“Storie antiche passate ‘e mano” diceva il mai dimenticato Pino Daniele, e il Napoli ci ricasca, scivolando sulla classica buccia di banana al cospetto di un Cagliari assolutamente alla portata e votato al contenimento ad oltranza. Non c’entra niente il turnover, tra l’altro nemmeno troppo estremo, né la sfortuna può fare da giustificativo unico per questa occasione persa, la verità è che il primo tempo del Napoli è orribile: lento, svogliato, una leggerezza dettata dalla convinzione, ahinoi sbagliata, che prima o poi il gol sarebbe arrivato. Difficile anche capire se ci siano colpe del tecnico: la scelta di bloccare Di Lorenzo per creare una sorta di difesa a tre, lasciando libero Mario Rui di offendere non ha pagato, anche perché il portoghese, volenteroso anche se a volte impreciso, doveva dialogare con Zielinski (non il peggiore, sia chiaro, ma sempre poco convinto dei suoi mezzi) e con Insigne, vero punto interrogativo di questa squadra. Il capitano non è mai decisivo nelle giocate, porta troppo palla e ne perde in quantità industriale. Dicevamo della difesa a tre: Maksimovic, che prende il posto di Koulibaly, e Manolas completano il pacchetto davanti a Meret. In mezzo con il già citato Zielinski, c’è Allan che perde decine di palloni sanguinosi, con Callejon di lato. Il tridente offensivo sui completa con Mertens (il migliore) e l’invisibile Lozano che, dopo la brillante prova a Torino sembra un po’ involuto, non sappiamo se per un problema di posizione in campo o meno.
Il primo tempo, come detto, è giocato a ritmi troppo blandi e scivola via senza troppe emozioni, eccezion fatta per un errore sotto porta del solito Insigne, magnificamente servito da Mertens. Per il resto tanta noia e tanti errori, con gli isolani che si difendono senza troppi affanni di fronte ai padroni di casa irriconoscibili.
Nella ripresa il Napoli accelera, entra Koulibaly per Maksimovic (acciaccato) e la difesa del Cagliari adesso soffre. Finalmente, vista anche la rassicurante presenza del gigante di ebano in difesa, Ancelotti libera Di Lorenzo e gli dà licenza di attaccare. I tentativi, continui e ripetuti dei partenopei, si infrangono ora sui guantoni di Olsen (che, come siamo soliti dire qui in Campania, “caccia ‘a scienza sulo contro a nuje”), ora sui legni della sua porta, con Mertens, unico in campo in grado di suonare la carica ai compagni addormentati, che colpisce per ben due volte il palo esterno della porta difesa dal portiere danese. Prova a mettere peso in avanti mister Ancelotti che schiera l’artiglieria pesante inserendo prima Llorente e poi Milik al posto degli inconcludenti Lozano e Insigne. Si susseguono gli angoli, decine di palloni vengono spediti all’interno dell’area di rigore dei rossoblù che, baciati dalla fortuna si salvano sempre per il rotto della cuffia.
Nel finale la doccia gelata: una ripartenza degli ospiti (forse l’unica volta in tutta la ripresa in cui i sardi mettono il naso oltre la loro metà campo) permette a Castro di battere di testa indisturbato, con la difesa azzurra ferma e contemplante come un presepe fuori stagione. Nelle proteste generali (assolutamente ingiustificate a parere di chi scrive), Koulibaly si fa cacciare fuori e i cinque minuti di recupero non serviranno al Napoli per raddrizzare una partita nata storta e terminata peggio.