In tutto il mondo diversi governi occidentali stanno boicottando le infrastrutture della nascente rete 5G progettate del colosso cinese Huawei. Al momento non è chiaro se si tratta di una guerra commerciale o il rischio spionaggio paventato dal governo degli Stati Unti sia fondato.
L’Italia, nonostante gli avvertimenti ricevuti dal Copasir nell’ultimo decennio, ha messo le sue reti in mano all’azienda cinese che offriva prodotti a costi estremamente bassi. Mentre da 2009 le agenzie di cybersicurezza mondiali stavano bandendo Huawei dagli appalti per le infrastrutture critiche, l’ Italia stava già stringendo accordi per sostituire Cisco con Huawei. Il problema è che mentre del prodotto di Cisco si sa come è fatto e come funziona, con Hauwei nessuno ha mai potuto controllare nulla.
La stessa Panic Room (cioè stanza di sicurezza blindata n.d.r.) di Palazzo Chigi, è gestita in parte da un router di Tim (quindi fatto da Huawei). Se ci fosse un microchip al suo interno Huawei potrebbe ascoltare o addirittura vedere in video il presidente del Consiglio: non è mai stato provato, ma tecnicamente è possibile.
In Italia Huawei è presente dal 2004, detiene un terzo del mercato degli smartphone e considera, ovviamente, l’Italia un Paese strategico in cui investire. Attualmente sta sviluppando la rete 5G della città metropolitana di Milano e nell’area Bari-Matera e sta lavorando con 38 partner industriali e istituzionali per realizzare 41 progetti che vanno dalla sanità alla sicurezza, dalla sorveglianza all’energia, dai trasporti alla domotica su scala regionale. Huawei ha accordi con Terna, Enel, Fastweb, Ferrovie dello Stato, Tim e fornisce la tecnologia a tutti i 16 mila uffici postali italiani.
Il colosso cinese finanzia due grandi centri di ricerca: uno a Segrate vicino Milano, dove si studiano le microonde che sono alla base della tecnologia 5G e l’altro a Pula, in Sardegna, dove ha investito 20 milioni di euro per lo sviluppo delle smart city. Nel centro operativo sardo è presente un super computer che gestisce e controlla tutti i servizi del comune di Cagliari: l’obiettivo è quello di trasformare la Sardegna nella prima smart region. L’intelligence italiana ha già fatto notare che proprio la Sardegna ospita diverse basi militari dove si esercitano tutti i reparti Nato dislocati in Europa.
Bisogna ricordare inoltre che tutte le aziende cinesi hanno nella propria struttura societaria, per legge, un rappresentare del governo di Pechino. Per ottenere informazioni riservate non serve neanche passare dai vertici di un’azienda, ma basta chiedere a un ingegnere sotto la catena di comando di aprire una porta nel sistema. È esattamente quello che hanno sempre fatto gli Stati Uniti (però in un contesto di alleanza atlantica n.d.r.), ed è proprio per questo che gli americani hanno lanciato l’allarme.
Huawei e Zte, più volte sul banco degli imputati per problemi, veri o presunti, legati alla cybersicurezza , investono molto in Italia anche perché il nostro Paese è debole sulla normativa 5G . La ciliegina sulla torta è che, per la legge italiana chi investe in cambio posti di lavoro, può incidere sulla stesura delle regolamentazioni. In pratica gran parte dei dati sensibili italiani sono in mano a un Paese non democratico, e a differenza di tanti paesi occidentali, l’Italia ha lasciato le porte aperte ai colossi cinesi non facendosi tante domande.