Nello spazio multidisciplinare Al Blu di Prussia, è allestita la mostra fotografica di Francesca Woodman, fino al 10 marzo 2019. E’ una esposizione di 15 istantanee e 3 video, incentrate sulla ricerca estetica dell’artista americana che, nonostante la breve vita, fu un’artista influente e importante nel XX secolo. Nelle sue fotografie predilige nudi femminili ritratti in bianco e nero, cercando elementi di contatto visivo fra corpo e spazio, fino ad ottenere una perfetta integrazione, attraverso lunghi tempi di esposizione.
Nel 1977 arriva a Roma per seguire i corsi europei del RISD, la scuola di design che frequentava a Providence, negli Stati Uniti. Non era la prima volta per lei in Italia. La famiglia era proprietaria di un casolare ad Antella, vicino Firenze. Si interessò alla pittura e alla scultura rinascimentale che influenzarono il suo linguaggio fotografico. Nella città eterna, invece, iniziò a frequentare gli artisti della Nuova Scuola Romana o di San Lorenzo. In Toscana realizzò diversi scatti, in “November Has Been Slightly Uncomfortable Baroque, il nudo è protagonista all’interno di uno spazio chiuso, il corpo è ripreso in posa scultorea classica e surrealista.
“November Has Been Slightly Uncomfortable Baroque”- Francesca Woodman.
Tra le fotografie realizzate a Roma, invece, è in esposizione “Untitled”, scelta anche come immagine in evidenza per la mostra. Questa istantanea in bianco e nero è caratterizzata dall’inserimento di una estetica contemporanea, in cui è evidente la percezione del movimento e della sospensione della figura femminile nello spazio.
“Untitled”- Francesca Woodman.
Rientrata negli Stati Uniti, a Providence, frequenta l’Accademia delle Belle Arti: la Rhode Island School of Design e, successivamente, si trasferisce a New York. Appartengono a questa creatività le dieci immagini esposte in mostra, in cui sono definiti i tratti fondamentali e costanti della sua poetica e della sua ricerca: la conoscenza dell’ “Io” narrante col soggetto della fotografia, l’autoritratto, la scelta dell’autoscatto, la composizione spaziale secondo direttrici pittoriche, la dimensione privata, e il rapporto fra corpo e spazio. Così come appaiono marcati gli influssi surrealisti, l’arte di Max Klinger, lo studio della fotografia di Man Ray e Duane Michals, l’arte antica, l’architettura rinascimentale e i pittori dal Trecento al Cinquecento.

L’artista è presente nella scena espositiva newyorkese nel 1979, con una mostra personale alla Wood-Gerry Gallery, in cui per la prima volta decide di ingrandire il formato stampa delle fotografie, di smettere di fotografare sé stessa e di rompere con la consuetudine di installare le opere all’altezza degli occhi, posizionando le immagini fotografiche o molto in alto o quasi in linea col pavimento. E’ in questo periodo che sperimenta la tecnica della cianografia con il risultato che gli oggetti e le figure in stampa assumono forme quasi spettrali, come le radiografie, con il tipico colore blu ciano. Un esempio sono le foto in mostra dal titolo, “Untitled”.
“Diazotipo”- Francesca Woodman.
I tre video proiettati nella sala del cinema della galleria, sono utili per capire il metodo di lavoro dell’artista e il clima in cui opera, ed emozionanti, perchè restituiscono l’intensità del momento specifico del suo atto creativo. Secondo il padre George, furono realizzati nell’autunno del 1976, non si sa se considerati da Francesca opere compiute.
Anche se girati da una mano incerta e con tagli bruschi al montaggio, i lavori sono molto interessanti e in tutti i video, l’artista è presente come modella e regista di una scena realizzata da un operatore che si muove sotto precise indicazioni.
In un primo video, di raffinata poesia, Francesca, inquadrata dalle ginocchia alle spalle, è in controluce, dietro, un rotolo di carta sistemato come uno schermo o una tela, su cui lentamente scrive il suo nome, che successivamente inizia a squarciare all’altezza dell’ombelico fino a farlo scomparire, apparendo, nuda, mentre esce dalla scena.
Il secondo video, una inquadratura fissa sul suo volto coperto da una maschera che la ritrae, può essere concepito come contraltare video alla foto “Face”, Providence, Rhode Island, 1976, presente in mostra, in cui, seduta, è inquadrata a mezzo busto con le gambe divaricate e il pube coperto da una maschera di gesso, da interpretare in chiave simbolico-identitaria, nel senso di persona/maschera.
Infine, il terzo video, secondo George Woodman è ispirato ad un episodio accaduto, quando un camion di farina si rovesciò davanti casa loro, l’artista entra in una stanza indossando un cappotto nero, si posiziona in un angolo illuminato da un grosso finestrone nel suo studio di Providence, si spoglia, cosparge di farina il suo corpo e lo spazio e, dopo essersi sdraiata sul pavimento, si alza lasciando la propria impronta: è percepibile un audio in cui guardando la sua impronta sul pavimento ride, esclamando: “E’ una bella figura! Sono proprio soddisfatta!”