Leggere le news di questi giorni, al di là del fronte sempre più allargato di guerra, destabilizza, perchè protagonisti dei peggiori fatti di cronaca sono giovanissimi, maschi e femmine, che esplodono deflagrando la loro infelicità.
E così un 17enne è stato fermato per aver ucciso una donna di più di 40 anni con la quale si erano conosciuti nei siti di incontri e dopo un rapporto intimo, l’ha colpita a morte con i bilancieri da palestra.
Motivazione: voleva capire cosa si prova uccidendo e per farlo si era informato dettagliatamente sul web portando così a termine il suo premeditato piano criminoso.
Una 21enne ha sepolto nel suo giardino di casa due neonati per sottrarsi al giudizio degli altri, nascondendo in modo inspiegabile ben due gravidanze in due anni agli occhi dei genitori, del fratello, del fidanzato, dei suoi vicini, in questo caso la motivazione è banalissima: non voler deludere gli altri, non voler condizionare o fuorviare il giudizio su di lei quasi come se le gravidanze fossero un incidente o meglio un accidente di percorso da sotterrare.
Un 17enne ha sterminato la sua famiglia, padre, madre, fratello sotto una pioggia di coltellate, inferte di notte perchè si era stancato di loro e voleva vivere una vita solo in piena libertà. Motivazione: cambiare vita pensando che liberarsi dei suoi familiari, peraltro la notte della festa di compleanno del padre, fosse un sollievo e una soluzione al problema del suo malessere e della sua noia.
Una 14enne è rimasta incinta in una sexy roulette , una challenge scoperta per puro caso da un avvocato in un appuntamento presso una scuola dove era portata avanti un’iniziativa di educazione sessuale, dove una chat di perfetti sconosciuti prevede rapporti sessuali tra di loro, con un’estrazione a caso, e anche con la partecipazione di un sieropositivo che si ignora chi sia tra i temerari e incoscienti concorrenti. Perde chi resta “incinta” o si ammala. Motivazione: affrontare la sfida con un enorme spirito di coinvolgimento e “sportività” che mette a rischio la propria vita e la propria tenera età, e restare legati più al senso della sfida e al suo esito o mancato esito che non alle conseguenze ineludibili e incancellabili sulla propria esistenza.
Moltissimi hikikomori anche in Italia ovvero giovani che si rintanano nelle loro camere e interrompono ogni contatto sociale, familiare, amicale, rifugiandosi nei social che frequentano di notte, motivazione: fuggire in modo assoluto dalla vita.
Insomma, ma cosa sta sucedendo?
I giovani vivono da sempre il travolgimento delle emozioni in preda ad ormoni e voglia di crescere, ma oggi si assiste a qualcosa di molto diverso, sempre più preoccupante.
Ciò che turba è la loro sfuggibilità, il loro silenzio, la loro violenza dietro i quali non si nascondono solo le emozioni scioccate e i turbamenti adolescenziali all’Inside Out, ma anche l’irresponsabilità di azioni criminose.
Eppure a disposizione dei ragazzi ci sono ormai tantissime opportunità di comunicazione e educazione al rispetto dell’altro, di allert per episodi di bullismo, di sportelli di ascolto per raccontare il disagio, di genitori attenti e comprensivi in grado di aiutarli, di messaggi consistenti sul bene e sul male….
E’ come se ci fossero due livelli paralleli che non si incontrano mai, quello degli adulti che creano sportelli di ascolto, provano ad educare, offrono opportunità, cercano una chiave di comunicazione e poi quello dei giovani che sono divenuti impermeabili ai messaggi, alle spinte educative, alle banalissime indicazioni delle nonne e delle mamme.
I comportamenti di tutti i giovanissimi che con rapidità si sono succeduti in modo spaventoso in queste settimane testimoniano proprio l’assenza di un registro comune tra adulti e giovani dove potersi incontrare e dialogare sul serio, non con la testa altrove.
Probabilmente sono sfuggenti, perchè la loro capacità di attenzione, così come certificato dagli studiosi sui media, è ridottissima, una parte dei messaggi e delle comunicazioni “educative” in senso ampio dei comportamenti e delle emozioni vanno persi, divengono evanescenti, non riescono a raggiungere l’anello parallelo dove si ritrovano loro, barricati nelle loro fragili personalità e nelle loro improvvise crudeltà.
Nel caso dei ragazzi che hanno ucciso, ciò che turba è soprattutto la facilità e, nello stesso tempo, la forza con cui si uccide per provare quella emozione o per eliminare degli ostacoli, quasi ci trovassimo non nella vita reale ma catapultati in un videogioco dove raggiungere un punteggio sempre più alto e ambizioso anche a costo della propria libertà, ma qui le vite non fanno parte del gioco, perchè se ne possiede una sola e bisogna giocarsela bene.
Uccidere per provare una emozione, per capire cosa si prova, senza alcuna barriera emotiva che funga da deterrente semplicemente perchè non si deve uccidere, non si deve ferire, non si deve colpire, non si deve sperimentare la morte come fosse un gioco perchè gioco non è: tutto ciò è la banalità del male nelle mani e nelle menti dei giovanissimi che probabilmente non si sentono capiti, guidati, sentiti, compresi.
Coi loro gesti dimostrano che non c’è la consapevolezza del rischio di tutto questo, della perdita della propria libertà e del suo valore intrinseco.
Uccidere non può non comportare conseguenze, non può passare inosservato, non può essere come un videogioco a punti, dove le vite si vincono e si perdono.
La paura è che tra questi comportamenti di violenza assurda senza movente ci sia un collegamento, legato alle challenges così diffuse sui social tra i giovanissimi.
Ma la più assurda e crudele, dopo la temibile blue whale, resta quella della sexy roulette, in cui ragazzini e ragazzine anche piccolissimi si incrociano su gruppi social laddove il gioco è alla loro tenera età fare sesso con perfetti sconosciuti, uno dei quali sieropositivo, all’insaputa degli altri, la sieropositività è solo un ostacolo aggiuntivo al gioco, e si perde se si resta incinte o ci si ammala…
La gravidanza inattesa e indesiderata o la sieropositività acquisita – anche a quattordici anni – divengono il prezzo da pagare per la sconfitta…e la ragazza di 14 anni che per prima ha denunciato l’esistenza di questa challenge, tanto diffusa tra i ragazzi si è mostrata rammaricata più per aver perso il gioco ed essere stata fatta fuori che per lo stravolgimento della sua vita che verrà dalla gravidanza ad un’età tanto prematura.
Colpisce l’idea che una ragazzina di 14 anni non abbia paura del suo futuro, non stia stravolta per aver ceduto tante volte il suo corpo a perfetti sconosciuti, tra cui anche malati, non sia disperata perchè ha perso l’occasione di conoscere cosa sia l’amore per un fidanzatino con cui scambiarsi effusioni e scegliere con libertà di amarsi, ma che pensi alla sconfitta in se, ad essere stata battuta dalla sfida ritrovandosi con un pancione di sei mesi, di non sapere nemmeno chi fosse il padre del bambino, e di continuare a rammaricarsi perchè esclusa dal gioco, perchè perdente, perchè fatta fuori dalla comitiva folle.
E’ paradossale che non si capiscano le conseguenze delle proprie azioni, quasi come se mancassero lucidità, maturità, consapevolezza necessari per capire il valore della propria vita e soprattutto delle proprie scelte che non possono essere affidate ad una inconcepibile assurda sfida social laddove il sesso con sconosciuti a 14 anni non solo diviene normalità trascurabile ma un dettaglio in una battaglia che vede disgregati in uno tutti i valori basilari: rispetto, amore, sesso per amore, consapevolezza, amore per se, rispetto per se in un percorso che lentamente deve portare alla condivisione del proprio corpo e non con una brutalità del vuoto di questa portata.
E’ il vuoto delle emozioni, il vuoto delle scelte, il vuoto totale della libertà, il vuoto della crescita, il vuoto dell’inafferabilità.
E’ il fallimento totale di tutte le tradizionali agenzie educative, compresi i genitori spesso ignari , come nel caso di Chiara dei comportamenti pericolosi dei propri figli.
E’ il fallimento degli adulti che non hanno finora messo in atto strategie efficaci di incontro con i giovani perchè questi due mondi paralleli possano incontrarsi.
E’ chiaro che non tutto è così, che non tutti i giovani sono così e che gli esempi riportati siano una eccezione, ma anche solo l’eccezione che esiste e resiste è terribile e va contemplata e curata perchè la fine dei giochi non sia un game over con morti vere e vite perse, non più riconquistabili.