza fine di episodi di violenza sulle donne con epiloghi tragici e comportamenti criminali sempre più spaventosi.
Le dinamiche sono sempre le stesse purtroppo; uomini ossessivi, possessivi, violenti, astuti, subdoli e ossessionati dall’oggetto dell’amore tanto da arrivare a perseguitare, minacciare, annientare le loro mogli, amanti, fidanzate per ri-possederle e re-impossessarsene, controllandone vita e pensieri, libertà e sentimenti.
In molti dei casi giunti alla ribalta delle cronache per le morti violente, le donne hanno lasciato e rinunciato all’amore malato e hanno, persino, denunciato alle autorità.
Eppure, nonostante ciò, l’atroce determinazione, accompagnata spesso da una vera e propria premeditazione, si spinge fino all’eliminazione dell’oggetto dell’amore perverso.
Le modalità sono terribili e a volte inenarrabili.
E in tutti i casi, si coglie la disperazione della solitudine, dell’isolamento, della drammatica sensazione di non essere credute per molte delle donne che, magari, con grande difficoltà ed esitazione hanno avuto il coraggio di denunciare…e di allontanare un malsano amarsi ed essere amate.
E, così, vengono i brividi se si prova solo ad immaginare cosa avrà provato Clara Ceccarelli, commerciante di scarpe in pieno centro a Genova, settantenne perseguitata dal suo ex al punto da decidere di pagarsi in anticipo il funerale per non gravare sul padre anziano e il figlio disabile, colpita a morte nel suo stesso negozio in una fredda mattina di febbraio con ben 30 coltellate.
Con quale stato d’animo questa donna, descritta come pacifica e gentile, si sarà avvicinata alle pompe funebri dando indicazioni per il proprio funerale e saldando il conto appena due settimane prima del suo tragico assassinio?
Con quale paura affrontava le giornate aspettando rassegnata un destino segnato e conosciuto per la violenza del suo ex che dichiarava di amarla, di amarla al punto di ucciderla?
E come lei, tutte le donne vittime di femminicidio vengono bruciate, accoltellate, sparate, avvelenate, colpite, percosse e seviziate: tutto per un senso di onnipotenza che gli uomini pensano di possedere con potere di vita e di morte sulle loro compagne.
E non esiste nemmeno la scriminante delle età. Uomini maturi, adulti, anziani e, persino, ragazzi infratrentenni si rendono protagonisti di gesti imcomprensibili e inconciliabili con la loro età e con l’idea di donna che dovrebbero avere acquisito.
Se si pensa alla diciassettenne siciliana Roberta Siragusa trovata morta carbonizzata in un dirupo dopo aver trascorso una festa con amici in una villa privata a gennaio.
Accusato dell’omicidio il fidanzato diciannovenne, determinatosi a tanto probabilmente dopo un litigio.
Insomma, due giovani troppo giovani sia per morire che per rovinarsi la vita in carcere.
Quando si sente parlare di femminicidio, sempre più spesso negli ultimi tempi, con un aumento percentuale del 40% probabilmente anche in concomitanza con la convivenza forzata e prolungata coi propri aguzzini a causa della pandemia e delle sue restrizioni, si avverte una rassegnazione, una accettazione che le cose vadano così.
E, invece, si deve rivoluzionare il modo di pensare e lo si deve fare in famiglia, a scuola, in chiesa, nella vita sociale con un approccio olistico come suole dirsi per indicare il coinvolgimento più ampio delle agenzie educative, delle istituzioni e delle associazioni deputate allo scopo.
É necessaria una metamorfosi di pensieri e retropensieri, atteggiamenti, modi di essere e di agire, pregiudizi e discriminazioni di genere, per una catarsi vera dell’intera società in modo che gli strumenti legislativi messi a disposizione dalla legge – come il Codice Rosso di recente emanazione – non restino lettera morta.
La denuncia delle donne vittime di maltrattamenti e violenze, atti persecutori e minacce, deve essere ascoltata, e soprattutto deve essere creduta in modo da avere un séguito fattivo ed efficace.
In moltissimi casi (ahimè!) le donne uccise non erano state credute o le loro parole erano state sottovalutate, tutto questo perché non sempre chi ascolta è in grado di comprendere l’aiuto da offrire e le azioni da mettere in campo; colpa spesso di una innata diffidenza culturale e comportamentale per le donne che denunciano, frutto di pregiudizi atavici e di un primitivo dovere di sottomissione che fa parte di quel substrato mentale non detto che non si riesce a sradicare nemmeno laddove ci si trovi di fronte a persone di cultura elevata.
Anche il semplice allontanamento o il divieto di avvicinarsi ad una donna perseguitata non frenano la mente malata di chi ha deciso di porre fine a tutto, anche sacrificando la propria vita oltre che quella dell’amata.
Ecco perché l’aiuto e il supporto di chi vive queste situazioni richiede interventi e ascolto per tutti, altresì per il carnefice che spesso non é mai stato educato all’amore, non riconosce di avere un problema con la sua ossessione e, dunque, in assenza di un allert colto in tempo, il destino si inabissa con epiloghi tragici e “the end ” irrimediabili.
È chiaro che la chiave di volta è e deve essere l’individuazione dei primi segnali di allarme.
Forme di gelosia ingiustificate e particolarmente ossessive, pedinamenti, isolamento da amici e parenti e minacce se non episodi di percosse, controlli insensati di cellulare, mancanza di fiducia e strategie demolitive, terrorrizzazione e stati di ansia, devono immediatamente attivare un vero allarme rosso nel cervello delle donne coinvolte che devono sentirsi libere di denunciare senza la paura di essere abbandonate, divenendo, poi, doppiamente vittime della loro scelta e dei loro aguzzini.
Siamo stanche di contare le donne che ci hanno lasciato!
“Le donne contano” sì ma in tutt’altro senso, gridano le associazioni in difesa dei diritti delle donne, e contano come persone con la loro identità e il loro sacrosanto diritto di sentirsi libere di vivere, amare ed essere.