Morta una pandemia se ne fa un’altra … No, fortunatamente non è così! È recente la notizia di alcuni e contenuti casi di infezione da virus del vaiolo delle scimmie, ovviamente, anche a causa dei recenti trascorsi, molte persone sono rimaste terrorizzate dalla possibilità di un nuovo nemico da affrontare e dal rischio di nuove ed imminenti chiusure. La situazione attuale è estremamente diversa da quella che abbiamo vissuto con il COVID-19; il virus del vaiolo è ben più vecchio e conosciuto del SARS-CoV-2, si ipotizza addirittura che possa esistere da circa 3000 anni!
Distinguiamo, infatti, il vaiolo “classico” dalla variante delle scimmie.
Il vaiolo è una malattia estremamente contagiosa e pericolosa, anch’essa dovuta ad un virus. Grazie al piano di vaccinazione tale malattia è stata dichiarata eradicata nel 1980.
Questo virus presenta una trasmissione tra uomo a uomo, che avviene grazie all’inalazione di goccioline respiratorie o, in minor misura, per contatto diretto. Anche indumenti o lenzuola contaminate possono trasmettere l’infezione. La contagiosità è massima per i primi 7-10 giorni dalla comparsa delle lesioni cutanee; una volta formatesi le croste l’infettività diminuisce.
Possiamo distinguere due forme principali di vaiolo:
- Variola Major: ha un periodo di incubazione di circa 10-12 giorni generalmente seguito da sintomi quali febbre, cefalea, mialgia ed astemia. Dopo la fase prodromica, compaiono lesioni maculo-papulari sulla mucosa orofaringea, sul volto e sulle braccia, diffondendosi rapidamente al tronco e alle gambe. Dopo 1-2 giorni, le lesioni cutanee diventano vescicolari e poi pustolose. Dopo 8 o 9 giorni le pustole diventano croste. Importanti cicatrici residue sono tipiche. Il tasso di mortalità è di circa il 30% (anche se non conosciamo la mortalità attuale essendo questi dati di oltre 50 anni). La mortalità è dovuta alla massiva risposta infiammatoria che causa shock e insufficienza multiorgano e avviene solitamente durante la 2a settimana di malattia.
- Variola Minor: questa forma è simile alla precedente, ma con sintomi meno importanti e con un tasso di mortalità inferiore all’1%
La terapia del vaiolo è fondamentalmente di supporto, gestione della cascata infiammatoria e dell’eventuale coinvolgimento di altri organi. L’uso di antibiotico è indicato per il trattamento delle sovra infezioni batteriche. Esistono anche alcuni farmaci antivirali come il Tecovirimat, ma l’efficacia è dimostrata solo su modelli animali essendo il virus eradicato dal 1980.
Quanto sopradescritto riguarda il vaiolo classico, invece i casi attualmente registrati sono da collegarsi al vaiolo delle scimmie. Questa è dovuta ad un virus zoonotico (che si trasmette da animale ad animale), ma che sembra possa infettare anche l’essere umano. A differenza del nome, i principali candidati alla trasmissione sembrano essere i roditori. Tale virus è conosciuto già da molti anni, ma i casi sono sporadici; negli Stati Uniti un’epidemia di vaiolo delle scimmie si è verificata nel 2003, quando dei roditori infetti provenienti dall’Africa, importati come animali da compagnia, diffusero il virus ai cani della prateria domestici che in seguito contagiarono soggetti umani nel Midwest. L’epidemia coinvolse 35 casi confermati, 13 probabili e 22 sospetti in 6 stati, ma non ci furono decessi.
Ciò che fa attualmente destare maggiore perplessità, è che tale virus possa anche trasmettersi da uomo ad uomo e non più solo da animale ad uomo. Vi è però da sottolineare che la mortalità del vaiolo della scimmia è e inferiore rispetto alla forma classica (3-10% contro 30-35%).
Non vi sono ragioni per farsi prendere dal panico, vi è un’allerta attiva del sistema sanitario ed inoltre i casi isolati in Italia sembrerebbero a bassa contagiosità e pericolosità.