Festa della donna 2021.
Una festa, ormai, anacronistica visti i tempi che corrono con donne sempre più numerose vittime di femminicidio.
La festa dedicata alle donne nasce storicamente dopo le molteplici iniziative di rivendicazioni dei diritti da parte delle donne e dei movimenti femministi che chiedevano una società egualitaria e reclamavano a gran voce maggiori opportunità.
Dopo la guerra mondiale, l’ONU nel 1977 decise di celebrare le donne in una giornata internazionale fissata l’8 marzo in commemorazione degli eventi drammatici e delle lotte di conquista del movimento femminista dello scorso secolo.
Sicuramente, la connotazione era profondamente politica ed ideologica.
In un’epoca dove i diritti delle donne stentavano a decollare e consolidarsi, riconoscere un giorno a loro dedicato era una sorta di isola felice per staccarsi dai ritmi di una quotidianità tutta uguale e faticosa.
Oggi, festeggiare le donne diviene l’occasione per porre l’accento sulla necessità di riconoscere davvero la conquista di un posto significativo e di rilievo in società non più arroccato sugli scogli dei tradizionali incasellamenti familiari nonché, fondamentale e fortemente sentito al momento, sulla deriva che si sta avendo con la recrudescenza dei fenomeni criminosi nei confronti delle donne, mogli, fidanzate, amanti.
La conta dei femminicidi da inizio anno é spaventosa: ben 11 donne uccise in modo violento dopo atti persecutori, minacce e aggressioni laddove anche le denunce alle Autorità non sono state in grado di frenare la follia omicida.
Spesso, anche i canali di informazione deviano e distorcono la verità della notizia.
Quante volte si legge : donna uccisa dal marito, voleva lasciarlo ovvero aveva deciso di separarsi!
Uomini e donne normali…si apprende dalle fonti eppure qualcosa è andato storto e la normalità è stata sconquassata!
Gelosia, senso del possesso e dell’onnipotenza e voglia di annientare l’oggetto amoroso perso prendono il posto di amore, rispetto e condivisione.
Immediatamente, il collegamento mentale é ribellione al sistema familiare precostituito ed accettato = soccombenza alla violenza, un po’ come a dire “te la sei cercata!”, frase infelice che spesso appartiene al non detto interiore che passa per i cervelli comuni, e di qui, una sorta di attenuante silente per il femminicidio.
Ecco perché i pregiudizi, i retropensieri e i preconcetti vanno destrutturati in radice ed estirpati da una sorta di mentalità istintiva per donare e dotare le donne della libertà di essere, educando gli uomini al rispetto naturale delle eguali possibilità senza che questo scateni furie insensate.
Molte donne, terrorrizzate e maltrattate, vivono una normalità anomala fatta di soprusi quasi fosse una sfida nella convinzione di potercela fare, di poter cambiare il proprio uomo, di poter superare tutto con il perdono e il silenzio e, invece, tesoro siano le parole che Loredana Bertè ha lanciato in un appello messaggio dal palco di Sanremo: “al primo schiaffo denunciare subito” e aggiungerei, dire No, non accettare, non subire!
In epoca pandemica, peraltro, si assiste ad un incremento di violenza domestica a causa della forzosa prolungata convivenza da lockdown.
La condivisione obbligata di spazi familiari e la mancanza di vie di fuga e di evasione dalla vita quotidiana, la perdita di lavoro e le necessità di accudimento dei figli in dad o senza scuola (con la auspicata tanto chiacchierata irrealizzabile conciliazione tra vita familiare e professionale) sono tutte precondizioni che hanno inciso ed incidono profondamente sulla libertà delle donne, soggiogandole a logiche di prevaricazione e abusi, costrette ad accettare violenze e maltrattamenti in una drammatica realtà da cui è difficile scappare.
Per di più, un’indagine statistica ha raccolto i dati delle famiglie di questo ultimo eccezionale anno, stravolto dall’avvento del Covid-19 e testimoniato una regressione culturale e comportamentale con le donne nuovamente affardellate del ruolo cumulativo di mamma e casalinga, divise tra figli, dad e proprio lavoro da remoto se non addirittura in presenza, su cui ricadono la gran parte delle incombenze familiari con buona pace della parità faticosamente conquistata.
Allora, se festa della donna deve essere, andrebbe rivoluzionato il pensiero del ruolo della donna, non un obolo da ricordare o commemorare un solo giorno dell’anno ma un riconoscimento serio del suo ruolo e del suo modo di essere.
Non una semplice identificazione nel ruolo di compagna o moglie o madre o fidanzata, ma nella significanza della sua essenza facendo perno sui suoi punti di forza e di debolezza senza che nessuno storca il muso se una donna è ministro, sindaco, dirigente aziendale, direttore d’orchestra, capo di partito e semplifichi tutto con bieche dietrologie e commenti da bar quasi che l’offesa ingiustificata e ingiustificabile, ma lanciata con disinvoltura e rimbalzata su tutti i social con effetto immediato, divenga mortificazione immediata, umiliazione e denigrazione del successo raggiunto così da delegittimarlo con la forza dirompente delle parole e delle discriminazioni di genere.
Fragilità, determinazione, creatività, forza di volontà, caparbietà, sensibilità, emotività e modo di pensare – spesso all’avanguardia – sono alcuni dei valori che le donne possono apportare nel mondo.
Ben venga allora la grande forza dell’esempio di chi può rappresentare il proprio punto di vista e socializzarlo con tutte le altre donne.
Nella settimana appena trascorsa con Sanremo nei televisori di quasi tutti gli italiani di ogni fascia di età è stata rappresentata una personalità di donna molto forte dalle mille sfaccettature ma anche fragile e, nella sua verità, vincente.
Se si pensa al Direttore di Orchestra, Beatrice Venezi che si é prestata a fare da co-conduttrice e che ribadisce la necessità di rispettare il nome del suo ruolo…
se Direttore è la denominazione del ruolo, tale è per uomini e per donne non per restringere la funzione ad un genere, al contrario per liberarlo da tale connotazione ed evidenziare unicamente le abilità di un mestiere…di una capacità…di una professionalità e perché no, di un talento…
Fermo restando il rispetto rigoroso e doveroso per le lotte, ancora attuali, delle donne nella rivendicazione dei propri diritti, non è la declinazione – peraltro spesso forzata e cacofonica – di un mestiere o di un titolo al femminile a renderlo dignitoso, e come tale degno di rispetto e di merito ma la costruzione vera e collaborativa di una società inclusiva e paritaria, non nel banale irrealizzabile “uomo uguale donna” ma nel rispetto profondo delle diversità e peculiarità di ciascuno in modo da non sacrificarne l’identità e i sogni.
Allora sì che le mani che conducono strumenti musicali alla ricerca di una armonia perfetta siano dirette con genoma x e non y nulla potrà significare in più o in meno!