Si è appena conclusa la mostra fotografica Human (P)Rights,di Marco Tancredi,in esposizione alla casina Pompeiana.La mostra,per chi non avesse avuto la fortuna di visitarla, in vari scatti, ripercorre in maniera delicata alcuni momenti dei “Pride” che si sono svolti a Napoli in questi anni. Volti,colori,sorrisi,gioia, nel susseguirsi delle fotografie tutte le emozioni sembrano prendere vita,attraverso le sapienti inquadratura del giovane e talentuoso fotografo. Come nasce questa passione di Marco per la fotografia? “È una domanda che mi hanno fatto spesso.” risponde per niente sopreso il ragazzo “Io stesso mi sono chiesto più volte come sia nata questa grande passione, cercando di ricordare quel giorno in cui ho preso in mano la macchinetta fotografica per la prima volta.La verità è che non sono mai riuscito a darmi una risposta precisa ma ricordo di aver sempre avuto l’esigenza di raccontare qualcosa, di descriverla ma , soprattutto, ho sempre sentito il bisogno di fare qualcosa che potesse contribuire a mostrare agli altri che quel ‘mondo migliore’ di cui tutti siamo abituati a parlare solo idealmente, è possibile. Direi, più che altro, che mi sono ritrovato immerso nel mondo della fotografia, innamorato dei bellissimi paesaggi che la Natura ci regala ogni giorno e di cui ci circonda, così belli che dovevo cercare per forza di ‘catturarli’ in una foto. Mi sono reso conto, però, che quelle non erano semplici ma che, per me, avevano un significato, come fossero l’espressione di ciò che ho dentro, della mia sensibilità. A prescindere dal fatto che le mie foto possano piacere o meno, la fotografia è stata una grande e piacevole scoperta che mi ha fatto rendere conto di quanto il suo potere comunicativo venga ancora oggi sottovalutato. Sono un sociologo e mi sono sempre occupato di problematiche sociali, dalle donne vittime di maltrattamenti, problematiche relative alle persone trans e minori a rischio, di cui mi occupo ancora ora. È così che ho scelto di unire le mie esperienze di vita e di lavoro alla fotografia, per documentare e per mostrare, o almeno per cercare di farlo, le molteplici realtà che sono proprio accanto a noi ma che ci ostiniamo, molte volte, a non voler vedere, e ad ignorare.” Risponde con la stessa gioia e tranquillità che traspira dalle sue fotografie, realtà che con i suoi occhi riesce a catturare e trasformarle in arte! Marco non ama definirsi un fotografo, ama la fotografia,ama incantarsi,stupirsi di quel che gli accade attorno “A catturare il mio sguardo è principalmente la paesaggistica.Se non mi piace definirmi un fotografo è proprio perché io non scatto foto a ciò che è bello ma, per dirla ‘volgarmente’ vivo tranquillamente la mia vita, cammino, lavoro, esco con gli amici, ecc e mi lascio incantare da ciò che si verifica intorno a me. La Natura è così bella e imprevedibile che sarebbe ingiusto porle dei limiti o porsi degli obiettivi ben definiti. Chi ama questo tipo di fotografia, secondo me, può solo preoccuparsi di avere sempre con sé una macchina fotografica perché non si sa mai quando potrebbe tornargli utile. A me, per esempio, mi capita spesso di scattare una foto ‘al volo’ mentre vado a lavoro, in macchina e in mezzo al traffico. Insomma normalmente le persone, quando sono bloccati in mezzo al traffico, si lamentano; io, invece, scatto foto!Negli ultimi quattro anni, però, ho maturato un forte interesse anche per la fotografia come reportage. Mi piace utilizzare questo strumento per osservare e documentare le molteplici realtà che ci circondano e mi piace ancora di più farlo se dietro a degli scatti può celarsi un significato dal forte valore sociale.” Come è nata l’idea di questa mostra? “Più che un’idea, come ho detto prima, si tratta di un’esigenza. Ho vissuto delle esperienze, per sfortuna, molto forti, segnate dalla violenza psicologica e fisica a danno delle persone trans che ho scelto di non ignorare. Ne ho fatto tesoro ed è per questo che ‘Human (P)Rights’ è un progetto dalla grande importanza sociale che si pone l’obiettivo di combattere ogni forma di discriminazione mostrando la grande forza che le persone della comunità LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Trans) mettono nel rivendicare la libertà di essere se stessi ma anche le sofferenze che si celano dietro a quei sorrisi e a quell’aria di festa che si percepisce nel corso dei Pride.” Impegno,sensibilità,spirito critico,umiltà e entusiasmo,questo è quello che traspare non solo dalle sue parole ma anche dai suoi scatti. “La Mostra” continua “Devo dire che è andata benissimo, ben oltre le mie aspettative. Non solo perché la mostra è stata l’occasione per rivedere tanti vecchi amici ma anche perché l’obiettivo di creare dialogo e diffondere informazione su di un tema così delicato del quale si conosce ancora ben poco è stato raggiunto. Hanno visitato la mostra più di 220 persone, molte delle quali hanno ammesso di essere venuti molto scettici. Sono contento, però che siano andati via con il sorriso e che abbiano colto a pieno il messaggio di questa mostra fotografica.” Un mondo che spesso non è condiviso,molto spesso deriso,troppo spesso ghettizzato e offeso,quello che il giovane fotografo è riuscito a riassumere. “Ci sono due foto che racchiudono il senso di questa Mostra e a cui sono particolarmente affezionato. Una rappresenta la festa del Pride, animata dai colori e dalla folla ma anche dalle mani alzate delle centinaia di persone ritratte nella foto; l’altra, invece, ci ricorda che non è tutto così bello come da fuori può sembrare ma che c’è ancora tanta sofferenza che circonda le persone della comunità LGBT.” Invece la foto che più lo rappresenta è “La foto che più mi rappresenta,invece,è certamente quella che ritrae un ragazzo che piange, che conosco, mentre si strofina l’occhio con un dito. La foto è in bianco e nero ma il ragazzo ha al polso una piccola ghirlanda tutta colorata che contrasta molto con il bianco e nero del resto della foto. Dopo avergli scattato la foto gli ho chiesto perché stesse piangendo e mi ha risposto che il suo era un pianto di gioia dovuto al fatto che, per la prima volta, era felice perché nessuno gli diceva nulla, non si sentiva giudicato, era libero. Ho scelto il bianco e nero come ad indicare la sospensione della vita alle quali le persone, spesso, sono costrette a causa di un pregiudizio e ho scelto di conservare il colore della ghirlanda per mantenere viva la speranza che le cose possano cambiare fino ad arrivare ad un punto in cui ognuno di noi potrà vivere la vita serenamente, senza doversi preoccupare di essere giudicato.” Lo sguardo sicuro e sincero, è quello di chi vive con entusiasmo e riesce a tramutarlo in un lavoro,quindi l’ultima domanda è rivolta al futuro “Sicuramente renderò questo progetto itinerante. Vorrei portarlo in giro per tutta l’Italia e coinvolgere le scuole per creare dibattito e, soprattutto, diffondere informazioni su di un tema del quale la maggior parte delle persone non sanno nulla ma si arrogano lo stesso il diritto di giudicare e di puntare il dito. Viviamo in un mondo che spesso rifiuta l’informazione ma sono profondamente convinto che con molta pazienza e determinazione riusciremo a fare in modo che le cose cambino. Inoltre sarò comunque impegnato in altri progetti dei quali, però, non voglio ancora anticiparvi nulla se non che mi vedranno certamente impegnato nel sociale.”