L’estate per molti è la stagione del riposo e delle vacanze , ma per altri è anche sinonimo di gonfiore, ritenzione idrica, crampi e dolori agli arti inferiori. Questi effetti possono essere causati da un’insufficienza venosa acuta, ovvero da una dilatazione transitoria delle vene dovuta all’aumento di temperatura. Purtroppo esistono anche condizioni patologiche croniche del distretto venoso nelle quali i sintomi possono esacerbare fino alla comparsa di ulcere e vene varicose.
I sintomi legati all’insufficienza venosa possono essere trattati sia con molecole estratte dalla buccia di agrumi (diosmina + esperidina) sia con estratti di piante come la troxerutina, flavonoide estratto dalla sophora japonica (albero originario di Cina e Giappone, dal portamento dritto, fiori gialli profumati e con corteccia screpolata). Esse esercitano una duplice azione sui vasi. A livello delle vene e delle venule aumentano la tonicità parietale dando un’azione antistasi venosa mentre a livello del microcircolo aumentano la resistenza dei capillari e ne normalizzano la permeabilità. Inoltre entrambe presentano un azione antiinfiammatoria e antiedematosa utili per la risoluzione dei sintomi anche di flebiti ed emorroidi.
In fitoterapia sono utilizzate per lo stesso scopo diverse piante come il Rusco, il Meliloto, la Vite rossa, la centella, il Mirtillo, l’Ippocastano e per qualcuna di loro la ricerca scientifica ha decretato prove di notevole efficacia. Recenti studi infatti decretano come rimedi realmente efficaci solo la Vite rossa e l’Ippocastano.
La forza terapeutica dell’Ippocastano è dovuta alla presenza di escina, cumarine e flavonoidi e tannini, che nell’insieme svolgono un’azione antiessudativa, anticapillariemorragica, antiedemica, antiemorroidale ed antinfiammatoria. Quindi tante molecole diverse tra loro che presenti in un unico estratto agiscono in sinergia. Il Ministero della salute consente l’uso dei soli estratti di coretccia di Ippocastano nonostante la droga per eccellenza sia rappresentata dai semi.Un po di storia… un tempo i semi di ippocatano venivano somministarti ai cavalli per curarne la tosse e per detergere il pelo, da qui l’etimologia del nome “castagno del Cavallo”