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© 2022 Senzalinea testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Napoli n. 57 del 11/11/2015.Direttore Responsabile Enrico Pentonieri
L'angolo della Pecora Rosa

Intervista Mr Vertigo il Burlesque al maschile

Carlo Kik Ditto
Carlo Kik Ditto 4 anni fa
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9 Min Lettura
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Il Burlesque è una raffinata arte in cui si mischiano seduzione, ironia e talento. Un mondo di piume, corsetti, lustrini e movenze seducenti. Un piccolo mondo antico vintage.

Questa arte che richiede studio e dedizione era soltanto una prerogativa femminile,ma gli uomini, da un po’ di tempo a questa parte, si stanno facendo strada.

Mr Vertigo al secolo Danilo Blaquier, campano, è uno di questi. Giovane, talentuoso e simpatico è ora in scena presso il Teatro Bolivar di Napoli con tre date. Lo spettacolo a cui partecipa con altri artisti si chiama Les Folies Napoliteins. Un tripudio di musica soave, classe e fantasia. Tra una data e l’altra l’ho intervistato per saperne un po’ di più su di lui e sull’arte del Burlesque.

Da dove nasce il tuo nome?

Vertigo trae origine da diverse suggestioni. La prima è la Vertigo Dance Company, una compagnia israeliana di danza contemporanea che più di dieci anni fa portò a Napoli un lavoro intitolato Null al teatro San Ferdinando con la regia di Noa Wertheim che mi emozionò profondamente. Mr Vertigo è inoltre un libro di Paul Auster, autore che ho scoperto alcuni anni fa durante un laboratorio teatrale e che mi portò a leggerne il testo. Nel libro si descrivono le avventure di un bambino che impara a volare, diventando il protagonista di uno show itinerante. Una storia surreale che rispecchiava pienamente il mio sentire in quel momento il desiderio di creare qualcosa di magico, cercavo di capire dove avevo nascosto le mie ali, perché tutti ne abbiamo un paio da qualche parte, seppur spezzate. Vertigo inoltre in latino significa vertigine come l’erotismo che a volte ci fa sentire vulnerabili. Vertigo è anche le vertigini di cui soffro, mi sono ritrovato infatti più di una volta in preda al panico su di una roccia o su di un sentiero ad alta quota.

 Ti ispiri a qualche performer famoso come Russell Bruner?

Ho avuto la fortuna di conoscere Russell Bruner proprio un paio di anni fa quando è stato ospite dello show Les Folies Napolitaines e questa estate il nostro rapporto si è rinnovato poiché sul palco del Campania Teatro Festival eravamo di nuovo insieme, con il resto della compagnia di Burlesque Cabaret Napoli. Russell Bruner è una forza prorompente e ha un talento straordinario ma credo che la sua forza sia inversamente proporzionale alla mia delicatezza. Il nostro modo di essere e di vivere la sensualità è agli antipodi e credo che ognuno debba portare in scena la sua visione e il suo modo e non bisogna mai essere la brutta copia di qualcun altro, quindi la risposta è no. Ad ogni modo tutto ciò che è stata la mia formazione, tutto ciò che viene dal teatro, dalla danza, dalla musica, dal burlesque, dal cinema, dalla pittura, la mia città e i suoi abitanti, è fonte di ispirazione per me. Tutto ciò che vediamo e viviamo, ci ispira e ci modella ogni giorno.

Come sei diventato un performer?

Io non so cosa sono diventato. Diciamo che sono un nuovo giocatore del burlesque e quando gioco a questa partita sono felice di esprimermi. Forse tutto è cominciato quando ho seguito la mia prima lezione di canto a ventun anni, dopo alcuni annidi studio del canto lirico e jazz entrai al Conservatorio di Musica di Salerno che abbandonai subito poiché troppo timido e insicuro. A ventinove anni presi la mia prima lezione di danza, iniziai un percorso che ha completamente trasformato il mio modo di vedere le cose, gli altri e di sentire il mio corpo, mi ha tolto molta polvere di dosso e mi ha fatto credere per la prima volta in qualcosa e anche se paradossalmente era troppo tardi e agli occhi degli altri poteva sembrare una follia, era la prima volta che sceglievo di fare qualcosa senza condizionamenti esterni, seguendo unicamente il mio essere e il mio piacere. Ho studiato danza per otto anni e ovviamente non sono diventato un danzatore poiché già troppo grande. Nel frattempo studiavo anche mimo e poi sono arrivati alcuni bienni formativi di teatro, tanti laboratori teatrali e di espressione corporea. Durante la formazione in mimo corporeo ho conosciuto Floriana D’ammora in arte Fanny Damour che in quegli anni aveva messo su insieme a Roberta Della Volpe in arte Robi Roger un’accademia per studiare una disciplina a noi molto cara il burlesque.

Cosa ti differenzia da un “comune ballerino”?

La danza è di sicuro l’arte che più mi assomiglia, l’arte che più mi emoziona. Nutro profonda stima per i danzatori e da loro mi differenzia tutto poiché il burlesque non è danza. Certo lo studio della danza può agevolarti nell’eleganza dei movimenti ma il burlesque è prima di tutto una burla, è prendersi poco sul serio, è un gioco che può essere fatto con stile ed eleganza, è una miscela di abilità, presenza, ironia e potenza espressiva.

Il Burlesque è ancora un mondo prevalentemente di donne, come sei stato accolto dalle tue colleghe?

Le prime ad accogliermi sono state le mie maestre,facendolo con cura e dedizione; non mi hanno mai fatto sentire fuori luogo, anzi mi hanno sostenuto invogliandomi a continuare e a cercare, se non avessi trovato tatto e delicatezza di sicuro avrei lasciato perché in fondo è sempre una relazione quella che cerco, sentirmi accolto mi ha portato a credere in ciò che faccio. Inoltre durante le lezioni nell’Accademia napoletana di Burlesque, ho incontrato donne che mi hanno sostenuto passo dopo passo stringendo con loro profondi rapporti di amicizia e con le quali oggi per fortuna condivido il palco. E poi devo dire che ho incontrato anche degli uomini con i quali ho un bellissimo rapporto di stima e affetto.

 Cosa per te è ironico e cosa è volgare?

Per me l’ironia è non prendersi mai troppo sul serio, è fare delle proprie brutture e difetti dei punti di forza. L’ironia è una magia, poiché è in grado di alleggerire e far svanire qualsiasi tensione. Per me l’ironia è la linfa di cui mi nutro da sempre, il pharmakon che ha curato le ferite di cortocircuiti affettivi, è salvifica. La volgarità è l’arroganza, la convinzione di essere qualcuno dimenticando di essere sempre in relazione agli altri. È l’esposizione di marchi e brand dei corpi vestiti. Adeguarsi al pensiero comune, comportarsi in un certo modo per ottenere qualcosa, il bon ton è volgare, tutti i codici espressivi diventano volgari se non sono rinnovati e messi in discussione. La volgarità è non ascoltare gli altri, vivere delle proprie convinzioni, muoversi come un’isola in questo mondo pieno di anime e sogni. Dunque nessuno è scevro dalla volgarità, naturalmente neanche io.

Progetti futuri?

Il primo è imminente, andare in scena con Burlesque Cabaret Napoli il 27 Novembre al Teatro Bolivar, anzi consiglio a tutti di prenotare un posto a sedere per vedere cosa fanno questo gruppo di saltimbanchi napoletani. Portare il nostro spettacolo Les Folies Napolitaines in tutti i teatri di Napoli e soprattutto in tutte le bettole e i locali in cui si omaggia il burlesque e il cabaret. Mi piacerebbe molto continuare a studiare, cercare, creare altri numeri, inventare insieme ai miei compagni di viaggio nuovi show e act. Mi piacerebbe partire e perdermi nei cabaret parigini o in quelli londinesi, chissà che non lo faccia davvero.

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Carlo Kik Ditto Nov 5, 2021
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Pubblicato da Carlo Kik Ditto
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Autore dei romanzi "La pecora Rosa"e "Crazy Bear Love" e "A Destra dell'Arcobaleno" e giornalista,Carlo Ditto con la sua ironia e il suo tono sempre sopra le righe,riesce a raccontare in modo davvero unico,la quotidianetà.Nella sua rubrica "L'angolo della Pecora Rosa",accompagnerà i nostri lettori nel mondo LGBT.
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