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© 2022 Senzalinea testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Napoli n. 57 del 11/11/2015.Direttore Responsabile Enrico Pentonieri
Arte

Il Museo delle Illusioni di Parigi

Maria Francesca Musto
Maria Francesca Musto 2 anni fa
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4 Min Lettura
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Senza citare “Le porte della percezione” di Aldous Huxley, c’è un libro sempreverde tra gli scaffali dei bambini. “Sembra questo sembra quello…” di Maria Enrica Agostinelli spiega come ogni cosa possa apparire diversa da quella che è, quanto noi stessi possiamo essere diversi da come ci percepiamo. Situato nel primo arrondissement di Parigi, il Museo dell’Illusione sembra tendere a questo stesso scopo. Sembra volerci mostrare che la verità è relativa alla nostra percezione e che quest’ultima può essere fallace fino a ingannarci. Nelle 70 illusioni ottiche aperte al pubblico dal 15 dicembre 2020, tutto è diverso da quello che sembra. Qui, il detto di San Tommaso “se non vedo, non credo” non conduce ad alcuna certezza perché proprio di ciò che vediamo, dobbiamo dubitare. Lo immaginavamo. Ma non pensavamo così tanto.

Non credevamo che la sedia di Jean Beuchet ci avrebbe fatto sentire così piccoli. Né che sostando su una superfice piana potessimo illuderci di trovarci sull’orlo di un pozzo senza fondo. Nonostante ogni opera sia accompagnata da una spiegazione dettagliata e coerente, è difficile accettare di avere una percezione così alterata della realtà. Guardando dalla fessura della sala dell’oftalmologo Adalbert Ames, la prospettiva è così stravolta che quando due soggetti occupano gli angoli opposti in fondo alla sala, uno sembra molto più grande rispetto all’altro. La ragione è chiara: la stanza sembra cubica ma, in realtà, ha una forma trapezoidale. Tuttavia, se questa consapevolezza basta per spiegare l’illusione ottica, cioè come i nostri occhi vengano ingannati, non riesce comunque a dirci nulla sull’illusione psicologica, ovvero sul motivo per cui ci sentiamo grandissimi o infinitamente piccini.

In questo senso, una delle opere più sconcertanti è il Tunnel Vortex, una passerella immobile su cui i visitatori sfilano avvolti da un decoro di led rotanti. Camminare dritti senza cedere da un lato o dall’altro è praticamente impossibile perché il movimento rotatorio proiettato dagli schermi attenta all’equilibrio di ciascuno. L’inaffidabilità della percezione appare qui in maniera così lampante che impedisce di avanzare senza cadere. Il Tunnel Vortex è un’attrazione spettacolare, probabilmente la più innovativa del museo. Tuttavia, quella che desta maggiore stupore resta probabilmente la Sala degli Specchi. E riscoprirla da adulti è un’esperienza davvero piacevole perché emergono tanti significati quante sono le immagini riflesse.

La sala dell’infinito, com’è anche chiamata, mostra più di ogni altra che al vacillare delle nostre percezioni, siamo noi stessi a esser messi in discussione. Scopriamo infatti che ciò che quotidianamente sperimentiamo non è la realtà, ma la percezione che abbiamo di essa. Impariamo poi che questa stessa percezione può essere mendace e non rivelarci nulla di vero rispetto a ciò che osserviamo. S’insinua così il dubbio: siamo come pensiamo di essere oppure ignoriamo tutto di noi stessi e delle cose che ci circondano? Così, a perdersi tra gli infiniti riverberi della Sala degli Specchi, è la nostra identità: “Uno, nessuno e centomila” riassumeva Pirandello. Tuttavia, rispetto al grande drammaturgo, è possibile che quest’esperienza non abbia nulla di angosciante, ma che sia invece un’alta forma di libertà. Libertà dall’immagine di se stessi e dal più grande fardello cui l’uomo si è spontaneamente condannato: la certezza. Quando la lasciamo scivolare via dalla nostra mente, si apre l’infinito mondo delle possibilità, dove non c’è giudizio né sentenza ma solo vita. È forse questo uno dei motivi per cui val la pena visitare questo Museo capace d’illuderci e di farci dubitare delle nostre stesse illusioni.

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Maria Francesca Musto Nov 30, 2020
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Pubblicato da Maria Francesca Musto
Dottoressa in logica e metafisica alla Normale di Parigi, traduco la mia meraviglia per il mondo in prodotti editoriali. Credo che la parola e il pensiero siano strumenti privilegiati per comprendere la realtà e che il cinema sia una porta su universi paralleli.
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