A volte tante ore in aereo vedere qualche film può aiutare ad ammazzare il tempo. Sospeso tra il cielo e la terra, comodo, in una poltrona xxl e con le luci spente è forse l’unica cosa da fare.
Sull’ aereo che mi riportava a casa dalle vacanze, spulciando tra i film disponibili, trovai la sezione Pride e, a parte i soliti Brokeback Mountain, Philadelphia mi soffermo su un titolo che non avevo mai sentito: But i’m a cheerleader.
Pellicola del 1999 diretta da Jamie Babbit. Protagonista Natasha Lyonne. Il nome non mi diceva nulla, però vidi che nel cast c’erano RuPaul (nella parte del coach ex gay) e Michelle Williams.
La trama: Megan (Lyonne) è una tipica diciassettenne americana: è fidanzata con un giocatore di football, Jared, e fa la cheerleader. Ma è una ragazza piuttosto naïf: non le piace baciare il suo fidanzato, è gentilissima con le sue amiche cheerleader, nel suo armadietto c’è solo la foto di una ragazza. I suoi genitori ed i suoi amici decidono di mandarla in un campo di riabilitazione per giovani gay.
Il film è una teen comedy. Una pellicola ironica che può sembrare quasi demenziale per le situazioni e i contesti in cui i protagonisti si muovono. Io ho visto la versione in inglese, senza l’ausilio dei sottotitoli, ma i dialoghi sono semplici e se conoscerete un po’ di inglese è facilmente comprensibile. I protagonisti sono stereotipati, i ragazzi molto effeminati e non in grado di fare sport.
Fondamentali i colori della scenografia, monocromatici che definiscono i generi di appartenenza: tutto azzurro o rosa, quasi da non distinguere nulla.
Farà parte della riabilitazione? In quel contesto strano e oppressivo la protagonista spaurita e sgraziata per tutto il film, sarà costretta ad etichettarsi come gay senza sapere di esserlo davvero. In “terapia”, dove le ragazze devono passare l’aspirapolvere e i ragazzi spaccare la legna Megan conoscerà se stessa e forse troverà anche l’amore.
Non è ben chiaro il senso di questa operazione, ma è godibile. Quasi un cartone animato.
Un “Boy Erased” in chiave comica.
In Italia pare sia stato distribuito con l’orribile titolo: Gonne al bivio.