Le cronache di questi giorni stanno riportando all’attenzione del pubblico uno dei delitti più discussi di sempre nella storia italiana: la morte di una giovanissima Chiara Poggi in una calda estate di 18 anni fa per mano del suo fidanzato dell’epoca, Alberto Stasi attualmente in carcere per scontare la sua condanna a 16 anni.
Con le novità sulle risultanze scientifiche e sull’evoluzione della genetica, emergono nuovi scenari sullo sfondo dell’omicidio della povera Chiara.
A parte la testimonianza di un “supertestimone” che per 18 anni ha taciuto e che riporta un de relato di due persone che ormai non ci sono più e che raccontano di un lancio poche ore dopo la morte di Chiara di un oggetto metallico pesante in un piccolo ruscello vicino alla proprietà dei nonni delle cugine Cappa, imparentate con la vittima e nell’occhio del ciclone già all’indomani del delitto.
Una perizia genetica parrebbe porre il dna compatibile di Andrea Sempio – amico del fratello di Chiara ma senza relazioni specifiche con lei – almeno finora nulla è emerso in tal senso – sotto le unghie della vittima, nonché altre impronte degradate mai identificate che ora potrebbero tornare attenzionate, una volta acquisita la prova del dna del sospettato in sede di incidente probatorio.
Tale esito di indagine per la prima volta colloca un’altra persona nel luogo del delitto, individuandosi un suo pezzetto di dna sotto le unghie di Chiara, pur essendo all’epoca scagionato per un ticket di parcheggio ben conservato che lo colloca nell’ora presunta dell’omicidio in altra location.
Dopo la segnalazione del supertestimone, è stata ritrovata una punta di martello nel piccolo corso d’acqua appositamente dragato dalle forze dell’ordine, coincidenza particolare perché da casa Poggi mancava proprio un martello, arma ritenuta compatibile con le ferite riportate dalla vittima.
Colpo di scena: Sempio le cui case, sia sua che dei genitori, sono state messe a soqquadro dai carabinieri che hanno sequestrato quaderni con scritti e appunti di Andrea nel corso della sua vita, tra cui emergerebbe anche un articolo proprio sul caso Garlasco per un corso di giornalismo frequentato anni prima, quasi a voler costruire un identikit psicologico dell’indagato-colpevole, cosa peraltro abbastanza pericolosa se si vuole provare a cercare a supporto di una tesi anche un quadro personologico.
Insomma di coincidenza in coincidenza, se non si vuol parlare espressamente di indizi di colpevolezza, sta di fatto che esiste un altro nome nel registro degli indagati di quello che ormai è stato consegnato alle cronache come il caso Garlasco.
E serpeggiano coinvolgimenti sempre più insistenti delle cugine Cappa considerate responsabili del disfacimento dell’arma del delitto, di foto sui loro social evocanti l’omicidio di Chiara in modo provocatorio tra pois e fruttolo e frasi condivise con amici dove si vantano di aver incastrato Alberto Stasi.
Forse per questo si sono ritrovate finite di nuovo al centro del vortice mediatico, che rievoca contestualmente anche i diversi suicidi avvenuti in quegli anni da parte di chi faceva parte della cerchia dei loro amici.
Non è dato sapere che effetto avrà tutto questo sulle nuove indagini, se ci saranno altri colpevoli oltre quello che sta scontando la pena, ritenuto pur sempre l’unico responsabile finora del delitto, pur essendo state denunciate sempre lacune e ombre nella gestione delle indagini, delle rilevazioni sul luogo del delitto quasi subito dissequestrato, della mancata cura dei referti e degli oggetti del reato e poi del processo, che ha vissuto diversi saliscendi con diversi protagonisti che entravano e uscivano dall’attrazione dei magistrati e i cui nomi oggi ritroviamo nell’inchiesta bis che ha preso il via da marzo scorso.
I contorni di un vero giallo ci sono tutti con colpi di scena continui, misteriosi atteggiamenti della procura che indaga ad ampio spettro e che sembra avere in mano prove circostanziate per accuse specifiche , la morsa sui protagonisti che si ritrovano loro malgrado di nuovo travolti dagli ultimi eventi…insomma suspence da brividi che nemmeno il migliore scrittore thriller poteva ricreare con tanto di effetti speciali con la speranza ad oggi che almeno per tutti questi anni non sia stato in carcere un innocente, la qual cosa sarebbe davvero una grande sconfitta umana e processuale da parte di chi giudicò.