Здраво на сите! Benvenuti in Macedonia per questo step nella letteratura europea.
Nell’ultimo decennio del XX secolo e nei primi anni del XXI, la letteratura macedone continua il proprio cammino adeguandosi al clima sociale, politico e culturale del paese e della regione, trovandosi in un crocevia, in un periodo di autoriflessione, ossia: in transizione. Cosí, la letteratura macedone condivide le esperienze di altri paesi slavi ed est-europei che si trovano in una condizione simile, distinguendosi però al contempo da questi per le molte specificità tipiche del suo proprio sviluppo storico. Oltre al contesto slavo ed est-europeo, la Macedonia appartiene anche al contesto balcanico, un fatto che rende la sua posizione ancora più complicata e determina ancora di più le sue condizioni specifiche. A causa degli scontri etnici, dell’instabilità politica della regione, e del vivo rischio di guerra che minacciava di essere importata dai paesi vicini, la vita in Macedonia nell’ultimo decennio e mezzo è diventata sempre più agitata, imprevedibile, piena di ansie e di incertezze per il futuro.
Buon viaggio e buone letture.
A ciascuno il suo lago di Nenad Joldeski
I racconti, in stile minimalista, hanno come centro l’intimità dell’uomo e dello scrittore sullo sfondo della dimensione urbana. In essi sono affrontati temi quali l’amore e la tristezza, l’esistenza e la morte, il dolore e la demarcazione dell’identità. La narrazione segue la forma del racconto breve, fatta eccezione per la storia più lunga, Nikolaj e il lago d’inchiostro, definita dall’autore stesso una metafinzione storiografica. Attraverso un processo di aderenza tra narrazione e finzione siamo proiettati in un’introspezione che vuole ristabilire il rapporto tra testo e lettore, sia che ciò avvenga tra le pareti di una stanza di hotel, tra le vie nebbiose della città, nei ricordi o nel legame tra arte e inconscio. A ciascuno il suo lago.
Il sogno di Spinoza di Goce Smilevski
Una sera, sul finire dell’anno 1655, mentre si appresta a chiudere il suo negozio di spezie nel centro di Amsterdam, il giovane Baruch Spinoza incontra Frans van den Enden, medico e commerciante di libri che ama radunare intorno a sé le menti più brillanti e originali. Da allora la sua casa diventa per il giovane filosofo il luogo in cui coltivare la passione per gli studi filosofici, abbandonati a causa delle difficoltà economiche della famiglia. A quelle appassionate discussioni assiste anche Clara Maria, talentuosa suonatrice di clavicembalo a cui il padre affida il compito di insegnare il latino a Spinoza. Tra la giovanissima maestra e l’allievo nasce un rapporto intenso e contrastato, che chiama in gioco il lato più passionale di Spinoza, non soltanto pensatore rigoroso, distaccato dalla realtà terrena l’inafferrabile tornitore di lenti dedito allo studio di Dio e della natura immutabile dell’essere -, ma uomo in carne e ossa, tormentato da pulsioni scaturite dal corpo e dai sensi. Da questo apparente conflitto tra due anime sgorgano le incalzanti domande della conversazione immaginaria in cui Spinoza ripercorre gli episodi salienti della propria vita, cercando di ristabilire il legame tra mondo interiore ed esteriore, tra pensiero ed eventi: le peregrinazioni dei suoi antenati, una famiglia di ebrei sefarditi in fuga dalla Penisola iberica fino all’Olanda; la morte prematura della madre; la cacciata dalla comunità ebraica di Amsterdam e dalla città.
Il tempo delle capre di Luan Starova
Il libro evoca il periodo immediatamente successivo alla seconda guerra mondiale, quando il nuovo regime, volendo creare una nuova classe di proletari, impone ai pastori di lasciare le loro montagne e andare ad abitare in città. Così la piazza grande di Skopje, il Plochtad diventa tutta bianca, invasa dalle capre che i pastori rifiutano di abbandonare. Ma la tragedia è dietro l’angolo: il Potere decide lo sterminio delle bestie. Se l’allegoria tracciata dall’autore costituisce per certi aspetti una lezione di speranza, essa è prima di tutto una riflessione sulla pericolosa vanità delle ideologie che aspirano a creare un “uomo nuovo”, e rimane una profonda meditazione sulla fragilità delle cose, e sulla precarietà dei Balcani.
La corona di sabbia di Boris Vishinski
Un’affascinante parabola sul Potere (potere tout-court, e non solo comunista o medievale), attraversata profondamente dalla coraggiosa generosità della speranza. Due vicende: una moderna in cui primeggia l’aguzzino-travet Jankovski che impersona un potere grigio e burocratico, e una medievale, dove si staglia corrusca la figura del Guerriero, simbolo di un potere sì crudele ma anche intrigante.
Vita di scorta di Lidija Dimkovska
Zlata e Srebra hanno dodici anni e sono due gemelle siamesi che condividono la testa. È il 1984 e vivono a Skopje, che un giorno sarà la capitale della Macedonia ma che, all’epoca, era parte della Jugoslavia. È la storia della loro infanzia, dalla loro unica amica Roza al vicino Bogdan, così povero che un giorno deve mangiare il suo coniglietto. Trattati come “scherzi della natura” e reietti, anche dai loro stessi familiari, le gemelle vogliono solo essere delle normali ragazze. Crescendo Zlata e Srebra sono sempre più distanti. Un insegnante di sostegno della scuola superiore insegna loro a stare insieme e ad amarsi, ma nonostante la loro vicinanza fisica, le loro menti e le loro emozioni sono due mondi totalmente opposti. Zlata si dedica alla religione, alla lingua e alle arti, mentre Srebra si appassiona alla politica. Le gemelle frequentano la facoltà di Giurisprudenza mentre il sistema Socialista attorno a loro subisce cambiamenti e la Jugoslavia comincia a disintegrarsi. Quando le ex repubbliche jugoslave avviano il processo di transizione e scoppia la guerra, Zlata e Srebra incontrano Darko, un membro del partito dell’opposizione nonché figlio del vicepresidente del partito. Nonostante la complicata situazione delle gemelle, Srebra e Darko cominciano una relazione e alla fine lui le propone il matrimonio. I due si sposano lo stesso giorno in cui migliaia di bosniaci vengono massacrati a Srebrenica, in Bosnia. A causa dell’infedeltà e di un aborto spontaneo, la separazione delle due gemelle diventa sempre più urgente. Cercano disperatamente un medico che possa separarle chirurgicamente e nel 1996 affrontano il viaggio fino a Londra per la separazione. Sarà questa la loro liberazione, o diventerà la loro trappola?
Grande madre acqua di Živko Čingo
Nel 1946 il piccolo Lem, rimasto orfano, entra all’orfanotrofio “Chiarezza”. Qui gli viene assegnato Keïten come compagno di fila: la regola vuole che vengano appaiati un ragazzo calmo e uno irrequieto. Keïten è fuori dagli schemi, ride spensierato in un contesto drammatico e ha la forza di sognare, tanto da coinvolgere Lem nel sogno della Madre Acqua e del Monte Senterlev da cui nasce il sole. La narrazione prosegue con la descrizione dell’orfanotrofio, circondato da un muro invalicabile che riporta ancora le scritte lasciate dagli internati quando la struttura ospitava un manicomio. Nell’orfanotrofio è essenziale possedere un dossier, testimonianza del proprio passato, della propria condotta e della propria identità. Chi ne è sprovvisto, come Keïten, viene considerato una nullità. I bambini vivono in un contesto durissimo, preda dei pidocchi, dell’inclemenza del clima e della violenza degli educatori. Il direttore è Ariton Iakovleski, detto Piccolo Padre; un uomo che ha conosciuto la guerra e che è avvezzo alla crudeltà e alla violenza come tutti gli educatori dell’orfanotrofio. Lo stesso Keïten subisce la brutalità dell’educatrice Olivera Srezoska che lo sospetta responsabile di aver imbrattato il ritratto di Stalin. Keïten viene ridotto in fin di vita e rinchiuso in cantina. Keïten sopravvive ma cambia atteggiamento: nell’animo conserva la sua libertà e la propensione al sogno, tuttavia inizia ad assimilare gli insegnamenti degli educatori e a volere un dossier. All’interno dell’orfanotrofio le piccole spie che fanno rapporto agli educatori vengono lodate e premiate. Succede quindi che il piccolo compagno Metodia Grischkoski presenta un rapporto su un’infrazione di Keïten, documentando dettagliatamente il lavoro di intaglio di un bastoncino rubato. Quando il Piccolo Padre lo interroga sulle sue intenzioni, Keïten risponde sconsolato che voleva fare una madre. Quel momento segna un cambiamento radicale nel Piccolo Padre e in tutti i bambini, portando reciproca comprensione e perdono.