Si è fatto un gran parlare di Sarri e del miglior Napoli della storia: record di punti, di gol, di vittorie esterne… una goduria insomma. Ma il peggior Napoli della storia voi lo ricordate?? Correva l’anno 1997, il Napoli era reduce da una serie di campionati mediocri, insomma poca gloria ma nemmeno troppa infamia: il Presidente è Corrado Ferlaino (o meglio azionista di riferimento con Gianmarco Innocenti A.U.), quello degli scudetti per intenderci, della Ma.Gi.Ca e della Coppa Uefa a Stoccarda.
Quell’estate il Presidentissimo azzurro prova a risollevare le sorti della sua creatura, l’azzurro degli scudetti e di Maradona ormai è scolorito e il Patron azzurro punta ad una campagna acquisti di livello, nonostante le cessioni eccellenti e una crisi finanziaria destinata a culminare pochi anni dopo nel fallimento: obiettivo è tornare in Europa puntando su un mix di giovani e giocatori di esperienza senza trascurare il “solito” colpo esotico.
E allora all’ombra del Vesuvio arrivano gli attaccanti Bellucci (enfant prodige della Primavera doriana) e Igor Protti, fresco capocannoniere con la maglia del Bari e famoso per i suoi trenini post gol. In mezzo al campo il giovane e promettentissimo Roberto Goretti dal Perugia, Fabio Rossitto, assoluta rivelazione con la maglia dell’Udinese e il napoletanissimo Max Esposito, funambolica ala dalla Lazio ; completano il ventaglio di acquisti i terzini Sergio, Facci e il belga Crasson, senza dimenticare il discreto Mirko Conte in difesa, comandata dal capitano Pino Taglialatela.
Come dicevate? Ah è vero, ho dimenticato i colpi esotici… in realtà non li ho dimenticati li ho rimossi!! E vabbè, parliamone, ma solo per questa volta: dall’Independiente arriva il temibile centravanti Calderon, 7 miliardi per accaparrarsi uno degli astri nascenti del calcio argentino, dal Montpellier arriva invece il roccioso (nel senso proprio del termine) Willy Prunier. I tifosi sognano una nuova era, l’allenatore è Bortolo Mutti, fresco di miracolo salvezza con il suo Piacenza ai danni del Cagliari, una partita storica che sancirà l’odio eterno tra sardi e napoletani. La partenza non è nemmeno tremenda: sconfitta a Roma sponda Lazio (e ci sta), vittoria sofferta sull’Empoli al San Paolo (Bellucci e Protti in gol) e pari in quel di Vicenza con rete di Turrini. Alla quarta giornata l’odiatissimo e fischiatissimo ex Nicola Caccia realizza il gol che permette all’Atalanta di espugnare il san Paolo, inizia così una delle stagioni più grottesche che i tifosi azzurri ricordano.
La Domenica successiva la Roma fa sei gol al ciuccio e Bortolo Mutti saluta la compagnia insieme all’inguardabile Prunier letteralmente devastato da Abel Balbo. Arriva sulla panchina azzurra Carletto Mazzone e con lui il principe Giuseppe Giannini e il francese Pedros. Quattro sconfitte consecutive per il Sor Carletto che si dimette immediatamente dopo una scellerata sconfitta a Lecce. E’ la fine. I tifosi azzurri capiscono che l’abdicazione di un uomo tenace come Mazzone è sintomo di una malattia incurabile. Arriva Galeone che promette gol e spettacolo portando con se i centrocampisti Asanovic, stella croata, e Massimiliano “acciughina” Allegri.
Dopo un pari con la Fiorentina arrivano le sconfitte con Piacenza (0-1), Parma (0-4) e Sampdoria (3-6). I gol promessi da Galeone arrivano, ma dalla parte sbagliata. Alla penultima di andata scontro decisivo e da ultima spiaggia con il Brescia. Protti è infortunato, Calderon sparito nel nulla e il tecnico azzurro lancia nella mischia il giovane Bruno: le rondinelle passano per tre a zero al san Paolo e, con la sconfitta di Bari, il girone termina con soli 6 punti in classifica e un ultimo posto imbarazzante. Il pareggio con la Lazio alla prima di ritorno lascia ben sperare: la settimana dopo si va a Empoli per la partita della vita: intanto è arrivato lo sconosciuto centravanti (?) serbo Damir Stojak.
I toscani fanno 5 gol al Napoli e anche Galeone saluta. La squadra sarà traghettata fino a fine stagione da Vincenzo Montefusco, tecnico della Primavera. Due soli squilli, una vittoria sul Vicenza (con gol di Stojak, il che rende bene l’idea della casualità) e un incredibile 2-2 a Torino contro la Juve Campione d’Italia che dimostra come il cacio sia davvero una materia inesplicabile. La stagione si chiude con un malinconico ultimo posto (guadagnato lasciando sul campo le armi in un drammatico Napoli-Lecce 2-4 utile per stabilire chi dovesse arrivare penultimo). Saranno 14 i punti messi insieme dalla compagine azzurra, un numero infinito di calciatori utilizzati senza un apparente motivo (chi di voi non ricorda Malafronte e Panarelli) in un campionato che è passato alla storia azzurra come l’inizio della fine del Napoli, tornato in serie B dopo 32 anni.